Il Sole 24 ore 10 febbraio 2008, Riccardo Sorrentino, 10 febbraio 2008
Inflazione shock sul Baltico. Il Sole 24 ore 10 febbraio 2008. l’Argentina del Baltico? Speriamo di no
Inflazione shock sul Baltico. Il Sole 24 ore 10 febbraio 2008. l’Argentina del Baltico? Speriamo di no... ma la Lettonia rischia davvero. Un’inflazione elevata, un forte deficit dei conti correnti con l’estero, il sistema bancario molto vulnerabile, la valuta bloccata. E le compagnie di rating che, di fatto, hanno preso il posto della Banca centrale e del Governo. Ormai il Paese è considerato un malato grave. Pochi numeri bastano per una diagnosi. L’inflazione di dicembre è stata del 14,1%, con tassi di interesse nominali al 6% e reali negativi. Di più non è possibile perché il cambio fisso non lo permette. Il deficit corrente con l’estero è intanto il 24% del Pil, un’enormità, e se il bilancio federale è in attivo, con un surplus va verso l’1-1,5% del Pil, l’avanzo è considerato troppo basso per raffreddare un’economia che ha viaggiato a una media del 9,4% annuo dal 2001 a oggi. Le famiglie, certo, stanno meglio rispetto al passato. I salari, negli anni scorsi, sono cresciuti rapidamente, fino a punte del 25% annuo, e il credito, soprattutto quello al consumo e per mutui immobiliari, è esploso a un ritmo che ha raggiunto il 60% annuo. Con una particolarità: la maggior parte di questi prestiti sono stati concessi in valute estere, a costi più bassi, in una sorta di "carry trade per famiglie": ci si indebitava a tassi bassi per investire "bene" in patria. Il sistema bancario, già fragile per ragioni proprie, è però oggi molto vulnerabile anche alle tensioni valutarie. Questo, quello del cambio, è un nodo importante. Il lat, la valuta, è tenuto strettamente fermo rispetto all’euro, permettendo solo una mini-oscillazione dell’1% in alto o in basso. Non è un currency board in stile argentino - formalmente adottato dalla vicina Estonia, che con la Lettonia condivide molti problemi - ma la stessa Banca centrale riconosce che il sistema funziona «in stretta analogia». Ogni tanto, però, il mercato prova a scardinare questo sistema. successo la scorsa primavera quando la Standard & Poor’s ha declassato il Paese, ma la Banca centrale è riuscita a reggere il colpo. Anche se quella decisione - così come quella della Fitch che qualche giorno fa ha dichiarato di voler rivedere al ribasso il proprio voto - stanno lentamente erodendo un tessuto economico squilibrato. Certo se la valuta potesse muoversi, si darebbe spazio al mercato... e il sistema collasserebbe insieme al cambio: le famiglie non sarebbero più in grado di pagare mutui e debiti, i consumi si ridurrebbero, i flussi di capitale - che già ora rallentano - potrebbero bruscamente ridursi. Anche Estonia e Lituania, che non stanno molto meglio della Lettonia, sarebbero travolte. vero: questo è uno scenario estremo, forse non il più probabile. I mercati potrebbero far entrare in gioco altri fattori di riequilibrio, ma il rischio è comunque forte. Anche se l’esito fosse più benigno, il risultato finale potrebbe non valere la pena. Con una valuta più flessibile, la Banca centrale recupererebbe spazio di manovra ma con pochi frutti. «Le decisioni creditizie in Lettonia sono soprattutto prese da grandi banche straniere. I loro costi del capitale, i bilanci, e la capacità di estendere il credito non rispondono ai tassi di interesse lettoni», ha spiegato Carsten Valgreen di Den Danske Bank. Non è la Banca centrale a controllare l’economia, ma le grandi agenzie di rating, come avviene in Islanda e in altri piccoli Paesi: solo queste possono modificare, nel bene e nel male, l’andamento dell’economia attraverso il credito. La valuta sarà comunque un termometro importante. «Non vediamo un pericolo immediato per il cambio fisso», ha detto giovedì Yarkin Cebeci di JPMorgan discutendo dell’ipotesi di un intervento, un warning, dell’Unione europea per mettere in guardia il Paese dal rischio di un "atterraggio brusco"; ma il futuro non è roseo. «Rischia davvero, la Lettonia», dice Bilal Hafeez della Deutsche Bank che avanza il paragone indicibile: sarà come l’Argentina? Riccardo Sorrentino