Corriere della Sera 13 febbraio 2008, Roberto Perrone, 13 febbraio 2008
Phelps lancia il costume high-tech. Corriere della Sera 13 febbraio 2008. Con l’ologramma di Michael Phelps che impersona l’uomo vitruviano di Leonardo termina la presentazione
Phelps lancia il costume high-tech. Corriere della Sera 13 febbraio 2008. Con l’ologramma di Michael Phelps che impersona l’uomo vitruviano di Leonardo termina la presentazione. Laser, riflettori, colori ultravioletti per il costume pensato per il divoratore di zuppa di cozze di Baltimora, per il ragazzo che a Pechino riprova la sua sfida: raggiungere e (magari) superare le sette medaglie d’oro in un unico giro di giostra olimpica. Ormai tutto è simbolico: anche il palazzotto di mattoni, very british, proprio accanto alla stazione di St.Pancras da dove partono i velocissimi Eurostar per Parigi, utilizzato per la presentazione che avviene nello stesso giorno a Sydney, Tokio, New York (Phelps è lì). L’ossessione del tempo (che passa: 80 anni dell’azienda; che non deve passare: 21 i primati del mondo battuti dal marchio nel 2007) non è solo nelle trovate del marketing, ma anche nella lista dei partecipanti alla creazione del nuovo costume della Speedo «LZE RACER», protetto da ben 16 brevetti depositati. Per lo slip a stelle e strisce di Mark Spitz, a Monaco ’72, non si mossero l’Aqualab della Speedo con sede a Nottingham che ha scansionato i corpi di 400 nuotatori per osservare il comportamento muscolare dell’atleta e ha analizzato oltre 100 differenti tessuti; il centro di ricerca Langley della Nasa; l’AIS (Australian Institute of Sport di Sydney); i laboratori della Otago University in Nuova Zelanda. Per le sette medaglie d’oro di Spitz non c’era il software Ansys CFD (Computetional Fluid Dynamics) utilizzato in F1 e per la Coppa America di vela. Per lo slippino da seguace dei Beach Boys di Spitz non sono stati investiti svariati milioni di sterline e 4 anni di ricerche. Ne è venuto fuori un oggettino che pesa meno dello slip di Spitz e che ha anche un tocco vezzoso nel «kokoro», il carattere giapponese che rappresenta il cuore, la mente, lo spirito disegnato dall’artista Inoue Yu-ichi, che si fonde con la tecnica, come hanno collaborato la Speedo e la griffe Comme de Garçons, per creare questo design particolare. Nel costume in commercio (400 euro al pubblico italiano) il «kokoro» non c’è, se lo possono permettere solo gli atleti. Però, assicurano gli scienziati, restano gli altri vantaggi: una riduzione del 10 per cento, rispetto alla «macchina » del 2004, nella resistenza passiva all’acqua; un risparmio del 5 per cento di ossigeno; grazie all’assenza di cuciture, una riduzione del 24 per cento (rispetto al precedente Fastskin, del 38 rispetto a un normale Nylon-Licra) dell’attrito generato dal contatto costume-acqua. Ne trae giovamento soprattutto il momento subacqueo: in partenza e in virata, dove spesso si perdono centesimi preziosi. Certo, se ce lo infiliamo noi mortali non andiamo comunque molto lontano (neanche a Porto Cervo: non è proprio da diporto ed è scomodissimo da indossare) ma Michael Phelps può tentare di battere il primato di Spitz. Per ora si limita a osservare, entusiasta: « come stare dentro un razzo». Markus Rogan simpaticissimo dorsista austriaco che si allena a Roma con Pippo Magnini, spiega, onestamente: «Lo stabilizzatore addominale è positivo: dopo mezza gara sei meno stanco. Però il vantaggio è soprattutto psicologico. Un nuovo costume ti dà fiducia». Insomma è come una macchina nuova. Poi dipende da chi la guida. Roberto Perrone