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 2008  febbraio 16 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 18 FEBBRAIO 2008. 4

maggio 1980, 25 giugno 1991, 17 febbraio 2008. Ovvero morte di Tito, proclamazione di indipendenza della Slovenia, proclamazione unilaterale di indipendenza del Kosovo dalla Serbia. Il mosaico balcanico del dopo Jugoslavia ha sistemato un altro tassello? [1] Giuseppe Zaccaria: «I Balcani imboccano un nuovo piano inclinato che potrebbe condurre alla felicità come al disastro». [2] Carlo Jean: «Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte degli Usa e di gran parte degli Stati membri dell’Ue potrebbe fare scoppiare una crisi fra l’Occidente e la Russia. La questione sembra quasi irreale. Occorre però ricordare che come ha detto Winston Churchill i Balcani hanno creato più storia di quanta ne potessero digerire». [3]

La proclamazione dell’indipendenza è la conclusione di un lungo e drammatico percorso cominciato nel 1989 con i primi scontri fra serbi e kosovari. Nel 1990 la Serbia abolì lo status autonomo del Kosovo. Nel 1992 si svolse il referendum secessionista autogestito, Ibrahim Rugova fu eletto presidente. Nel 1997 nacque l’Uck, movimento indipendentista armato guidato da Hashim Thaci. Nel 1998 le forze speciali di Belgrado dilagarono nella provincia prendendo di mira le roccaforti dei guerriglieri separatisti: due anni di scontri causarono 10.000 morti secondo gli albanesi, poco più di 2.000 (di cui un terzo serbi) secondo fonti di Belgrado, circa 3.000 (oltre a 2.150 dispersi, 500 dei quali serbi) secondo l’Onu. [4]

Falliti i negoziati di Rambouillet, nel 1999 intervenne la Nato: dopo 78 giorni di bombardamenti, la mediazione congiunta del russo Viktor Cernomyrdin e dell’emissario Ue Martti Ahtisaari chiuse la partita. La provincia fu affidata a un’amministrazione civile dell’Onu e a un contingente militare a guida Nato (Kfor). In cambio, con la risoluzione 1244, il Consiglio di sicurezza dell’Onu confermò sulla carta i diritti di sovranità serbi. Nel 2000 la pulizia etnica cambiò colore: si contarono oltre 200.000 serbi in fuga dalle vendette albanesi. Nel 2005 il parlamento locale votò una mozione d’indipendenza. Quest’anno Thaci è diventato premier del Kosovo. [4]

Con la proclamazione d’indipendenza salta il diritto internazionale fondato sulla sovranità degli Stati. Fabio Mini, ex comandante Nato in Kosovo: «Uno scempio voluto dagli Usa, che in questo diritto non credono e l’hanno dimostrato in Iraq». [5] Predrag Matvejevic, slavista della Sapienza di Roma: «C’era la possibilità di un’alternativa. Nelle lunghe trattative Belgrado è arrivata a proporre una ”autonomia al 95%”. Qualcosa di molto simile allo statuto dell’Arcipelago delle Aaland e più del nostro Alto Adige - entrambi esempi rivendicati da Ibrahim Rugova, poi conquistato al carro dell’indipendenza a tutti i costi voluta dalle milizie dell’Uck, armate dagli Usa che in Kosovo hanno edificato Camp Bondsteel, la più grande base militare d’Europa». [6]

La Serbia considera illegale la proclamazione di indipendenza del Kosovo, una decisione «annullata in anticipo» dal governo di Belgrado.[7] Roberto Romagnoli: «Mentre da Pristina si diffondeva la notizia dell’ora x, a Belgrado il liberista e filo europeo Boris Tadic, rieletto presidente della Serbia per un secondo mandato due settimane fa, prestava giuramento in Parlamento: ”Dedicherò tutti i miei sforzi per conservare la sovranità e l’integrità territoriale della Serbia, compreso Kosovo e Metohija”». [1] Matvejevic: « la dichiarazione di un politico. Dopo dirà che ha fatto di tutto per conservare il Kosovo, ma essendo la situazione quella che è non si poteva fare altrimenti». [8] Tadic vive ore di grande imbarazzo. Marcello Foa: «Sa di non poter impedire la secessione, ma non può ammetterlo, al contempo non può essere troppo duro con Bruxelles». [9]

Putin sostiene Belgrado nel dire no all’indipendenza perché ha paura che una cosa simile gli succeda in Russia, con i ceceni, gli osseti ecc. Matvejevic: «Teme che la pratica del referendum seguito dall’indipendenza possa essere copiata da altre minoranze». [8] Il presidente russo: «Perché incentivare il separatismo? In Spagna la gente non vuole vivere in uno Stato unico: allora appoggiate quelli lì. Da quattrocento anni la Gran Bretagna combatte per difendere la propria integrità territoriale, riguardo all’Irlanda del Nord. E con ciò? Perché allora non l’appoggiate? Da ormai quarant’anni esiste l’indipendente Repubblica del Nord di Cipro. Perché non la riconoscete?». [10]

Qualcuno teme che possa finire peggio del 1999. Renato Farina: «Dovessero muoversi i carri armati di Belgrado l’intervento della Nato non sarà automatico. Se accadesse questa volta si allargheranno incendi spaventosi. Infatti la Russia non è più lo Stato affranto e ancora fragile di Eltsin. Ora lo zar Putin è alla testa di un Paese tornato ricco, con l’arma dell’energia». [11] Jean: «Teoricamente, potrebbe tagliare il gas all’Europa, che può reggere ad un taglio delle importazioni per un tempo minore di quanto la Russia possa resistere ad un blocco delle esportazioni». [3] William Nash, ex generale dell’Us Army al comando delle truppe Usa dei Balcani a metà degli Anni Novanta: «Mosca farà mancare al Kosovo l’elettricità». [12]

