Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  febbraio 12 Martedì calendario

Coppie di fatto in aumento E i Comuni le riconoscono. Corriere della Sera 12 febbraio 2008. Partiamo dalle cifre

Coppie di fatto in aumento E i Comuni le riconoscono. Corriere della Sera 12 febbraio 2008. Partiamo dalle cifre. In Italia le convivenze sono circa mezzo milione e secondo l’Istat sono in crescita. Il 18,6% dei bambini nati nel 2007 ha genitori che convivono senza essere sposati. Manca però in Italia, a differenza di Francia, Spagna o Gran Bretagna, una legge che disciplini le unioni civili: nessun diritto, ad esempio, ad assistere il partner in ospedale o subentrare nel contratto d’affitto della casa comune. I Dico, partoriti a fatica dal governo Prodi, sono stati accantonati. E nemmeno il Cus di Cesare Salvi ha avuto fortuna. Eppure una sessantina di Comuni, negli ultimi dieci anni, ha cercato una soluzione per fare in modo che le coppie di fatto non si sentano cittadini di serie B: si sono dotati di registri delle unioni civili oppure rilasciano certificati di «famiglia anagrafica basata su vincoli affettivi e di convivenza» (in tre città: Bologna, Padova, Bari). Tutte iniziative singole, politicamente esplosive e infatti sempre precedute da forti scontri e spesso seguite da ricorsi al Tar. L’Anci non ha nemmeno l’elenco di questi Comuni. Ma ci sono. Monfalcone, ad esempio, anche se una sola coppia è iscritta. O Ferrara, con quattro: «Il registro è un tentativo politico – spiega l’assessore ai Servizi demografici Mariella Michelini – per tenere viva l’attenzione su questo tema». E si discute. Come accade a Genova: il Pd si è spaccato di fronte alla proposta difesa dal sindaco Marta Vincenzi di certificare la «famiglia anagrafica basata su vincoli affettivi», con l’ala cattolica che non ne vuole sapere. Del resto a Roma non è andata meglio e a dicembre le due delibere che proponevano l’istituzione di un registro delle unioni civili hanno incassato il no del Pd «perché non serve a nulla». Che non produca effetti giuridici non hanno difficoltà ad ammetterlo a Firenze, il secondo Comune in ordine di tempo dopo Pisa, ad avere istituito nel 1998 il registro. L’assessore ai Sevizi demografici di Firenze, Lucia De Siervo, mentre dà le cifre ci tiene però a sottolinearne «il valore simbolico, è un passo in più per una coppia di fatto»: le coppie iscritte sono 54, con un crescendo ogni anno (3 nel 2001, 12 nel 2007). Che il Comune ci creda lo dimostra il sito, che fornisce tutte le informazioni utili. Cosa non scontata, non tutte le città che hanno il servizio lo illustrano in modo chiaro. Bolzano sì e bene ma Padova, ad esempio, no. Un anno fa ha aperto alle unioni affettive, rilasciando il certificato. Era il 3 febbraio e le prime due coppie, una omosessuale e una etero, mostravano soddisfatte il pezzo di carta tra gli strali dell’Osservatore Romano che parlava di «iniziativa inaccettabile» e un timido sindaco Flavio Zanonato che tagliava corto: «Caricare simbolicamente una cerimonia che dovrebbe rientrare nella normalità potrebbe essere anche controproducente». Insomma, troppo rumore. E sul sito del Comune, infatti, si trova la delibera ma il dove come quando ottenere il certificato non è dato saperlo. Tuttavia Padova ha avuto un buon successo, perché in un anno le attestazioni emesse sono state 25. Eppure il consigliere Alessandro Zan, che propose la mozione per regolamentare la «famiglia anagrafica » non è soddisfatto e lamenta «una mancata pubblicizzazione. Il riscontro positivo – spiega – è legato solo al fatto che noi rilasciamo un pezzo di carta da opporre a terzi per dimostrare che si è una coppia di fatto, un attestato da esibire come nel caso dell’ospedale. Insomma, è uno strumento più utile del registro». I numeri non sono molto confortanti. A Pisa, Comune apripista che ha il registro dal 1998, le coppie iscritte sono 41, di cui 7 omosessuali. Ma «noi non abbiamo le cancellazioni delle unioni», avverte il vicesindaco Cosentino Cavallaro, che ha la delega ai Servizi demografici e celebra quasi tutti i matrimoni civili: «L’anno scorso – racconta – hanno fatto domanda due coppie, i matrimoni civili sono stati 163. Comunque ad alcuni diritti, come l’assegnazione delle case popolari, i conviventi concorrono senza bisogno del registro». Un po’ come succede a Bologna, la prima in Italia a rilasciare l’attestato. Al Sud la vita è più dura. Fa eccezione la Puglia. Una legge regionale ha esteso ai conviventi, anche gay, alcuni benefici a cui avevano accesso solo le coppie sposate. E a Bari da meno di un anno rilasciano l’attestato di famiglia affettiva. In Sicilia, invece, l’unico comune con il registro delle unioni civili è Bagheria: «Lo abbiamo dal 2003 – racconta il responsabile Piero Montana ”. Si era iscritta una coppia lesbica però circa una settimana fa ha chiesto la cancellazione. Non dà diritti, ma in Sicilia c’è proprio una legge regionale che fa divieto ai conviventi di avere gli stessi benefici delle coppie sposate». Comunque, anche dove è previsto, i conviventi etero od omosessuali reagiscono con poco entusiasmo. «Perché iscriversi? – conclude polemico Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay – Registro e certificato non danno diritti e non a tutti basta l’atto simbolico». Francesca Basso