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 2008  febbraio 10 Domenica calendario

A lezione di cinema. La Repubblica 10 febbraio 2008. lo scorso anno ho girato un film. Prima l´ho scritto e poi l´ho diretto, come si dice

A lezione di cinema. La Repubblica 10 febbraio 2008. lo scorso anno ho girato un film. Prima l´ho scritto e poi l´ho diretto, come si dice. Strana esperienza. Dopo decenni spesi in sale buie a farmi stregare dal cinema, mi è successo di passare dall´altra parte, e di scoprire come lo fanno. Non sto a farla lunga, ma praticamente è stato come andare a scuola. Ho imparato un sacco di cose, e adesso che il film è finito - proprio adesso che definitivamente lo stanno stampando, facendolo diventare un oggetto irreversibile, come un ritratto, come un chiodo stortato - mi viene da festeggiare mettendo insieme un breviario di ciò che ho capito, o che almeno mi è sembrato di capire. In ordine alfabetico, che è pur sempre un ordine. Attori Ecco le cose da sapere sugli attori. 1. Metà del talento di un regista consiste nello sceglierli bene. La cosa, peraltro, è difficilissima. Fare un casting è come riconoscere un uovo sodo in una confezione da dodici di uova fresche. O sei bravo a guardare attraverso il guscio, o quello di cui hai bisogno è una gran fortuna. 2. Quando sul set, girando, un attore si commuove davvero, quello è un momento bellissimo: ma è esattamente la scena che non monterai mai. Al cinema un attore che si commuove davvero è meno convincente di un attore che si commuove per mestiere. una questione di vicinanza dello sguardo, di implacabilità della macchina da presa. Infatti a teatro, secondo me, è il contrario. 3. Contro ogni previsione, girare prima il finale e dopo la scena iniziale, o spezzettare una scena d´amore in due giorni di riprese è una cosa che agli attori non complica la vita. A te, la complica, ma non a loro. Sono abituati, in fondo preferiscono così. Quindi il modo migliore per fargli dire bene «Ma sei scemo?» è mollargli la sberla una settimana prima. 4. Vengono meglio le attrici con gli zigomi alti, sempre e comunque. 5. Un attore veramente bravo lo riconosci dal fatto che sul set, quando vai a imporgli un dettaglio, o a suggerirgli un altro modo di fare la scena, lui sta a sentire e poi dice: grazie. Budget I film sono cari. Per fare un buon film, in Italia, ci vogliono più o meno gli stessi soldi che Lele Mora si è messo in tasca invece di darli al Fisco (o almeno così sostiene il Fisco). Ciac Se sei bravo, alla fine te lo regalano. Come le orecchie del toro al torero. Controllo In assoluto la cosa più difficile del mestiere del regista. Mantenere il controllo di quello che stai combinando, sapere cosa stai facendo, in qualsiasi momento. Anche scrivendo libri è una faccenda complessa, ma scrivere è un gesto compatto, dove sistemi tutti i diversi tasselli nello stesso momento. Costruire una frase è un gesto sintetico, come fare le formine sulla spiaggia. Nel cinema è diverso. La sintesi è alla fine, tu lavori sempre su porzioni provvisorie. Hai sottomano qualche tassello, e tutti gli altri te li devi immaginare o ricordare. Giri un finale senza aver girato l´inizio, scegli costumi senza poterli mettere addosso agli attori, scrivi battute senza sapere chi le dirà, monti il film senza i rumori d´ambiente (allucinante), per tutto il tempo lavori vedendo passare il film su schermi piccoli dove la luce, i colori e la definizione c´entrano poco con quello che si vedrà sullo schermo. Cose così. Come correre tenendo la testa in un sacchetto del pane (provate…). Per fare un esempio scemo, a me è capitato di dover scegliere i rumori che un attore faceva raschiando sul ghiaccio con due strumenti diversi, uno per mano: per imperscrutabili ragioni tecniche il rumore della mano sinistra l´ho scelto in un laboratorio a Roma nord, quello della destra in un ufficio dall´altra parte della città. Naturalmente senza poter ascoltare gli altri rumori d´ambiente e la musica. Si può lavorare così? Sì, si può, lo fanno tutti, e questo perché tra le decine di artigiani che lavorano a quella faccenda ce n´è uno che sempre, dico sempre, ha in mente tutto, e ha il film in testa, e non smette mai di vedere nel riflesso dell´acqua l´intero fiume, e nel singolo volo l´intero stormo, e in una risata tutta una vita. E quello sei tu, il regista. Capirete che uno, poi, di notte, non dorme proprio benissimo… Digital Intermediate Detto confidenzialmente «DiAi». Acquisizione abbastanza recente. Pochi sanno esattamente come funziona, ma in sostanza si prende il montato, lo si converte in materiale digitale, si pasticcia un