Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  febbraio 10 Domenica calendario

Feynman, ribelle dei quanti. Il Sole 24 ore 10 febbraio 2008. Un amico mi ha raccontato che nella massiccia cattedrale di Albi, nel sud della Francia, è affrescato un rutilante Giudizio Universale

Feynman, ribelle dei quanti. Il Sole 24 ore 10 febbraio 2008. Un amico mi ha raccontato che nella massiccia cattedrale di Albi, nel sud della Francia, è affrescato un rutilante Giudizio Universale. Inutilmente cercherete tra i risorti immagini di vecchi o bambini. Le giovani guide di un gruppo culturale cattolico locale vi spiegheranno che le scritture fissano l’aspetto della risurrezione agli anni di Cristo. Così, tutti i risorti nell’opera dei pittori francesi, dovevano avere 33 anni. Questo mi è venuto in mente pensando all’immagine di Richard Feynman, a due decenni dalla sua morte avvenuta nel febbraio del 1988. Di quest’uomo rimane viva in tutto il mondo l’immagine dei suoi 30 anni, quella riportata sui libri che hanno reso famoso il volto di uno scienziato del ’900 che incastona una insopprimibile ironia in una intelligenza scettica e ottimistica. Richard Feynman è stato l’eroe di molte generazioni di fisici, inclusa la mia. Arruolato giovanissimo nel progetto Manhattan, riusciva ad aprire le cassaforti militari ricostruendo il percorso mentale dell’autore della combinazione di sicurezza e lasciando il suo messaggio «Richard è passato di qui». La tecnica dei «grafici di Feynman» da lui inventata negli anni Cinquanta ha cambiato il nostro modo di pensare la meccanica quantistica e si è rivelata decisiva per esplorare e risolvere l’elettrodinamica quantistica, che i classici lavori dei padri fondatori, da Niels Bohr a Enrico Fermi a Paul Dirac, avevano appena intaccato. Feynman ha lasciato tracce durature dappertutto nella fisica moderna, dalle interazioni deboli alla teoria dell’elio superfluido, affrontando i problemi con un intuito e una chiarezza fatati. Nei primi anni Settanta, l’attenzione dei fisici era appuntata sui processi di diffusione di alta energia di elettroni su protoni. Feynman, dopo il Nobel e mille altri successi, ci insegnò a "guardare" queste reazioni per il verso giusto, scoprendone il significato semplice. Tutto andava come se il protone fosse fatto di una nuvola di costituenti elementari puntiformi, ciascuno con una certa probabilità di essere diffuso dall’elettrone. Già si sapeva che il protone è fatto di quark, ma i costituenti presenti nel protone dovevano essere molti di più dei tre quark postulati da Murray Gell-Mann. Feynman ebbe una intuizione brillante che lo portò a una soluzione pigra: chiamò "partoni" le particelle che costituiscono le parti interne del protone. Alcuni tra i partoni, disse, dovevano essere privi di carica elettrica, a differenza dei quark. Da qui una idea della costituzione del protone ad alta energia che ha rappresentato una indicazione cruciale per la teoria delle forze nucleari fondamentali. I partoni neutri erano la prima indicazione dei quanti delle forze cromodinamiche, che poi si sarebbero chiamati "gluoni" dall’inglese glue (colla), la colla che tiene insieme i quark all’interno del protone. Feynman è vissuto in un periodo storico che gli consentiva diversi ruoli pubblici: quello dello scienziato lontano dalle cose del mondo, il ricercatore scintillante all’interno di un cristallo di idee straordinariamente innovative - come Paul Dirac. Oppure lo scienziato profondamente coordinato con la politica, anche e soprattutto la politica "alta" - come Robert Oppenheimer, Richard Teller, Albert Einstein. Ma Feynman scelse un altro profilo, che se non era originale, di certo lui ha interpretato con grande originalità: quello dello scienziato in grado di assumere la sua responsabilità civile come un sentiero che corre sempre accanto alla sua grande strada maestra della ricerca. il Feynman che si confronta con la cultura umanistica, artistica e mediatica del suo tempo rispondendo agli inviti per i convegni di sociologia o esponendo nelle gallerie. il Feynman che con un pezzo di gomma in mano e un bicchiere di acqua ghiacciata davanti a sé spiega alla nazione come e perché lo shuttle Challenger è esploso poco dopo il lancio. E lo spiega grazie a una indagine da detective scientifico, andando a parlare con gli operai che producevano i pezzi dell’astronave con le loro mani, e non solo con i responsabili finali (e lontani) della produzione. In questa lista dell’impegno civile vorrei aggiungere un’ultima cosa. Richard Feynman è stato un grande maestro. Non basta a spiegare quanto grande nemmeno la buffa reliquia del suo furgone che i suoi studenti - e gli studenti dei suoi studenti - conservano ancora al California Institute of Technology. Perché Feynman non ha insegnato qualcosa solo a loro. Ha firmato libri che sono stati letti in decine di lingue e ristampati e ristampati ancora (Zanichelli rimanda in libreria proprio in questi giorni Sta scherzando, Mr. Feynman! e Che t’importa di ciò che dice la gente?). Milioni di persone hanno percepito lo "human touch" della scienza, le sue idee e i suoi linguaggi che arricchiscono l’umanità, l’individuo, la sua gioia di vivere. Ho visto Richard Feynman per la prima volta in un congresso a Pisa, negli anni Sessanta. Eravamo andati in 500 (intesa come l’utilitaria) da Roma per sentire le star, da Oppenheimer a Tsung-dao Lee, a Vladimir Fock, ma soprattutto per lui. Mi aspettavo un discorso di fisica, ma Feynman parlò delle deviazioni irrazionali della società americana, dalla rinascita dell’astrologia alle sette religiose. Ne parlò con grande preoccupazione sopratutto per i pericoli cui andavano esposte le giovani generazioni. A me sembrò eccessivo ma adesso, quando ci ripenso, capisco che vedeva almeno trent’anni avanti a tutti noi. Luciano Maiani