La Repubblica 13 febbraio 2008, PAOLO MAURI, 13 febbraio 2008
Un fantasma si presenta in Vaticano. La Repubblica 13 febbraio 2008. Tra poco cadranno i trent´anni dalla morte di Aldo Moro, l´evento che segnò la sconfitta delle Br, il punto di massima confusione nella Dc e l´avvio, anche a sinistra, di una nuova difficile fase
Un fantasma si presenta in Vaticano. La Repubblica 13 febbraio 2008. Tra poco cadranno i trent´anni dalla morte di Aldo Moro, l´evento che segnò la sconfitta delle Br, il punto di massima confusione nella Dc e l´avvio, anche a sinistra, di una nuova difficile fase. Al diffondersi della notizia, a Roma, molta gente si precipitò per strada e si ritrovò a via delle Botteghe Oscure e in via Caetani. L´emozione di tutti era fortissima. L´uccisione di Moro era stata, minuto per minuto, un atto pubblico: il rapimento, la detenzione dalla quale filtravano le lettere del prigioniero, in apparenza riservate, ma subito divulgate e commentate sui giornali, il processo che si era concluso con la sentenza di morte poi atrocemente eseguita: tutto era accaduto in modo che fosse insieme nascosto e visibile. Le Br, protette dalla clandestinità e dal segreto che le circondavano, pensavano di minare in questo modo il sistema, ma stavano invece creando un martire che nel tempo avrebbe sempre testimoniato contro di loro. E come sappiamo non solo contro di loro. Sul caso Moro si è accumulata nel tempo una enorme mole di libri, dall´instant-book di Arbasino (In questo stato, 1978) ai recentissimi lavori di Giovanni Bianconi (Einaudi) e di Stefano Grassi (autore, quest´ultimo di un ponderoso dizionario dedicato al caso Moro in uscita da Mondadori). Di Moro si sono occupati giornalisti e storici e, naturalmente, anche i brigatisti più o meno direttamente coinvolti nella vicenda. Memorie, analisi, riletture: presto da Einaudi uscirà un volume con le lettere di Moro, ricollazionate sugli originali per emendare alcuni fraintendimenti dovuti alla fretta con cui si stampavano. Anche i letterati, gli uomini di teatro e di cinema si sono interrogati su Moro: Dario Fo gli ha dedicato, già nel ´79, un lavoro teatrale ispirato al Filottete di Sofocle. Moro è Filottete, l´eroe greco abbandonato da Ulisse nell´isola di Lemno così come Moro viene abbandonato dai suoi compagni della Dc: Zaccagnini, Andreotti, Cossiga... Leonardo Sciascia, nel suo Affaire Moro, gioca invece con Borges e Pierre Menard autore del Chisciotte per condannare il partito della fermezza che, a suo giudizio, sta avallando una sentenza già scritta da altri, così come Pierre Menard riscrive il capolavoro di Cervantes. Il cinema non ha certo dimenticato Moro: Gian Maria Volontè è stato Aldo Moro nel film di Giuseppe Ferrara (1986) mentre Roberto Herlitzka lo ha interpretato per Bellocchio (Buongiorno, notte , 2003). C´è poi, dello stesso anno, il film di Renzo Martinelli, Piazza delle Cinque Lune. Corrado Augias con Vladimiro Polchi ha messo in scena la tragedia di Moro affidata soprattutto ad una lettura in palcoscenico delle lettere. Il fantasma di Moro è qui : memento di un assassinio sul quale ci si continua ad interrogare. Si poteva evitare? Era possibile una trattativa senza togliere ogni credibilità allo Stato? Con Adesso viene la notte (Mondadori, pagg. 125, euro 13) lo scrittore Ferruccio Parazzoli affronta l´argomento da uno specialissimo punto di vista: il Vaticano, anzi l´appartamento privato di Paolo VI. Adesso viene la notte è dichiaratamente nato come azione teatrale su suggerimento di Gianfranco Calligarich, ma non è mai stato rappresentato: l´affaire Moro, si direbbe, esige la messa in scena. Si sa che Giovanni Battista Montini era amico di Aldo Moro dai tempi della Fuci e non risparmiò gli appelli agli "uomini delle Brigate Rosse" perché il leader politico fosse restituito alla sua famiglia. Parazzoli ci conduce dietro le