La Stampa 10 febbraio 2008, M. TR., 10 febbraio 2008
Senza esito lo stanziamento. La Stampa 10 febbraio 2008. La talpa che avrebbe dovuto scavare il tunnel di Venaus - dopo mesi di giacenza in un deposito canadese con affitto mensile di 5/6 mila euro - è custodita nei magazzini della Cmc di Ravenna, la cooperativa che si è aggiudicata la gara d’appalto (96 milioni) per lo scavo del cunicolo di base
Senza esito lo stanziamento. La Stampa 10 febbraio 2008. La talpa che avrebbe dovuto scavare il tunnel di Venaus - dopo mesi di giacenza in un deposito canadese con affitto mensile di 5/6 mila euro - è custodita nei magazzini della Cmc di Ravenna, la cooperativa che si è aggiudicata la gara d’appalto (96 milioni) per lo scavo del cunicolo di base. Il gigantesco macchinario è imballato in attesa di essere assemblato. « tutto fermo, congelato ma siamo pronti a partire», spiega Dario Foschini, direttore generale della società. La Cmc attende paziente «che vengano fatte delle scelte» nella speranza che la talpa - acquistata per 5 milioni di euro - possa essere utilizzata a Chiomonte. «Siamo in assoluta situazione di attesa», continua Foschini. Tutta la Tav dal lato italiano è in queste condizioni. Dal 1994, quando Italia e Francia decisero di finanziare un programma di studi per la Torino-Lione, Roma ha impegnato 192 milioni di euro di fondi nazionali e altri 134 di contributi comunitari. In tutto 322 milioni. Opere realizzate? Zero. Anzi: una. Nell’ottobre 2005 è stato realizzato il sondaggio S42 in località Seghino di Mompantero. A bilancio bisogna inserire anche la recinzione dell’area e l’insediamento di un impianto elettrogeno a Crotte di Chianocco dove avrebbe dovuto essere effettuato il sondaggio S39 e la recinzione e la collocazione di macchinari da scavo nel sito di Venaus. Tutto smantellato per la resistenza del movimento No Tav. Di quei fondi 50 milioni sono serviti per finanziare gli studi che hanno portato alla progettazione definitiva della tratta internazionale che prevede l’uscita del tunnel a Venaus. L’altra metà è stata messa dai francesi. Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) ha cercato di adattare il progetto definitivo al nuovo tracciato con uscita a Chiomonte. L’Unione Europea ha preso atto delle difficoltà in Italia e dal 2005 ha iniziato a concentrare i finanziamenti sul lato francese: 48 milioni per la discenderia di La Praz e altri 20 l’anno dopo per Modane. Francia, Italia e Ue dal 1994 hanno impegnato nella Tav 629 milioni di euro a cui se ne aggiungono altri 17 relativi al periodo 1994/2001. Fondi che sono stati così ripartiti: 356 per le discenderie, 112 per i cunicoli esplorativi (Venaus), 101 per gli studi e 60 per la direzione lavori. Sul lato francese Ltf ha completato gli scavi per la discenderia di Modane (risparmiando una decina di milioni) e conta di ultimare entro la fine dell’anno quelli per La Praz e St. Martin. Dopo non ci sono più opere da fare. Per questo motivo Ltf, prima della crisi del governo Prodi e in vista delle convocazione del tavolo politico (poi aggiornata al prossimo mercoledì), ha scritto una lettera al ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, per sottolineare i rischi di una prosecuzione oltre misura della situazione di stallo. I legali di Ltf, infatti, valutano che la modifica del tracciato non provochi modifiche sostanziali al contratto stipulato con la Cmc per lo scavo di Venaus e dunque se «la decisione del nuovo imbocco fosse definitivamente consolidata» Ltf sarebbe in grado di fare un nuovo contratto con un «modesto impatto economico». Poca cosa a fronte delle spese da sostenere in caso di rottura del contratto. Ma se il governo non deciderà, Cmc potrebbe ricorrere alla procedura d’arbitrato e chiedere i danni. Senza considerare la necessità di fare una nuova gara d’appalto. Con costi aggiuntivi e «ritardi sull’intera operazione». M. TR.