varie, 15 febbraio 2008
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Ichikawa Kon
• Ujiyamada (Giappone) 20 novembre 1915, Tokyo (Giappone) 13 febbraio 2008. Regista. «Dall’Arpa birmana a Topo Gigio. Da quell’immenso film di saggio dolore presentato al Festival di Venezia nel 1956 sotto le mentite spoglie di opera diretta da un ”discreto mestierante”, alla lucida follia artistica che vede un maestro riconosciuto del cinema giapponese d’impegno che alla matura età di 52 anni contatta la nostra Maria Perego per chiederle il permesso di realizzare il cartoon Topo Gigio e la guerra del missile (1968), dove il dolce roditore deve fermare nientemeno che un conflitto mondiale. Tutto vero. Tutto opera del gigantesco Kon Ichikawa [...] uno dei pilastri del cinema giapponese del dopoguerra. Asse portante con più di ottanta film realizzati del dream team composto da Akira Kurosawa, Kenji Mizoguchi, Yasujiro Ozu e Keisuke Miyashita. Nato nel cinema d’animazione come studente della Ichioka Commercial School di Osaka, Ichikawa si specializza presto come direttore d’orchestra di commedie sofisticate tutto ritmo nello stile dell’americano Frank Capra. Ma il regista che viene presto soprannominato il ”Capra nipponico” ha altri due grandi punti di riferimento: Walt Disney e Jean Renoir. Il primo ne influenzerà l’approccio visivo (con ampio uso di angolazioni impossibili e vertiginose tipiche del cinema d’animazione) mentre il secondo lo segnerà da un punto di vista tematico. Soprattutto per quanto riguarda il netto rifiuto nei confronti della guerra de La grande illusione. Ed eccoci arrivare al suo capolavoro: L’arpa birmana. Tratto da un romanzo di Michio Takeyama e sceneggiato dalla moglie Natto Wada (scomparsa nel 1983), questa tragedia pacifista ambientata sul fronte birmano alla fine della Seconda Guerra Mondiale che vede un soldato giapponese diventato prete buddista cercare di curare le ferite del conflitto grazie a musica e religione, infiamma il Festival di Venezia del 1956 e fa litigare a tal punto la giuria presieduta dallo storico documentarista scozzese John Grierson che la commissione composta anche da André Bazin e Luchino Visconti decide di non assegnare il Leone d’oro a nessuno. L’arpa birmana porta a casa il Premio San Giorgio. Grazie a Venezia arriva comunque per Ichikawa lo stesso successo internazionale che la mostra della laguna aveva regalato anni prima ai connazionali Kurosawa e Mizoguchi. Dopo ecco un altro capolavoro sull’orrore della guerra come Fuochi nella pianura (1959), il melodramma erotico Kaji (1959; rifatto dal Tinto Brass de La chiave), uno spettacolare documentario sulle Olimpiadi di Tokyo del 1964 e naturalmente la buffa avventura di Topo Gigio. Le regie di Ichikawa continueranno incessanti fino al 2006. Western, thriller, fantasy, commedie, fantascienza. Poteva fare tutto. E lo fece» (Francesco Alò, ”Il Messaggero” 15/2/2008).