L’espresso 14 febbraio 2008, Primo di Nicola, 14 febbraio 2008
Rete quattro miliardi. L’espresso 14 febbraio 2008. L’urlo del lupo vittorioso si leva dalle pendici del monte Velino, periferia di Avezzano, cuore profondo della Marsica
Rete quattro miliardi. L’espresso 14 febbraio 2008. L’urlo del lupo vittorioso si leva dalle pendici del monte Velino, periferia di Avezzano, cuore profondo della Marsica. Adesso che la Corte europea ha riconosciuto i suoi diritti a vedersi assegnare le frequenze di Rete 4 necessarie a trasmettere con Europa 7, la tv titolare dal 1999 di una concessione pubblica, nella sua bella casa con giardino e piscina Francesco Di Stefano può certo gridare di avercela fatta. Ma quanta amarezza. "Per dieci anni", racconta, "mi hanno trattato come un appestato, porte chiuse dappertutto". E quanta rabbia. "Governi e partiti di destra e sinistra hanno fatto a gara nel calpestare i miei diritti pur di salvare gli interessi di Berlusconi e Rete 4. Ma il mio gruppo ha raggiunto lo stesso l’obiettivo: siamo pronti a rompere il duopolio Rai-Mediaset, ad offrire agli italiani finalmente una tv libera e indipendente". Già pronto a trasmettere, possibile? Sì, e da ben prima di mettere a segno la vittoria alla Corte europea. " dal 1999 che siamo attrezzati", giura Di Stefano: "Abbiamo un centro produttivo che affittiamo e che la Rai utilizza per realizzare ’Scommettiamo che...?’; possiamo produrre programmi; vantiamo una library cinematografica che può riempire i nostri palinsesti". Cosa si attende allora per partire? Solo che il Consiglio di Stato decida, dopo la sentenza lussemburghese, di dare all’imprenditore quello che da nove anni chiede: le benedette frequenze e un risarcimento adeguato ai danni subiti per le spese sostenute sinora per la sua tv, oltre ai mancati guadagni per l’impossibilità di trasmettere. Sul tavolo ci sono cifre da sballo: 800 milioni se accompagnati dalla concessione delle frequenze; sui 4 miliardi se le stesse dovessero ancora essergli negate. Un vero bingo per Di Stefano: un signor Nessuno per i più, un imprenditore affidabile per chi conosce la sua tenacia. Ma da dove spunta questo abruzzese? Dove ha trovato le risorse per sfidare Rai e Mediaset? Il nome di Di Stefano, 55 anni, sposato con due figlie, balza alle cronache nel ’99, l’anno in cui viene bandita la gara per le frequenze nazionali. Quando esce l’elenco dei vincitori, nella lista di coloro che si sono visti assegnare una delle 11 frequenze disponibili (tre vanno alla Rai, otto ai privati) c’è l’imprenditore abruzzese con la sua tv Europa 7. "Di Stefano chi?", la battuta che comincia a correre. E quando le cose cominciano a mettersi male per lui, con Rete 4 che continua a trasmettere senza mollare le frequenze, in tanti pensano a Di Stefano come a una meteora fuggevole e incapace di reggere la lotta per scalzare dall’etere conteso un osso duro come Berlusconi: "Pensavano che mi sarei fatto da parte", racconta: "Dicevano che non avevo risorse". Mai previsioni furono più sbagliate: di lì a poco Di Stefano avviò la lunga battaglia giudiziaria (vedi scheda) che proprio alla Corte europea ha cominciato a dare i suoi frutti. Con qualche conto in sospeso da regolare. A cominciare dal sistema mediatico, colpevole non solo di avere trascurato i suoi diritti, ma anche, parole sue, "quelli dei cittadini che si sono visti propinare un’informazione addomesticata e asservita al potere". Parole forti quelle di Di Stefano, ma che non sorprendono quelli che ad Avezzano lo conoscono bene, sin dagli anni della scuola e delle fatiche nel Fucino. Già, perché oggi l’imprenditore viaggia in Lamborghini (di autista nemmeno a parlarne, soffre di mal d’auto ed è sempre lui alla guida), nel salone della sua casa spicca un lussuoso pianoforte (ha suonato in vari complessini), ma chi dimentica gli anni in cui faceva il contadino sulle terre paterne intorno ad Avezzano? Pochi ettari e molta fatica per coltivare patate e ortaggi, gli stessi con i quali Di Stefano ha tentato la sua prima intrapresa con un’azienda di succhi di frutta. Durò poco. Come l’università alla facoltà di Medicina a Roma: solo 12 gli esami sostenuti e senza mai frequentare. Il fatto è che a quei tempi (primi anni Settanta) Di Stefano aveva altre passioni: la velocità, che lo spinge troppo spesso sulla pista di Vallelunga; la politica e la Democrazia cristiana, nel