Corriere della Sera 13 febbraio 2008, M. S. Na., 13 febbraio 2008
«All’estero i capi della tratta, qui tanti gregari». Corriere della Sera 13 febbraio 2008. Lo scorso giugno aveva inviato una circolare all’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, al Consiglio superiore della magistratura, ai procuratori generali per richiamare l’attenzione sulla nuova guerra in corso, quella alla schiavitù
«All’estero i capi della tratta, qui tanti gregari». Corriere della Sera 13 febbraio 2008. Lo scorso giugno aveva inviato una circolare all’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, al Consiglio superiore della magistratura, ai procuratori generali per richiamare l’attenzione sulla nuova guerra in corso, quella alla schiavitù. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso sa che l’Italia è in prima linea come Paese di transito e destinazione nel flusso globale della tratta di esseri umani e ha le idee chiare su come combattere la piaga del Terzo Millennio. A che punto è la normativa? «Abbiamo esteso la legislazione antimafia a questo genere di reati già nel 2003 – risponde il procuratore al Corriere ”, abbiamo a disposizione strumenti come le intercettazioni telefoniche, le operazioni di agenti sotto copertura, i collaboratori di giustizia. La legge 228 prevede pene severissime, dagli otto ai venti anni di carcere, non esiterei a definirla all’avanguardia ». Nella circolare denunciava però l’assenza di strumenti adeguati e lo scarso numero di provvedimenti penali avviati... « vero che sono solo cinque le rogatorie attivate dal 2004, ma questo non significa che non abbiamo una buona legge. Molto si può e si deve migliorare. Siamo in presenza di reati non tradizionali, le "menti" sono tutte all’estero». I criminali italiani coinvolti sono, dice Grasso, «semplici gregari, per lo più tassisti, affittacamere o gestori di club, spesso collegati alle mafie locali, facili da individuare». La cosa più difficile da realizzare è la collaborazione internazionale per acquisire gli elementi processuali e incastrare i «pesci grossi»; finora i migliori esempi di collaborazione si sono avuti con la Bulgaria. Altre priorità sono «la prevenzione attraverso politiche informative, la repressione, l’assistenza alle vittime; soprattutto, l’integrazione della legge sulla tratta con quella sull’immigrazione». Se è vero infatti che uno dei principali ostacoli all’identificazione delle vittime è proprio l’ambiguità della loro posizione, che le assimila alla categoria del migrante illegale, è anche vero che «l’immigrazione illegale è il presupposto logico e cronologico della tratta». «Le vittime, provenienti principalmente dall’Est Europa e dalla Nigeria – prosegue il procuratore – affrontano viaggi rischiosi perché attratte dal miraggio di una vita dorata, i trafficanti individuano situazioni disperate e fanno leva sul desiderio di riscatto, abbiamo scoperto che molte ragazze partono credendosi avviate a una carriera nel mondo dello spettacolo». Lo Stato non prevede una struttura apposita per il recupero delle persone coinvolte nella tratta ma il compito è affidato alle Ong, che ricevono comunque finanziamenti statali. Alcune registrano che in caso di mancata collaborazione con la giustizia può essere difficile usufruire dei benefici previsti dalla legge, «ma – ribatte Grasso – la legge contro il traffico di esseri umani prevede la possibilità di collaborare e in ogni caso i soggetti sottoposti ad assistenza sono più numerosi dei processi avviati, questo prova che le due cose non sono legate da un rapporto di dipendenza. Ci rendiamo conto di quanto sia difficile per le vittime concedere fiducia alle forze dell’ordine: si tratta prevalentemente di ragazze terrorizzate, dominate da madames che le minacciano di rappresaglie sui familiari lontani con riti e stregonerie, giunte molto spesso da Paesi nei quali i poliziotti sono considerati nemici ». C’è chi teme che l’offerta di assistenza e permesso di soggiorno possa favorire le denunce di abuso anche da parte di «finte» vittime «eppure – conclude il procuratore – i dati in nostro possesso non vanno in questa direzione. Naturalmente effettuiamo verifiche molto accurate, non mi sembra un pericolo effettivo. E poi...» E poi? «In questo genere di indagini c’è un elemento da non sottovalutare, l’umana pietas». M. S. Na.