quinte e tutto assume una dimensione altra: quella assai particolare e segreta dello Stato pontificio e quella spettrale di un incubo. Agendo da scrittore, Parazzoli non si cura della veridicità dei fatti e neppure dell´esatta scansione cronologica dell´accaduto: d´altra parte, nella sua pièce intorno a Moro combattono e si misurano il diavolo e il buon Dio. Usare il diavolo è innanzitutto un omaggio alla grande letteratura del passato: un gesto squisitamente favolistico. Quanto a crederci, sottolinea l´autore, che di suo, essendo un cattolico, ha tutta l´aria di crederci, ognuno si regoli come preferisce. Di certo Paolo VI è fermamente convinto della presenza di Satana: nella sua stanza mentre lui nottetempo lavora o prega succedono cose strane. Resteranno (ma qui siamo già nella letteratura) segni evidenti sui muri: un color nero che gli operai incaricati di ripulire le stanze prima che vi acceda Giovanni Paolo II, stentano a fare andar via. Satana è dispettoso: fa piovere sul corteo papale ogni venerdì santo ed è lui che manovra la Rappresentazione del caso Moro: come al solito, avviene da quando fu creato, ha sfidato Dio. Di fronte all´amico incarcerato e martoriato la fede del pontefice verrà meno, assicura il demonio. una scommessa blasfema. Nel 1972, mercoledì 15 novembre, durante un´affollata udienza Paolo VI dichiarerà ad un certo punto pubblicamente la presenza del demonio: «Quel male che chiamiamo Demonio». Giovanni Battista Montini è un uomo molto sensibile e tormentato. In una scena lo vediamo a Castel Gandolfo con il filosofo francese Jean Guitton (che poi diverrà un suo biografo) mentre ammira il tramonto e viene come attraversato da un´ombra. il pensiero del male, il tremore che contrasta con l´amore di Dio. In base a queste coordinate l´autore costruisce un sogno del papa . la notte tra il 15 e il 16 marzo 1978. Il segretario don Macchi bussa, gli viene aperto. «Santità, l´onorevole Moro chiede di essere ricevuto». Stupore per l´ora e per il luogo: nessuno viene ammesso negli appartamenti privati. Tuttavia acconsente e Moro, che è piuttosto male in arnese, con i pantaloni infangati (il tempo fuori è orribile) dopo i convenevoli e le scuse presto accolte dichiara il motivo della sua visita: «Sono certo dell´esistenza del Diavolo». Il papa gli sorride : Tutto qui? obietta. «Lo sa bene: l´infaticabile azione del Demonio è una delle poche certezze che ho sempre avuto, fin dai tempi del seminario». Seguono altre poche considerazioni e la richiesta, da parte di Moro, della benedizione. E di una assicurazione, quella di «non dimenticare la mia famiglia, qualunque cosa accada». I due restano l´uno di fronte all´altra, in silenzio. la notte prima del rapimento. A questo punto il papa si sveglia. Si trova nel suo letto, sulla piccola scrivania è ancora aperto il secondo volume dei Karamazov al capitolo IX: «Il diavolo. Incubo di Ivan Fëdorovic». Ma il diavolo ha altre sorprese per Paolo VI. Presto comparirà davanti a lui il segretario della Dc Benigno Zaccagnini e uscito questo, senza nulla concludere, si affaccerà Andreotti. Non voglio entrare nei particolari. Gli incubi si alternano alle scene diciamo così dal vero e tutto ruota intorno ad una dimensione alla quale si stenta a credere. Poi restano nella memoria due fatti: la celebrazione delle esequie senza il cadavere che la famiglia ha voluto tumulare in forma privata a Torrita Tiberina, a pochi chilometri da Roma, e l´audizione di Romano Prodi che spiega come si stesse giocando al piattino quando venne fuori il nome Gradoli. Perché nel caso Moro c´è di tutto: i demoni del Male e i maghi da quattro soldi, lo spiritismo e le lotte interne dei partiti. Parazzoli non ha scoperto nulla, ma ha colto bene un´atmosfera, giostrandola con maestria. Un incubo. Quella storia è veramente un incubo dal quale non è facile risvegliarsi. PAOLO MAURI