ItaliaOggi 14 febbraio 2008, Marco Bertoncini, 14 febbraio 2008
La corsa solitaria dei nanetti ha i suoi vantaggi (economici). ItaliaOggi 14 febbraio 2008. La corsa solitaria dei partiti minori conviene? A La Destra di Storace, ai socialisti di Boselli (ma ora pure di Angius e di De Michelis), ai radicali conviene starsene da sé? Sul piano meramente economico, la risposta dovrebbe essere parzialmente positiva
La corsa solitaria dei nanetti ha i suoi vantaggi (economici). ItaliaOggi 14 febbraio 2008. La corsa solitaria dei partiti minori conviene? A La Destra di Storace, ai socialisti di Boselli (ma ora pure di Angius e di De Michelis), ai radicali conviene starsene da sé? Sul piano meramente economico, la risposta dovrebbe essere parzialmente positiva. Infatti, il finanziamento pubblico (mascherato sotto la falsa etichetta di rimborso elettorale, al fine di evitare i fulmini della volontà popolare, due volte vanamente espressasi in referendum nazionali) viene concesso a chi, alla camera, ottenga appena l’1%. un livello che, oggi, pare alla portata sia de La Destra sia dei socialisti, sia dei radicali. Al senato, invece, si ottengono rimborsi solo su base regionale: occorre avere un eletto o almeno il 5% nella singola regione di riferimento. E qui tutto cambia. Quanto alle possibilità di spuntare seggi, chi non entra in una coalizione e non rappresenti una minoranza linguistica deve raggiungere il 4% nazionale alla camera. Fuori di qualsiasi sparata propagandistica, nessun osservatore accredita il raggiungimento di un simile livello né i partiti prima accennati né la formazione del triumvirato Pezzotta-Tabacci-Baccini. Quanto al senato, chi corra da solo per ottenere un quoziente in una regione deve superare l’8%. La stratosfera, per molti nanetti. Sussiste, tuttavia, un pallido vantaggio politico. Esso consiste nel tenere in piedi un partito, sperando in tempi migliori ed eventualmente capitalizzando, per le elezioni amministrative, lo scarso seguito ottenuto. Tale caratteristica non è solo italiana: nel britannico sistema uninominale maggioritario puro, il 10% degli elettori si ostina a votare candidati di partiti che non spuntano un solo seggio. Simili fenomeni si rilevano tanto in Francia quanto in Spagna. All’estero, però, nessuno si sogna di elargire lucrosi finanziamenti a chi rimanga escluso dal parlamento, come invece avviene da noi. Le circostanze presenti, poi, non sembrano favorire (esclusa la Cosa rossa, beninteso) i cosiddetti terzisti, ossia coloro che sono in lizza senza essere i due maggiori concorrenti. Siamo lontani dall’esplosione radicale (8,5%) alle europee del ’99, un voto di chiara contrapposizione ai blocchi. Né paiono esistere partiti capaci di ripetere il successo della Lega, solitaria nel ’96 al 10%. Lo stesso Antonio Di Pietro è distante dal 4% sfiorato in corsa solitaria nel 2001. Una quota che allora non riuscì a vedere nemmeno da lontano la Democrazia europea di Sergio D’Antoni, precorritore di una linea perdente seguita cinque anni dopo da Enzo Scotti (rimasto addirittura sotto l’1 per mille) e che pare adesso intrapresa da Libertà e solidarietà, nuova etichetta della Rosa bianca. Marco Bertoncini