Corriere della Sera 12 febbraio 2008, Alessandra Farkas, 12 febbraio 2008
Rabbini, voto sul Vaticano «La preghiera un incidente ma il dialogo vada avanti». Corriere della Sera 12 febbraio 2008
Rabbini, voto sul Vaticano «La preghiera un incidente ma il dialogo vada avanti». Corriere della Sera 12 febbraio 2008. Dopo aver creato lo scompiglio nel mondo ebraico italiano, con appelli alla sospensione del dialogo col mondo cattolico da parte del Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, la discussa preghiera in latino riesumata di recente da Papa Benedetto XVI che invita gli ebrei ad abbracciare Cristo, rischia di spaccare in due anche ebraismo italiano e ebraismo Usa. «L’iniziativa di Di Segni secondo noi è estrema e molto dannosa», mette in guardia il rabbino Alvin K. Berkun, presidente dell’Assemblea Rabbinica, che rappresenta il Movimento Conservatore del Giudaismo Usa, il più grande insieme a quello Riformato. «Tengo a precisare – aggiunge – che, nonostante la casuale assonanza del nome, l’Assemblea Rabbinica italiana non ha nulla a che spartire con noi». I 400 dei 1.600 rabbini membri dell’Assemblea convenuti ieri a Washington per l’annuale riunione del gruppo viaggiavano tutti su una lunghezza d’onda conciliatoria. «Nessuno di noi pensa di interrompere il dialogo con i cattolici», ribadisce il rabbino Richard A. Marker, vice-presidente della International Jewish Committee on Interreligious Consultations, che cura il dialogo tra tutto il mondo ebraico Usa (non solo i Conservatori) e Vaticano. «La controversia è emersa da un testo tradotto, la cui struttura ed interpretazione sono ancora al vaglio. Per questo invitiamo tutti alla cautela». Non è dunque vero che quella preghiera mette a rischio il riavvicinamento ebrei-cattolici cominciato negli anni 60, quando il Vaticano assolse di fatto gli ebrei dall’accusa di deicidio? «Penso che si tratti di un incidente di percorso», ribatte il rabbino Joel Meyers, vicepresidente esecutivo dell’Assemblea, «molti di noi sono disposti addirittura a soprassedere. Anche se posso garantirle che, da oggi, guarderemo all’operato del Vaticano con molta più attenzione. Per capire se si tratta di un piccolo inciampo o dell’inizio di un pericoloso trend». Anche per il rabbino Markar «l’importante è capire se siamo di fronte a uno scoglio o al segnale simbolico di una svolta vera e reazionaria ». «Per ora preferiamo dare al Vaticano il beneficio del dubbio – precisa ”. Ma il prossimo mese, quando andrò a Roma per incontrare il cardinale Walter Kasper, nostro interlocutore al Vaticano, mi riprometto di spiegare ai nostri amici cattolici il nostro punto di vista». Prima di allora Markar, Meyers e Berkun si accontenteranno di votare – probabilmente entro oggi – il documento ufficiale voluto dai Conservatori ma approvato informalmente dai movimenti Reform, Ortodosso e Reconstructionist che esprime «il timore che il nuovo testo latino possa gettare una pesante ombra sullo spirito di reciproco rispetto e collaborazione che ha marcato questi ultimi quattro decenni, rendendo più difficile per gli ebrei impegnarsi costruttivamente nel dialogo coi cattolici». «Sia ben chiaro che questa risoluzione è una nostra iniziativa autonoma ed indipendente – precisano in coro i tre rabbini ”. E che non abbiamo subito alcun tipo di pressione da parte dei leader italiani». «Infatti prenderemo solo atto della decisione di Di Segni che capiamo – puntualizza Meyers ”, ma capiamo anche la nostra, diversa dalla loro». «Il rabbinato italiano è fisicamente più vicino al Vaticano e forse per questo il suo atteggiamento è così diverso» teorizza Meyers. «Come minoranza si sentono schiacciati». «Non è un caso che i primi ad avviare il dialogo con il mondo cattolico siamo stati noi americani – gli fa eco Berkun ”. Fu Abraham Joshua Heschel, il nostro maestro, che nel 1965 influenzò il cardinale Bea a scrivere Nostra Aetate. Il resto è storia». Alessandra Farkas