sacco, e poi lo si fa tornare pellicola: quella che poi gira nel proiettore. In teoria è una figata pazzesca perché, nell´allegro intermezzo digitale, tu puoi mettere le mani dove vuoi e fare il lifting al tuo film. In pratica, la sensazione è molto simile a quando ti regalano un culatello e tu lo metti in freezer: hanno un bel giurarti che poi quando lo scongeli sarà uguale, ma il dubbio che stai facendo una boiata pazzesca non te lo toglie nessuno. Doppiaggio Dato che il mio film è girato in inglese (non è il caso di spiegare, adesso, perché), mi è toccato il trauma di fare il doppiaggio per l´edizione italiana. La prima volta che, seduto lì, senti il tuo attore australiano parlare come nei documentari sulla vita dei castori, e farlo in una lingua in cui lui sa solo dire «spagheticarbonari», pensi naturalmente all´Esorcista. E non è un bel momento. Ma quindici giorni dopo ti può anche accadere di vederti tutto il film doppiato e godertela proprio, a conferma che siamo un paese di eroi, santi, navigatori e doppiatori. Esercito Non mi è chiaro perché ma il cinema ha un´organizzazione sottilmente militare. Molto contano le gerarchie. Si direbbe che tutti ne abbiano bisogno. Niente può mandare in palla il sistema come un runner che mette l´occhio nella camera da presa (sacrilegio) o un regista che fa sedere sulla sua sedia il parrucchiere. Riverbera, in una simile e apparentemente babbea rigidità, l´idea, appunto militare, che se ognuno resta al suo posto nulla può veramente succedere che possa poi sorprenderci. una convinzione errata, ma io mi ci sono trovato bene, perché in quell´errore ho passato tutta la vita. Faq Domanda: che differenza c´è tra fare lo scrittore e fare il regista? Risposta: la stessa che c´è tra suonare il pianoforte e dirigere un´orchestra. In un certo senso, sempre musica è. (Va aggiunto, per dovere di cronaca, che di pianisti veramente bravi a dirigere ce n´è forse due, nel mondo.) Graduatorie Domanda: è più difficile scrivere un libro o girare un film? Risposta: girare un film, almeno nel senso in cui è più difficile stare in piedi su una meringa che dipingere la Cappella Sistina. Hurt, John Vedi Star. Inquadrature Volendo puoi anche girare facendo tutte le inquadrature possibili (su di lei, su di lui, tutt´e due, da sotto, da sopra, di fianco): poi scegli in montaggio. Ma è come sfarfallare al calciobalilla. Lezione ventuno  il titolo del mio film. In origine l´avevo intitolato Freude, che è la parola tedesca con cui inizia l´Inno alla Gioia di Schiller musicato da Beethoven nella Nona sinfonia. Mi suonava bene. Freude. Al terzo che mi ha detto «un film su Freud?», ho deciso di cambiare. Comunque il film parla in effetti della Nona di Beethoven. Della Nona e della vecchiaia: curiosamente, due cose di cui non ho nessuna esperienza diretta. Va´ a capire. Fine dell´intermezzo pubblicitario. Manifesto Se il film va male la colpa è del manifesto, sbagliato. Montatore Ci son solo tre figure, nella vita, con cui è dato raggiungere un livello di vera, incondizionata intimità, pur senza fare sesso: quando ti spacchi un ginocchio, il tuo fisioterapista; quando sei cattolico, il tuo confessore; quando giri un film, il tuo montatore. N  incredibile come io non abbia imparato niente che inizi con la N. Obbiettivi Sono le lenti che l´operatore mette sulla macchina da presa. Puoi scegliere tra una dozzina di soluzioni diverse. I veri talenti non sbagliano mai. Va anche detto che, in genere, l´obbiettivo che scegli l´hanno lasciato in albergo. Produttori Una cosa che ho capito è che il vero autore di un film, nel senso più limpido del termine, è il produttore. Voglio dire, è lui che vede una costellazione là dove ci sono solo stelle: il talento di un regista, il mestiere degli artigiani, una certa quantità di soldi, i grandi attori, gli attori bravi ma non famosi, una certa storia, un certo pubblico: di per sé sono relitti sparsi che vanno alla deriva, lui ne fa una zattera per navigare. Che poi ne esca un film di Natale o Full Metal Jacket, quella è un´altra faccenda. Ma in origine il suo gesto non è quello di un contabile che fa quadrare i conti, ma quello di un creatore che dove gli altri vedono una cava di pietre vede il cantiere di una cattedrale. Poi noi ci andiamo a fare la messa cantata, là dentro, ma lo spazio è figlio suo, era nella sua mente, ed è l´incubo di sonni suoi, e talvolta il sogno. Quanto manca? Domanda ricorrente sul set. Va sottinteso «alla pausa pranzo». Rugby Nel rugby, dice la saggezza popolare, c´è chi suona il pianoforte e chi lo sposta. Non è molto differente nel cinema. Il regista lo suona, il