cui movimento giovanile sostiene Marco Follini (lo stesso che in questi anni di battaglia non ha mai voluto riceverlo) contro Pier Ferdinando Casini; ma soprattutto ci sono le radio e le tv libere a scaldare il suo cuore. Alla fine sarà proprio l’amore per l’etere a trionfare. Abbandonate le baruffe del Biancofiore marsicano, con una trentina di milioni di lire messi insieme anche con l’aiuto della famiglia, Di Stefano fonda nel 1976 prima una radio poi una tv. Fa di tutto: mette in piedi gli studi, organizza programmi, pianta tralicci, raccoglie pubblicità. Pionierismo puro, ma arrivano anche i primi guadagni. La Marsica però gli sta stretta e Di Stefano cerca uno sbocco a Roma dove nell’83 rileva Tvr Voxon, proprietaria di una radio e di una tv. Prezzo: 1 miliardo 700 milioni di lire, pagato con i ricavi avezzanesi e con un finanziamento del Banco di Roma. Fu un periodo d’oro, con i fatturati pubblicitari che toccano i 6 miliardi di lire l’anno. Nel ’94, dopo avere acquistato l’emittente toscana Teleregione, Di Stefano fa un altro salto organizzando un circuito di 14 tv che dalla Lombardia alla Sicilia raccoglie il meglio dell’emittenza locale. I fatturati lievitano ancora fino a 20 miliardi di lire, con Di Stefano che rifornisce il circuito di pubblicità, ma anche con programmi da lui stesso prodotti con la sua Centro Europa 7, la stessa società che si assicurerà la concessione pubblica nazionale. Il più grande successo è il ’Seven show’, che ha dato i natali a comici come Teo Mammuccari e Max Giusti. Ma non produce solo comici: alimenta il circuito anche con tanti film, cartoni animati e trasmissioni di informazione che vedono sfilare personaggi come Fausto Bertinotti e Oscar Luigi Scalfaro, uno dei pochi che in questi anni ha speso parole in suo favore. con questo background che il signor Nessuno arriva all’appuntamento del 1999 per la gara per le frequenze. Già a gennaio di quell’anno aveva comprato ad un’asta dalla Voxon in crisi lo stabilimento di Tor Sapienza a Roma (successivamente ne rileva anche il marchio con cui produce televisori al plasma in Corea e in Cina): ben 20 mila metri quadrati che Di Stefano ristruttura ricavandone otto modernissimi studi che solo di affitto (oltre alla Rai tra i clienti c’è anche Sky) gli fruttano 3 milioni e mezzo di euro l’anno. Ottime credenziali che permettono all’imprenditore e alla sua Centro Europa 7 (6 milioni di capitale, il 98 per cento detenuto da Di Stefano) di aggiudicarsi la concessione pubblica che non ha mai potuto mettere a frutto. Colpa, spiega lui, di Berlusconi, ma non solo. Tra i nemici mette anche l’ex ministro Maurizio Gasparri ("Quando parla quasi mai sa quel che dice") e Gianfranco Fini ("Una delusione umana, si interessò alla mia vicenda, ma quando capì che si trattava di colpire il Cavaliere si ritrasse imbarazzato"). Nella lista nera compaiono però anche nomi illustri del centrosinistra, a cominciare dall’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi ("Piegò la schiena firmando la vergognosa legge Gasparri") e dal ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, colpevole di avere consentito che "gli avvocati dello Stato si presentassero alla Corte europea a difendere la Gasparri". Gli unici che salva sono l’ex presidente Scalfaro e Antonio Di Pietro, "tra i pochi interessati a una informazione pluralistica". Lui, in nome del pluralismo, è anche pronto a rilevare ’l’Unità’, se l’operazione degli Angelucci non andasse in porto: con la tv potrebbe fare sinergie, ha lasciato intendere. Con una parola d’ordine comune: "Lontani dai politici e al servizio dei cittadini". La sua televisione, spiega, è pronta ad accogliere Santoro, Crozza, Guzzanti e "tutti gli altri che sono stati cacciati dall’attuale sistema". Ci vorranno soldi, ma Di Stefano (che dichiara al fisco circa 100 mila euro l’anno) assicura di non avere problemi. In questi anni ha investito, ha partecipazioni bancarie (Unipol e Cassa di risparmio di Teramo), ha portato a termine operazioni valutarie "con risultati molto interessanti". E poi "ci sono le banche pronte a finanziare la mia tv". Che, a sentirlo, partirebbe con il vento in poppa potendo contare da subito su frequenze che con Rete 4 vantano già un 10 per cento di audience. Per non parlare del suo bingo personale: il risarcimento miliardario che lo Stato potrebbe presto sborsargli. Primo di Nicola