Il Sole 24 ore 11 febbraio 2008, Vito Di Bari, 11 febbraio 2008
La vita che scorre al microscopio. Il Sole 24 ore 11 febbraio 2008. Più o meno nel 1624, Galileo stava testando nuove configurazioni del telescopio con cui scrutava l’universo e i tentativi gli andarono sottosopra
La vita che scorre al microscopio. Il Sole 24 ore 11 febbraio 2008. Più o meno nel 1624, Galileo stava testando nuove configurazioni del telescopio con cui scrutava l’universo e i tentativi gli andarono sottosopra. Si accorse però che con quella combinazione di lenti errate riusciva ad ingrandire i dettagli di oggetti vicini. Nasceva così il microscopio e, da allora, alcuni scienziati iniziarono a esplorare le minute infinità degli oggetti, della materia e del corpo umano. Il primo microscopio di Galileo dava un modesto ingrandimento, ma oggi possiamo fotografare dimensioni nanoscopiche. Ed oltre, fra poco. Il centro di ricerche scientifiche nipponiche Riken e la Yokogawa Electric Corporation hanno appena dichiarato di essere riusciti a mettere a punto, per la prima volta, un sistema digitale per vedere scorrere la vita dentro le cellule umane. Sarà anche in Italia fra uno o due anni. Vedere scorrere la vita: è questo il punto, tenetelo a mente ed entriamo nei dettagli. Un componente cellulare è grande più o meno 100 nanometri, un decimillesimo di millimetro: è una cosa infinitamente piccola. Certo, alcuni microscopi elettronici arrivavano già a 5 nanometri. Ma quei microscopi funzionano come una macchina fotografica, scattano un’istantanea della vita della cellula. Il microscopio della Riken permette di filmare la vita che scorre, abbinando un telescopio elettronico che raccoglie mille immagini al secondo con un sensore di luminosità che è pari a 200 volte quello che avete nella vostra macchina fotografica digitale. Potremo analizzare cellule vive ed attive, e individuare le eventuali anomalie. Arrivando ai 100 nanometri si riesce a vedere in azione il cuore pulsante di una cellula, che è detto Apparato di Golgi dal nome dello scienziato pavese che lo individuò un centinaio di anni fa. E vederlo in azione significa finalmente capire cosa accade esattamente a una cellula quando, ad esempio, una droga oppure una medicina la attraversa. E così predisporre nuove misure contro le tossicodipendenze o anche capire come funzionano le epidemie e le immunodeficienze primitive. Questo è importante nel secolo in cui viviamo perché ci eravamo illusi di aver definitivamente debellato malattie infettive millenarie e ci siamo ritrovati a fronteggiare nuove minacce e impreviste alterazioni nei nostri sistemi immunitari, frutto del processo degenerativo che abbiamo imposto al nostro corpo con la nostra insana opera di distruzione progressiva degli equilibri. Quelli del pianeta, del nostro apparato neurovegetativo, dell’equilibrio psicofisico: di tutto, comportandoci da stupidi e incoscienti. E ci siamo anche ritrovati ad affrontare le nuove droghe che la mente contorta degli uomini ha concepito, senza attenzione o conoscenza degli effetti collaterali. Oggi, la via alla salvezza non la cerchiamo più nello spazio: quel piccolo passo per un uomo non poteva essere un così grande passo per l’umanità se - finita la Guerra Fredda - sulla luna non ci siamo più dati pena di tornare. doloroso ammetterlo per chi - come me - si è tanto emozionato quel giorno. Oggi la salvezza risiede in posti infinitamente più piccoli. Per fortuna quel giorno, più o meno nel 1624, a Galileo le lenti andarono sottosopra. Vito Di Bari