macchinista lo sposta. Il direttore della fotografia lo suona spostandolo, l´aiuto regista lo sposta suonandolo. Il montatore lo suona quando tutti se ne sono ormai andati, e lo scenografo quando ancora non è arrivato nessuno. Alla fine, stufo, il distributore lo vende. Star Attori apparentemente simili agli altri. Solo che sullo schermo lasciano il segno anche solo deglutendo. Io ne avevo uno, nel mio film. Deglutiva da dio. Sopraluoghi Si va in giro per il mondo a cercare il posto giusto in cui girare. Delizioso. Prima vanno gli specialisti, poi, fatta la scrematura, arriva il regista. Allora lui si aggira come un rabdomante, cercando l´ispirazione, e tutti gli altri lo seguono, parlando piano, e senza fare domande. Nel caso di location in esterno può capitare che il regista a un certo punto si allontani silenzioso, come preso da subitanea illuminazione. Tutti lo seguono. Allora il regista dice che sta andando a pisciare. Tutti si allontanano. Tempi morti Nei tempi morti, sul set, gli attori leggono libri. Sempre per quella storia che sono uno scrittore che ha girato un film, ho spesso pensato, guardandoli, che lì c´era una morale da cogliere. Solo che non sono mai riuscito a capire quale. Uscita Scegliere quando far uscire un film nelle sale è un´arte, e anche il gioco d´azzardo preferito dalla gente del cinema. Analogamente alla dermatologia, è una scienza inesatta, che avvita dogmi indiscutibili sulla pacifica ammissione che nessuno ci capisce niente. Nel caso di un film normale, si tratta, come in una specie di campo minato, di scegliere il weekend giusto evitando Natale, Pasqua, i ponti col sole, le settimane bianche, l´uscita dei grandi film americani, l´uscita dei film europei concorrenti, eventuali elezioni, i mesi estivi, la finale di Champions, il festival di Sanremo e la prima comunione del figlio del regista. Il mio film, ad esempio, uscirà nel 2017. Visione Alla fine la si può raccontare così: ti accade un giorno di mettere a fuoco un sorta di visione, e mesi dopo, magari anni dopo, ti siedi in una saletta e ti aspetti di trovarla sullo schermo, diventata materia, e dunque visibile anche dagli altri. Nel passaggio dalla mente allo schermo ne sono successe di tutti colori, e in ogni momento di quel casino il tuo vero compito era in definitiva non perdere contatto con la tua visione - salvarla. Non hai fatto altro che quello. Per mesi hai tenuto per mano un bambino al luna park cercando di non perderlo. Anche qui si potrebbe dire che in fondo quando scrivi un libro non è poi tanto diverso. Ed è vero. Ma nel cinema quella acrobazia invisibile che è restare fedeli a una propria visione diventa un esercizio fisico da compiere in mezzo a un gran piroettare di cose e persone, e con l´aiuto di un sacco di maestri. Nel cinema partorisci in pubblico, come le regine. Questo genera una sorta di progressivo sfocamento della tua visione originaria, un suo veloce scivolare nel buio. Paradossalmente, più impari il mestiere e i tuoi occhi diventano capaci di guardare il set, meno riesci a mantenere uno sguardo vero sulla visione originaria. Può suonare assurdo, ma alla fine, per fare il cinema, devi accettare di diventare cieco. una cosa che coi libri non succede. Quando perdi contatto con la visione d´origine ti interrompi e aspetti. Nel cinema è più complicato. Avete presente quelli che a un certo punto della loro vita sono diventati ciechi, per un incidente, una malattia, un caso? Provate a immaginare il gesto ostinato, difficilissimo e poetico con cui tengono aggrappati alla loro memoria un paesaggio visto da bambini, e la forma di un campo da calcio, e la faccia del loro migliore amico. Fare il cinema a me è sembrata una cosa del genere. Al termine della quale ti portano in una sala buia, davanti a uno schermo, dove per quanto possa sembrare incredibile tu rivedi il paesaggio, il campo e l´amico. Quando sono identici a come te li ricordavi, allora è una sensazione che non si può dire. Zoo Dato che gli sceneggiatori guadagnano meno, si divertono meno, e sono meno famosi dei registi, si vendicano scrivendo scene in cui compaiono animali. Alcuni, i più cattivi, scrivono scene con animali e bambini. Accade di rado, ma alcune personalità disturbate arrivano a scrivere scene in cui animali e bambini stanno in mezzo alla neve, o sotto un diluvio, o in una tempesta di vento. In quei casi, lo sceneggiatore, prudenzialmente, non va sul set. In altri casi ci va, ma nessuno se lo fila. Allora lui torna casa a scrivere una scena in cui sette bambini inseguono un tacchino sotto una tempesta di neve sulla spiaggia di Sabaudia. Di notte. Alessandro Baricco