La prima mossa sarebbe quella di appoggiare la richiesta serba di separare dal Kosovo indipendente la parte nord abitata dai serbi che ha come capitale Mitrovica. Fabrizio Dragosei: «Poi verrebbe riaperta la questione dello status della Repubblica Srpska, entità autonoma di Bosnia. Se ne chiederebbe l’autonomia e, successivamente, l’annessione alla Serbia. Un altro passo riguarderebbe il Montenegro, dove il referendum che ha approvato la separazione da Belgrado è passato con pochi voti. Si vorrebbe tenere un nuovo referendum per ottenere il ritorno nella repubblica jugoslava». [13]

L’idea è quella di creare una forte entità slava nei Balcani che funga da avamposto difensivo degli interessi russi in Europa. Dragosei: «Gazprom ha già annunciato che investirà massicciamente nel Paese, acquisendo la locale società petrolifera, costruendo un ramo serbo del gasdotto Southstream che passerà sotto il Mar Nero (e attraverserà la Bulgaria) e realizzando grossi depositi di gas sotto terra. La compagnia aerea di Stato Aeroflot, inoltre, starebbe per acquistare la serba Jat Airways. L’eventuale unificazione tra Repubblica Srpska e Serbia servirebbe poi come precedente per andare all’offensiva anche nel Caucaso. Intanto, con la richiesta di unificare l’Ossezia del Sud, che è in Georgia, con quella del Nord che fa parte della Russia. E poi, eventualmente, anche facendo proclamare l’indipendenza della Abkhazia, altra regione della Georgia abitata da russi. Si tratta in entrambi i casi di regioni dove si sono combattute guerre sanguinose». [13]

L’Ue snobba le critiche del Cremlino, anche perché ufficialmente si limiterà a prendere atto dell’indipendenza del Kosovo, dove invierà duemila osservatori civili. [9] Prima che l’autoproclamata sovranità della nuova repubblica ne mettesse in dubbio la validità giuridica, ha infatti approvato l’invio a Pristina di una missione civile sulla base della risoluzione 1244. [14] Paolo Garimberti: «L’Unione europea si è ritrovata nuda alla meta. E, come al solito, si è vista costretta a cercare nelle finezze diplomatiche quella via d’uscita che la dura politica non le consentiva di trovare. L’escamotage è che la Ue non riconoscerà il nuovo Stato collettivamente, ma consentirà ai Paesi membri di farlo individualmente». [15]

Il sì di Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia ecc. consentirà all’Ue di mettere in piedi la missione di supervisione, che dovrà guidare il Kosovo fino alla sua piena indipendenza e autonomia politico-amministrativa. [15] Jean: «Gli Usa ed i principali Stati europei anche se avrebbero preferito un accordo fra Serbi e Kosovari riconosceranno la dichiarazione unilaterale d’indipendenza per gli stessi motivi per cui erano intervenuti in Bosnia nel 1995 e contro la Serbia nel 1999. In entrambi i casi, avevano difeso popolazioni musulmane. Tale motivo è ancora più forte oggi. Infatti, l’Occidente cerca in ogni modo di migliorare la propria immagine nell’Islam, che segue attentamente l’intera vicenda». [3]

Il Kosovo è destinato a trasformarsi in una sorta di Taiwan d’Europa, teatro di continue crisi? Nash: «Nei prossimi mesi i governi europei, la Russia e gli Stati Uniti si troveranno a discutere, da posizioni assai distanti, sul Kosovo e servirà un notevole sforzo di diplomazia per gestire una crisi seria, anche se forse non paragonabile a quella degli Stretti di Taiwan. Spazi per un negoziato? Non molti ma è possibile che, con il tempo, la sorte del Kosovo entri a far parte di una partita più ampia fra Stati Uniti, Unione Europea e Russia rendendo possibile un superamento della crisi. Ma non è uno scenario imminente. Nel breve tempo ciò che conterà sarà la capacità dei comandanti delle forze Kfor di gestire la situazione». [12]

La ”Kosovo force” (Kfor) è una Forza militare che agisce in base alla risoluzione 1244. Ne fanno parte i contingenti militari di 34 Nazioni (24 Nato). In tutto, sono circa 16.000 i militari impegnati sul terreno. Il Kosovo è stato diviso in cinque zone sotto responsabilità militare. [16] Tutti gli occhi sono puntati su Mitrovica, la città sul fiume Ibar dove convivono le due etnie. L’Italia mantiene nella regione 2300 soldati. [9] Farina: «Questa regione è la Mecca infame di corrieri di droga e trafficanti di schiavi. Dove lo sport preferito è la caccia al cristiano (serbo) e la trasformazione dei monasteri ortodossi in cloache». [11]

I soldati italiani cercano di difendere i pochi serbi che hanno resistito alla pulizia etnica scatenatasi dopo la sconfitta militare. Farina: «Su 2.400.000 abitanti kosovari i serbi sono circa 70-80mila. Càmpano rinchiusi in territori vigilati dai nostri militari. Prima erano mezzo milione, ma sono dovuti scappare. A noi toccherà dar guerra per difendere ancora una base di terrorismo internazionale islamico e mafioso a un passo da casa nostra?». [11] La nuova dirigenza di Pristina è cosi zozza «da lavarsi le mani, dopo avergliela stretta». Mini: «L’anima nera è un signore di cui non le dico il nome, perché se lo scrive vengono lì e la ammazzano». [5]