La Repubblica 8 febbraio 2008, Federico Rampini, 8 febbraio 2008
I sei mesi che cambieranno la Cina. La Repubblica 8 febbraio 2008. In un paese dove l´economia di mercato e il capitalismo hanno cancellato altre eredità comuniste, lo sport rimane uno dei settori dove il controllo statale è assoluto
I sei mesi che cambieranno la Cina. La Repubblica 8 febbraio 2008. In un paese dove l´economia di mercato e il capitalismo hanno cancellato altre eredità comuniste, lo sport rimane uno dei settori dove il controllo statale è assoluto. L´allevamento di generazioni di giovani atleti è affidato a un´organizzazione di stampo militaresco e totalitario, che non indietreggia davanti ai costi umani. Chi viene catturato da bambino dentro questo ingranaggio avrà una vita programmata dall´alto, dalla culla alla pensione. Progetto 119: dietro questa sigla anodina si nasconde una gigantesca operazione pianificata da anni per garantire che le Olimpiadi di Pechino siano il trionfo contro l´America. I cervelli del Progetto 119 hanno passato al vaglio tutte le discipline sportive, analizzando debolezze storiche e punti di forza della Cina, e misurando il gap che va colmato per rimpolpare il medagliere. Hanno privilegiato gli sport "pluri-medaglia", che consentono di massimizzare il bottino. La dimensione demografica del paese è una risorsa inestimabile, una marcia in più rispetto ai concorrenti. Con una popolazione che è più del quadruplo di quella americana il bacino umano su cui operare la selezione è fantastico. La miseria in cui versa ancora gran parte del paese è anch´essa un vantaggio. I genitori accettano le sofferenze dei bambini come la chiave del riscatto. I leader hanno mobilitato il più vasto e capillare apparato organizzativo del pianeta. In parallelo con la struttura del partito comunista, le autorità tecniche dello sport cinese presidiano ogni angolo dell´immenso territorio con centri di selezione, reclutamento e addestramento a livelli comunali, provinciali, regionali. Nessun talento può sfuggire a questa rete. Chi ha potenzialità in qualsiasi disciplina viene segnalato dall´età di sei anni ed entra nella formidabile macchina fabbrica-atleti. Qualcuno, da quella macchina è stato progettato ancora prima di nascere. La storia di Yao Ming è la sintesi perfetta e terribile dei metodi con cui la Cina ha preparato la sua ascesa sportiva. Sua madre Fang Fengdi è la più nota campionessa di basket durante gli ultimi anni della Rivoluzione culturale maoista, capitano della nazionale dal 1971 al 1976. In quel periodo di radicalismo violento si macchia di colpe gravi. A Shanghai la giovane Fang è una Guardia Rossa tra le più fanatiche, nei famigerati processi di piazza il suo plotone umilia e tortura Zhu Yong, il commissario politico che dirigeva il settore sportivo. Morto Mao, finita la Rivoluzione culturale, sotto il regno del moderato Deng Xiaoping è riabilitato Zhu Yong che riprende il comando dell´organizzazione sportiva. La campionessa che lo aveva perseguitato cade in disgrazia. Zhu Yong viene messa a fare la donna delle pulizie in un ospizio per atleti in pensione. Ma è ancora nel fiore degli anni e il regime può spremere da lei un frutto prezioso: il patrimonio genetico. I capi della federazione di basket non vogliono sprecare quel fisico eccezionale. La sposano d´autorità con il cestista Yao Zhiyuan, che è stato il più forte giocatore della squadra di Shanghai, anche lui un gigante. da questo accoppiamento "eugenetico" che nel 1980 nasce Yao Ming, misura extra-large fin dal reparto maternità. I medici della federazione sportiva lo passano ai raggi X anno dopo anno per avere conferma che la loro scommessa è stata vincente. All´età di otto anni la sua vita è sottratta all´autorità dei genitori. Un esercito di funzionari di partito, medici, allenatori, e "maestri ideologici" lo plasmano in vista dei futuri traguardi. In un momento di disarmante sincerità – nell´autobiografia che ha pubblicato in America – Yao ricorda: «Da bambino odiavo il basket con tutte le mie forze». Altissimo ma inizialmente lento, goffo e impacciato, viene sottoposto ad allenamenti massacranti per farne un vero talento. Ricorda che le partite di pallacanestro