La Stampa 12 febbraio 2008, Ernesto Ferrero, 12 febbraio 2008
BANALE COME LA VERIT
La Stampa 12 febbraio 2008.
Se c’è una cosa di cui gli uomini non si accontentano, è la verità (relativa, s’intende) della storia ufficiale: così piatta, banale nella sua ovvietà. Morire nel proprio letto, come ha fatto Napoleone per un volgare cancro al piloro, è quasi deplorevole. No arsenico? No party. Quanto sarebbe stato meglio un bell’intrigo internazionale, una storia di cospirazioni, tradimenti, veleni, dark ladies cattivissime…
Come il successo del romanzo di Dan Brown ha dimostrato, nulla ci esalta come la fantastoria. Giovanna d’Arco una semplice pastora? Ma figurarsi: era una bastarda reale. E la Maschera di ferro, non era anche lui fratello del Re? I marziani non sono forse discesi sugli altopiani degli Inca? Crediamo così poco alle versioni che ci forniscono le Autorità, che qualsiasi rivelazione alternativa viene accolta come ovvia, e siamo appassionatamente disposti a farla nostra. La nostra diffidenza è retrospettiva, viaggia nei secoli e nei millenni, fino all’Uomo di Similaun, fino ad Adamo ed Eva (la versione della Bibbia è pieno di incongruenze…). In fatto di dietrologia, non ci batte nessuno.
Certo, gli Inglesi avevano molti buoni motivi per eliminare Napoleone, anche se obeso, malato, stanco. La security intorno e dentro Sant’Elena era un impegno gravoso, costosissimo lo spedire uomini e merci all’altro capo del mondo. Ma per arrivare a tanto ci volevano dei campioni di cinismo e doppiezza, tipo Fouché e Talleyrand. Nel loro sciovinismo e nel loro fair play un poco antiquato, gli Inglesi non pensarono di utilizzarli. E così consegnarono alla storia un «Ei fu» piuttosto deludente. E meno male che c’è stato il Manzoni, se no avrebbero sbrigato tutto con due righe in cronaca.
Ernesto Ferrero