Corriere della Sera 12 febbraio 2008, PAOLA CAPRIOLO, 12 febbraio 2008
Il fascino di essere contraddittorio. Corriere della Sera 12 febbraio 2008. Da buon seguace della dialettica marxista, Bertolt Brecht amava le contraddizioni; ma soprattutto le incarnava, come si può toccare con mano leggendo le prime estrapolazioni dai Notizbücher
Il fascino di essere contraddittorio. Corriere della Sera 12 febbraio 2008. Da buon seguace della dialettica marxista, Bertolt Brecht amava le contraddizioni; ma soprattutto le incarnava, come si può toccare con mano leggendo le prime estrapolazioni dai Notizbücher. Se per intere generazioni la sua figura ha rappresentato il massimo esempio di «scrittore impegnato», devoto, sia pure con le debite riserve critiche, alla causa di un nuovo ordine sociale, d’altra parte non c’è neppure bisogno di sfogliare i diari privati per rendersi conto di quanto persistesse in lui la fascinazione espressionista per l’irregolarità, per l’eccesso, insomma, per tutto ciò che costituisce l’esatto contrario non solo della «morale borghese», ma anche, e forse più, di quella «proletaria» («nel mondo che auspico – annota lucidamente – non c’è posto per me»). La sua istintiva simpatia non va a «chi vive nel bisogno»; anzi, egli confessa addirittura di «disprezzare» tale categoria. Forse non è un caso che il suo più importante personaggio di quegli anni non sia una vittima, ma un predatore: il Macheath dell’Opera da tre soldi. E chissà che nel progettato musical su Lenin a sedurlo non fossero anche, o soprattutto, i lati più oscuri e meno «filantropici» di quella figura storicamente così controversa. Sarebbe persino ingenuo interrogarsi sulla «sincerità» della fede comunista che pure Brecht professò per tutta la vita, pagando per essa i prezzi più alti: alla sincerità egli ha sempre preferito esplicitamente l’ambiguità, alla coerenza dogmatica la forza inquietante e dissolvente del «dubbio». Di qui la modernità che la sua opera ancora possiede, nonostante il fallimento dell’utopia politica cui l’autore volle consacrarla. Paola Capriolo