Corriere della Sera 14 febbraio 2008, Lorenzo Salvia, 14 febbraio 2008
Alberi per risparmiare. Corriere della Sera 14 febbraio 2008. Sembra una domanda impossibile, una di quelle che fanno i bambini piccoli a mamma e papà
Alberi per risparmiare. Corriere della Sera 14 febbraio 2008. Sembra una domanda impossibile, una di quelle che fanno i bambini piccoli a mamma e papà. E loro – dopo aver inutilmente recuperato i vecchi libri di scuola e smanettato su Internet – sono costretti ad inventare una ragionevole bugia. Quanti alberi ci sono in Italia? Adesso, quelle mamme e quei papà, hanno a disposizione una risposta certa. In Italia gli alberi sono quasi 12 miliardi; 11 miliardi 876 milioni 691 mila 354, se il pupo in questione è proprio un rompiscatole. Un numero ufficiale perché contenuto nell’Inventario nazionale delle foreste realizzato con santa pazienza, e con una serie di controlli sul campo, dal Corpo forestale dello Stato, con il coordinamento del Consiglio per la ricerca in Agricoltura di Trento. Un dato positivo perché superiore alle stime di cui ci dovevamo accontentare finora, tutte intorno ai 10 miliardi. E costruito mettendo nel conto solo quei tronchi che, ad un’altezza di un metro e trenta, hanno un diametro di almeno 4 centimetri e mezzo. Niente cespugli o siepi ma soltanto alberi veri e propri. Dodici miliardi, dunque: il doppio della popolazione (umana) dell’intero pianeta Terra, 200 a testa considerando solo noi italiani. La specie più diffusa è il faggio: oltre un miliardo di esemplari che ricoprono quasi tutti gli Appennini, con pochi infiltrati a disturbare il primato. Qualche sorpresa arriva dalla classifica per regione. Il cuore verde d’Italia non batte in Umbria ma in Emilia-Romagna che ha la media più alta per ettaro, 1816. La terra di san Francesco, beffata con un solo albero in più per ettaro, si deve accontentare del secondo posto. E poi si scopre che in graduatoria la Puglia è messa meglio dell’Alto Adige, la Sicilia meglio della Valle d’Aosta. Anzi, la Valle d’Aosta è proprio all’ultimo posto con 708 alberi per ettaro. Ma in realtà non bisogna stupirsi visto che gran parte del territorio della regione è ad alta quota, dove le piante lasciano il posto a rocce e ghiacciai. Non è solo per amore della natura che il Corpo forestale si è preso la briga di un calcolo così complesso, cominciato tre anni fa. Quei dodici miliardi di alberi servono non solo a farci respirare un’aria più pulita e a colorare le nostre giornate. Ma anche a farci pagare meno tasse. Il Protocollo di Kyoto impegna l’Italia a ridurre le emissioni dei gas serra, considerati responsabili del riscaldamento del clima. Entro il 2012 dovremmo tagliarle del 6,5 per cento rispetto ai livelli del 1990. Per il momento siamo messi male, si prevede che a quella data l’Italia non avrà ridotto le emissioni ma le avrà addirittura aumentate del 13 per cento. I Paesi che non rispetteranno quell’impegno saranno costretti a pagare una multa che, per non creare un buco nel bilancio, porterebbe ad aumentare il carico fiscale oppure a tagliare alcune spese. Cosa c’entrano gli alberi in tutto questo? L’anidride carbonica – che copre l’85% dei gas serra – viene catturata dalle piante in cambio di ossigeno. Finisce nei tronchi, nei rami, al punto da trasformare le foreste in veri e propri serbatoi (non inquinanti) di carbonio. Per questo il Protocollo di Kyoto consente di scaricare dal totale delle emissioni di gas serra, un po’ come si fa nella dichiarazione dei redditi, il volume di legno che si trova nelle nostre foreste, compresi gli alberi morti. Un volume che cresce dello 0,3 per cento l’anno, di quattro metri cubi per ettaro. «In questo modo – spiega Enrico Pompei, responsabile dell’Inventario nazionale e funzionario del Corpo forestale – potremo detrarre dalle nostre emissioni circa 25 milioni di tonnellate di carbonio, risparmiando 2 miliardi e mezzo di euro di sanzione». Gli alberi aumentano, noi li contiamo. Ma non basta. Scaricando i boschi dalla dichiarazione dei gas serra, riusciremo a coprire solo un terzo del taglio che ci impone Kyoto: se non riduciamo in modo sostanzioso le emissioni di automobili e industrie la multa sarà inevitabile. E servirà a poco il tentativo disperato di trovare nuove detrazioni. L’anidride carbonica catturata dagli alberi non finisce solo nei tronchi e nei rami ma anche nelle radici, nelle foglie che cadono a terra e, da lì, persino nel terreno. L’idea è quella di stimare anche queste tre voci per poi scaricarle dal conto finale. Un’operazione consentita dal Protocollo, non una furbata, che ci permetterebbe di risparmiare solo qualche spicciolo in più. E il fatto che l’Italia ci stia pensando seriamente dà il segno di quanto sia difficile ridurre gli scarichi inquinanti, nonostante negli ultimi due anni ci sia stato qualche timido segnale positivo. Con un problema in più. Al momento i dati raccolti dal Corpo forestale non salverebbero un solo euro. Per essere considerati validi, il Protocollo di Kyoto impone che siano conservati e certificati da una struttura creata ad hoc, il cosiddetto Registro dei serbatoi di carbonio. L’Italia non ce l’ha ancora. Il decreto dei ministeri dell’Ambiente e delle Politiche agricole che lo doveva istituire, atteso da nove mesi, era quasi pronto. Caduto il governo i tempi rischiano di allungarsi. E alla fine quel dato sui dodici miliardi di alberi potrebbe servire solo a mamma e papà, per rispondere ad un figlio curiosone. Lorenzo Salvia