Corriere della Sera 13 febbraio 2008, FRANCO CORDELLI, 13 febbraio 2008
Beckett e Wilson Così cominciò la rivoluzione muta. Corriere della Sera 13 febbraio 2008. The hour we knew nothing of each other, una trentina di attori per una quantità innumerevole di personaggi
Beckett e Wilson Così cominciò la rivoluzione muta. Corriere della Sera 13 febbraio 2008. The hour we knew nothing of each other, una trentina di attori per una quantità innumerevole di personaggi. Ma nessuno parla. Come immaginare una commedia del genere? Niente di più facile. Inoltre, conoscendo Peter Handke e senza conoscere il suo nuovo testo, è improbabile che si tratti di una provocazione. Viene in mente un altro suo titolo, L’ora del vero sentire, un romanzo del 1975, forse il suo maggiore o quello che meglio lo rappresenta. Rimuginando sul titolo è spontaneo l’accostamento ad un film del 2005, Die Grosse Stille (Il grande silenzio) di Philip Gröning, dedicato allo studio della vita monastica, un accostamento nel nome non già del tema ma di una comune spiritualità, di un comune ascetismo. Con crescente vigore, dalla sua arte fino alle sue opinioni politiche, Handke sta percorrendo una strada di assoluto radicalismo. Ma per tornare al teatro, la storia recente è piena di eventi analoghi, sebbene ciascuno dettato da ragioni diverse. A cominciare da un testo ultra-classico, Atto Senza Parole di Samuel Beckett. E se si potrà dire che il testo di Beckett dopo tutto nasce sulla falsariga di un’esperienza clownesca, quindi puramente mimetica, in cui la scrittura è ridotta a didascalia (e al clown è tolta l’improvvisazione), ben diverso è il caso del debutto di Bob Wilson. Lo spettacolo che nel 1971 lo rivelò ad Avignone si intitolava Deafman Glance. Durava quattro ore e vi era, anche in quel caso, una quantità di attori. Ma si trattava di attori sordomuti! Fu un successo clamoroso non già per il prolungato silenzio, anche in quel caso tutt’altro che provocatorio, ma per le immagini che ne scaturivano. Bob Wilson aveva deliberatamente spostato il discorso teatrale dalla parola all’immagine. Fu il principio di una rivoluzione, che ancor oggi produce i suoi effetti. Ad occhi chiusi lo stesso spettacolo di Handke deve qualcosa a quella lontana performance. Non solo. Deafman Glance fu l’inizio, come ho detto, di un modo nuovo di concepire la scena. La storia delle cantine romane, il miglior teatro degli anni ’70, nasce da lì, dal silenzio degli attori di Wilson: esso segnò la nascita del cosiddetto teatro-immagine. Ricordo, tra gli spettacoli silenziosi, il primo di Remondi e Caporossi, intitolato Sacco. Il giovane Caporossi e il meno giovane Remondi incrociavano, in quella prova e nelle successive, le due esperienze, quella clownesca di Beckett, e quella stupefatta di Wilson, l’irrisione del primo e l’inclinazione a colorare la scena del secondo o, detto in altre parole, del primo lo humour e del secondo la congelata malinconia. Franco Cordelli