Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  febbraio 14 Giovedì calendario

Padre padrino. L’espresso 14 febbraio 2008. No, non sembrano proprio i figli del padrino. Parlano un italiano con poche inflessioni dialettali

Padre padrino. L’espresso 14 febbraio 2008. No, non sembrano proprio i figli del padrino. Parlano un italiano con poche inflessioni dialettali. Nello sguardo non hanno nulla di spavaldo. Spiegano che la lezione ricevuta dal genitore è fatta "di piccole cose. Alzarsi presto la mattina. Oppure ricordarsi di non fare agli altri quello che non piacerebbe fosse fatto a te. Piccole frasi che con il tempo ti danno la percezione della vita". Una morale contadina che si addice al ruolo impersonato dal padre, da quel Bernardo Provenzano con la dieta a base di cicoria e la latitanza in casali bucolici. Non lo stratega che ha traghettato Cosa nostra dallo scontro frontale con lo Stato fino a una rinnovata stagione di affari e di mimetismo sociale. Non l’uomo che armi alla mano avrebbe ucciso e poi deciso altri omicidi. Angelo e Francesco Paolo sono due ragazzi normali, di buona cultura: il primo nel 2005 è stato anche docente in Germania. E forse sono loro la grande vittoria dell’ultimo vero capo al vertice di Cosa nostra: ’The real godfather’, come lo definisce la Bbc in una splendida videoinchiesta girata un anno fa. Un documentario che ricostruisce l’ascesa e la caduta di Provenzano, valorizzando al massimo le fasi più spettacolari della cattura da parte della polizia e la bellezza del panorama siciliano. In Italia il filmato andrà in onda per la prima volta venerdì 13 febbraio alle 23 sul canale satellitare ’Cult’. Ma loro, però, non ci saranno. Perché rispetto alla versione inglese, diffusa in tutto il mondo, Angelo e Francesco Paolo Provenzano hanno negato l’autorizzazione a trasmettere la loro intervista. Le loro parole in Italia sarebbero state accolte in modo diverso dai figli di tante vittime di Cosa nostra. E loro vogliono difendere la propria privacy. Cosa non facile per chi comunque convive con i controlli degli investigatori da almeno 16 anni. I due giovani Provenzano riapparvero a Corleone assieme alla madre nella primavera del 1992, prima che si scatenasse la stagione delle stragi. Della loro vita precedente non si sa nulla. Come hanno vissuto? "Rispondo con due parole, però non le voglio spiegare", dichiara alla Bbc Angelo, il primogenito: "Quasi come agli arresti domiciliari". E continua: "Quel giorno siamo stati portati in questura a fare le foto segnaletiche. Ci chiedevano: ’Dove siete stati finora?’. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua perché era la prima volta che avevo un impatto del genere: io avevo 16 anni, mio fratello nove. Facevano le solite domande che si sono ripetute nel tempo: dove vivevate, chi vi ha protetto. Domande a cui, da parte mia ovviamente non ci sono risposte". Ma ci sarà mai una risposta? "No". Provenzano all’epoca era il numero due della Cupola, e da lì ha diretto tutta la stagione di sangue del trionfo corleonese. Poi, proprio il ritorno dei suoi congiunti a Corleone venne interpretato come un segnale di dissenso rispetto alla linea stragista di Totò Riina. Sulle bombe del 1992 però i figli del padrino non danno risposte: "Io non credo e non voglio credere nulla. mio padre. Ed è anche un uomo: ha potuto sbagliare, fare delle scelte che io non conosco, che io non so. Sono una cosa sua, sue scelte: per me resta sempre mio padre", spiega Angelo. E il fratello aggiunge: "Secondo quello che dicono, lui è il padrino di Cosa nostra. Ma a sentire i mezzi di informazione ci sono tanti padrini, tante figure: tolto uno ne spunta un altro". Loro sono liberi e incensurati. Un destino opposto a quello degli eredi maschi di Riina: il primo a meno di 30 anni è già ergastolano, l’altro è sotto processo per reati gravissimi. Invece Angelo Provenzano è finito sotto inchiesta una sola volta, in modo quasi paradossale: è stato accusato di essere intervenuto per non far pagare il pizzo a un amico. Un eccesso di buona volontà? O la forza di un’autorità superiore ereditata dal padre? Perché la ricostruzione della Bbc non dà credito più di tanto all’immagine del padrino della montagna, che vive in un isolamento rurale. Il lavoro che andrà in onda su ’Cult’, pur pensato per un pubblico straniero, non trascura nulla dei misteri del boss. C’è l’esame della sua raccolta di beauty case con ogni genere di cosmetico e dei capi in cachemire: il segno di frequentazioni in città, di rapporti in ambienti borghesi. E c’è il tema della trattativa, presentato e discusso dal suo avvocato Rosalba Di Gregorio: Provenzano garante della pax mafiosa dopo le stragi in virtù di un patto con lo Stato. Perché tutta l’inchiesta tv ripete: come è possibile rimanere latitanti per 43 anni? "Ce lo chiediamo tutti", risponde l’allora governatore Totò Cuffaro alla Bbc. E conclude parlando della sua "cultura anti-mafiosa": "Ma finalmente è stato arrestato. Come dite ’finalmente’ in inglese? Ah sì: of course". Gianluca di Feo