Tuttoscienze 13 febbraio 2008, Giordano Stabile, 13 febbraio 2008
C’è un mondo spaventoso là fuori. Tuttoscienze 13 febbraio 2008. «Into the wild». Vivere nella natura selvaggia, lontani dalle comodità e dal frastuono del mondo civile, sulla frontiera, «con un fucile e un pugno di sale», come scriveva Jack London e come sperimenta il romantico protagonista del film di SeanPenn campione di incassi
C’è un mondo spaventoso là fuori. Tuttoscienze 13 febbraio 2008.
«Into the wild». Vivere nella natura selvaggia, lontani dalle comodità e dal frastuono
del mondo civile, sulla frontiera, «con un fucile e un pugno di sale», come scriveva
Jack London e come sperimenta il romantico protagonista del film di SeanPenn campione di incassi. Questa è l’anima profonda dell’America, quella che ha le sue radici nella filosofia di HenryDavid Thoreau, con la sua casetta ai margini della foresta dotata di una sedia e una finestra, e il suo mito nell’epopea della frontiera. Ma l’anima americana, quella purezza a cui dice di ispirarsi anche Barack Obama, mostra crepe profonde, profondissime. L’amore per la natura sta cedendo il posto alla «biofobia», la paura incontrollata per ciò che non è urbano, disinfettato, per gli animali che non siano cani, gatti e criceti. Insomma per la paura di uscire dalla città, dal quartiere e dalla propria stanza con tv e Internet a banda larga. I parchi e le riserve Usa stanno conoscendo un periodo nero, con il numero di visite all’anno che ha subito un taglio di 80 milioni in poco più di un decennio. I dati di uno studio dell’ecologista Patricia Zaradic, pubblicato sul «Proceedings of the National Academy of Sciences», sono impietosi. Dal picco raggiunto tra il 1981 e il 1991, dopo 50 anni di continuo incremento, il numero di visitatori a riserve naturali, parchi, foreste e campeggi cala dell’1-2% all’anno, con una caduta complessiva del 25%. E a piangere non sono solo gli Usa. «Anche Giappone e Spagna -nota Zaradic- vivono lo stesso trend». I dati sono inconfutabili, ma gli scienziati si dividono sull’interpretazione. Biologi come Edward O. Wilson e Richard Louv sottolineano che l’essere umano è naturalmente- è il caso di dirlo portato al contatto con la natura, perché è in questo contesto che si è evoluto per milioni di anni.«La pressione sociale, anche sui bambini, degli ultimi decenni ha ridotto drasticamente il tempo libero che possiamo dedicare alle attività all’aria aperta. Si passano sempre più ore davanti al pc per lavoro, diletto o dipendenza. Cresciamo una generazione agli arresti domiciliari», dice Louv, autore di «Last Child in the Woods». Il conservazionista Oliver Pergams, dell’Università dell’Illinois, crede però che le cause del declino siano da ricercare anche nel trend fobico che investe la società. «Paura dello sconosciuto, degli animali, di perdersi -osserva- sono innate nell’uomo, per le stesse ragioni evolutive. Ma vengono amplificate dai media. Alla fine la natura, per chi non l’ha mai conosciuta nella realtà, si manifesta solo come l’uragano Katrina o i disastri dell’effetto serra». E, invece del paradiso idilliaco dell’Ottocento, là fuori sembra aspettarci una natura ostile, leopardianamente matrigna, come scopre alla fine lo stesso protagonista del film «Into the Wild».
Giordano Stabile