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 2008  febbraio 10 Domenica calendario

In Italiia ci vogliono tre anni per divorziare, ma bastano venti mesi per mandare a casa il Parlamento

In Italiia ci vogliono tre anni per divorziare, ma bastano venti mesi per mandare a casa il Parlamento. In Francia, dove un matrimonio si scioglie in un mese e mezzo e i governi durano di più, un Presidente con maggioranza bulgara riesce a impalmare una nuova moglie ma non a domare i taxisti in rivolta. L’inconcludenza della politica non è soltanto un problema nostro. A qualunque latitudine, io Governi passano, la famiglia resta. Tramontate le grandi utopie, eclissati i valori forti, la mondializzazione genera un senso di insicurezza e di paura, incrina lo Stato nazionale, spunta le unghie ai poteri pubblici. E spinge i cittadfini a rifugiarsi nella sfera privata, in quella che si potrebbe definire una ”rivoluzione dell’initmità”. Lo sostiene, in un pamphlet controcrrente, il filosofo Luc Ferry, già ministroi dell’Educazione e Ricerca. Il titolo del libro (Famiglie, vi amo!, appena tradotto da Garzanti) allude alla celebre invettiva di Gide contro il perbenismo borghese e la tirannia del matrimonio. Ferry capovolge la battuta, esaltando il ruolo dei legami amorosi e affettivi nella società attuale. Chi ha detto che la famiglia è in declino? Tutt’altro: è una delle rare istituzione sopravvissute alla fine dell’Ancien Régime. Il vincolo familiare è più forte, più ricco, più intenso oggi in Europa che mai prima nella storia. Nel bene e nel male: dare un’occhiata ai cognomi sulle porte degli studi legali o delle facoltà di Medicina. E poi ,quale faniglia rimpiangiamo? I matrimoni dei nostri nonni o bisnonni erano spesso minati dal’ipocrisia e ”le donne che sacrificavano la loro vita sentimentale e professionale al focolare domestico erano le prime vittime di queste unioni destinate a rispettare le convenzioni sociali più che le esigenze dell’individuo». Le cose peggiorano quanto più si risale indietro nel tempo. Prendiamo l’amore genitoriale: nel ’500 un umanista comne Montaigne confessava di non ricordarsi il numero esatto dei figli che gli erano morti mentre erano a balia. Due secoli dopo il filosofo Rouseau, autore dell Emilio (il saggio più importante mnai consacratoi all’educazione), abbandonò cinque figli come se niente fosse. Bach e Lutero persero entrambi una decina di pargoli, certo con dolore, «ma abituandosi inf retta all’idea». Neonati e lattanti, a quell’epoca, erano cionsiderati esseri in nuce, poco meritevoli di rispetto. Fino al ’600, i catechismi si soffermavano lungamente sui doveri dei figli verso i genitori, quasi mai nsull’opposto. Sarà l’industrializzazione, l’avvento delle democrazia liberali, conclude Ferry, a mettere al centro della società i rapporti affettivi e interpersonali. Siamo proprio sicuri che la modernità indurisca i cuori?