La Repubblica 12 febbraio 2008, ROBERTO MANIA, 12 febbraio 2008
Padoa-Schioppa chiude la cassa "Conti ok, ma il tesoretto non c´è". La Repubblica 12 febbraio 2008
Padoa-Schioppa chiude la cassa "Conti ok, ma il tesoretto non c´è". La Repubblica 12 febbraio 2008. «Il tesoretto non c´è. L´ho detto a dicembre e nel frattempo la situazione è solo peggiorata». Quando Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell´Economia, lo spiega ai suoi collaboratori sul volo diretto a Bruxelles per la riunione dell´Eurogruppo, pensa a diverse cose: ai tracolli sulle Borse mondiali, al vento della recessione che arriva dagli Stati Uniti, all´ultimo dato dell´Istat sulla produzione industriale che marca un allarmante - 6,5 per cento, ai preoccupanti scenari disegnati a Tokyo al vertice dei G7, ma anche al voto del Senato che ha buttato giù il governo Prodi. Quella del titolare dell´Economia, dunque, è molto più di una frenata. , in qualche modo, la parola fine a un dibattito elettorale che stenta a trovare solide basi di appoggio. Tanto più che l´economia italiana è destinata a rallentare ancora, andando anche sotto l´1 per cento. Ed è di ieri l´ultima stima del Centro studi della Confindustria che vede un Pil allo 0,7 per cento contro lo 0,9 per cento della precedente previsione. Nemmeno il premier Romano Prodi, d´altra parte, si è infilato in questa nuova discussione sul tesoretto dopo aver rassegnato le dimissioni. Suo era il piano per alleggerire il carico fiscale sui redditi da lavoro fino a 40 mila euro, ma ora lo scenario è cambiato. Tant´è che anche il leader del Pd, Walter Veltroni, ha scelto una strada decisamente tortuosa per lanciare il taglio delle tasse sugli stipendi: ha proposto un patto bipartisan da realizzare in Parlamento, non un atto del governo. L´ipotesi è caduta nel vuoto. Dunque - si ragiona in Via XX settembre - se anche ci fosse un extragettito da distribuire - non sarebbe tecnicamente possibile intervenire prima di luglio quando si conosceranno i dati sull´autotassazione. La Trimestrale di cassa di metà marzo, infatti, sarà solo un primo step per comprendere l´andamento delle entrate e l´efficacia del controllo sulla spesa pubblica. In ogni caso a marzo è impensabile la presentazione di una nota di variazione del bilancio da parte di un governo in carica esclusivamente per l´ordinaria amministrazione. Avrebbe il sapore di uno strappo istituzionale che il Tesoro non intende affatto assecondare. Padoa-Schioppa vuole lasciare i conti rigorosamente in ordine. Tanto più che ora da più parti si grida al "buco" nelle finanze pubbliche. Dopo un articolo sul Sole-24 Ore di domenica che parlava di circa 7 miliardi di spesa per il 2008 prive delle relative coperture, il tema è stato ripreso con rilievo dai giornali e dalle televisioni più vicine al centrodestra, costringendo il Tesoro a intervenire ieri con una nota. «Non esiste alcun buco», si legge. Perché le spese, non ancora iscritte a bilancio, che però si dovranno sostenere (i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego, per esempio) troveranno la relativa copertura una volta che se ne individuerà anche l´ammontare. Ma - sottolinea la nota - «la legge Finanziaria e il Bilancio approvati dal Parlamento hanno coperture piene e certificate per tutte le spese che vi sono iscritte e comprendono tutte le spese che derivano dalla legislazione vigente». Che questa fosse l´impostazione di Padoa-Schioppa era già noto dal Documento di programmazione economico e finanziaria. «Non ci sono problemi per il 2008», ha voluto precisare anche il vice ministro Vincenzo Visco. L´obiettivo del deficit al 2,2 per cento non è quindi in discussione Ma di "risarcimento" sociale continua a parlare la sinistra dell´ex Unione. «I soldi ci sono», ha detto il sottosegretario al Tesoro, Alfiero Grandi (Sd) e «i lavoratori italiani - secondo il capogruppo di Rifondazione comunista alla Camera, Gennaro Migliore - devono essere immediatamente risarciti». Anche il ministro della Famiglia, Rosy Bindi, si è detta convinta che il tesoretto ci sia ancora. Per i fautori di un intervento in extremis c´è anche un veicolo che passa in Parlamento: è il cosiddetto decreto milleproroghe. Hanno presentato un emendamento per raggiungere l´obiettivo. Ma il tentativo rischia di infrangersi davanti allo scoglio rappresentato dalla verifica dell´ammissibilità da parte delle Commissioni. ROBERTO MANIA