vengono condotte secondo un metodo importato dall´Unione Sovietica: «In un silenzio spettrale, per togliere ogni divertimento». Nella sua autobiografia allude con discrezione al cocktail di farmaci che diventa la sua dieta quotidiana da adolescente, probabilmente importati dalla Germania dell´Est comunista. Secondo l´ex giocatore di basket Xu Jicheng, poi diventato giornalista, «lo sport è il primo settore in cui la Cina si aprì alla competizione internazionale (con la famosa diplomazia del ping-pong all´epoca del disgelo Mao-Nixon), e sarà l´ultimo a riformarsi». Uno choc culturale avviene dopo che Yao Ming si è affermato alla fine degli anni 90 come la star degli Shanghai Sharks, e viene avvistato dai tecnici americani alle Olimpiadi di Sydney nel 2000. La Nba manda i suoi emissari a Shanghai per negoziare l´acquisto. I padroni del basket made in Usa fiutano un affare colossale: reclutare in America un campione cinese può aprire un immenso mercato televisivo in Asia; dietro la Nba ci sono la Nike, la Pepsi Cola e tutto il Big Business delle sponsorizzazioni. Il mondo dello sport cinese, per l´impronta del regime comunista, tradizionalmente ha privilegiato la squadra anziché l´individuo. Le regole occidentali del mondo dello spettacolo impongono al contrario la costruzione di individualità forti, "divi" pronti per l´adorazione dei fan. Gli allenatori che hanno generato in laboratorio Yao Ming diventano più flessibili quando sentono balenare le cifre – uno stipendio iniziale di 10 milioni di dollari in tre anni e un giro di sponsorizzazioni che può raggiungere facilmente il miliardo di dollari. Un negoziatore della Nba che trattò l´acquisto di Yao con la squadra degli Shanghai Sharks ricorda: «Impararono in fretta a trattarlo come un investimento. Sembrava che ci stessero vendendo un Boeing 727». Alla fine i suoi vecchi padroni incassano 15 milioni di dollari. E l´impegno di Yao a onorare scrupolosamente i suoi impegni con la squadra olimpica nazionale. Il suo compagno-rivale Wang Zhizhi, anche lui finito nel campionato americano Nba, per avere snobbato una convocazione della nazionale cinese viene sommerso di attacchi, accusato di tradimento e diserzione, infine costretto a una pubblica autocritica alla tv di Stato di Pechino. Yao Ming ha avuto un assaggio di quel che rischia, per aver "osato" una luna di miele che lo ha fatto tardare di qualche giorno al ritiro pre-olimpico. La storia di Yao ricorda quanto lo sport cinese sia rimasto controllato dalla morsa del regime autoritario; è anche la misura dei compromessi che la Repubblica popolare è capace di fare. Questi Giochi infatti non saranno solo un´orgia di nazionalismo. La nomenklatura comunista ha stretto un patto di ferro con le grandi multinazionali che guardano al mercato di un miliardo e trecento milioni di cinesi. Il patto luciferino tra gli eredi di Mao e il capitalismo mondiale mette la sordina a tutte le critiche su questi Giochi, dagli abusi dei diritti umani alla prepotenza della censura. Dietro Yao Ming c´è la Reebok che lo ha vincolato con un contratto decennale di 70 milioni di euro: l´investimento è così prezioso che ha motivato la Adidas a scalare Reebok pagandola 3,8 miliardi di dollari. La velocità di crescita dei consumi cinesi giustifica questi calcoli. In Cina si apre in media ogni giorno un nuovo maxinegozio con l´insegna esclusiva di Nike o Reebok e Adidas. La faccia di Yao Ming non serve a vendere solo scarpe e articoli sportivi: fa pubblicità anche per MacDonald´s e la carta di credito Visa. Solo un altro sportivo cinese ha raggiunto una fama equivalente e un simile giro di sponsorizzazioni: è Liu Xiang, medaglia d´oro di Atene nei 110 ostacoli, il primo campione di questo paese a espugnare l´atletica leggera. Grazie ai volti di Yao e Liu che tappezzano di manifesti pubblicitari tutto il paese, lo sport cinese è diventato un business da 5 miliardi di dollari all´anno. Inseguendo il miraggio di quella ricchezza milioni di bambini soffrono in silenzio ogni giorno dall´alba al tramonto, nelle palestre e nei campi sportivi di tutta la nazione. Devono garantire che da Pechino 2008 in poi l´egemonia olimpica resterà in Cina per sempre. Federico Rampini