Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  febbraio 10 Domenica calendario

La guerra del sale. Corriere della Sera 10 febbraio 2008. Tutto il mondo cerca di ridurne il consumo

La guerra del sale. Corriere della Sera 10 febbraio 2008. Tutto il mondo cerca di ridurne il consumo. Ora anche l’Italia Troppo sale guasta. Il sapore, ma soprattutto le arterie. Le autorità sanitarie pensano a come ridurne l’assunzione «Se il sale perdesse sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato?». L’interrogativo dell’evangelico Discorso della montagna è oggi diverso: il problema è come riuscire a ridurre il sale nell’alimentazione – la rinuncia al sapore è questione secondaria ”, problema che è diventato una delle priorità nelle politiche sanitarie mondiali. Giusto a giugno dell’anno scorso, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato «inoppugnabile» la prova che l’eccesso di sodio sia la causa dell’ipertensione e di malattie croniche cardio e cerebrovascolari. In linea con una propria raccomandazione del 2003, l’Oms ha ribadito che il consumo giornaliero di sodio non deve superare i 2,4 grammi (pari a 6 grammi di sale: un grammo di sale contiene circa 0,4 grammi di sodio). Non solo. L’organismo internazionale ha chiesto una riformulazione degli ingredienti nella lavorazione industriale dei cibi confezionati con un utilizzo minimo del sodio, assieme a campagne di educazione dei consumatori e alla creazione di condizioni che facilitino la scelta di cibi a basso contenuto di sodio. A settembre, sulla rivista scientifica Jama, i medici americani hanno lanciato un appello alle autorità politiche mondiali perché intervengano sul consumo di sodio da parte della popolazione: dimezzare il sale salverebbe ogni anno più di 4 milioni di vite. I dati parlano chiaro. La maggioranza della popolazione mondiale consuma fra i 5,7 e gli 11,5 grammi di sale. In Italia, il consumo pro-capite si aggira tra i 10 e i 14 grammi al giorno. Con un andamento tra le fasce dei più giovani che fa riflettere: «Tutti pensiamo che la pressione alta sia un problema degli anziani. Invece, riguarda ormai anche i bambini », spiega Catherine Leclercq, dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione ed esperto scientifico di una commissione dell’ Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (Efsa). La scorsa settimana, il Consensus action on salt and health, un gruppo di medici britannici che si occupa del problema, ha reso pubblica un’inchiesta sui 170 prodotti «in voga» tra i ragazzi. Ebbene la maggior parte dei dessert, degli snack e delle bibite zuccherate contengono sale. E, fatto ancora più sconcertante, pochi degli oltre duemila genitori intervistati al riguardo sapevano che i dolci possono contenere più sale degli snack considerati, di solito, più saporiti. Nel Regno Unito, però, il Governo ha fissato l’obiettivo di ridurre il consumo di sodio del 33 per cento in cinque anni, dicendo in sostanza alle aziende di adeguarsi, e ha introdotto un’etichetta a «semaforo », che individua cioè i prodotti ad alto (rosso), medio (giallo) e basso (verde) contenuto di sodio. Il tipo di etichetta, per intendersi, chiesta a gran voce dalla confederazione europea delle organizzazioni dei consumatori indipendenti (Beuc). Anche dopo il 30 gennaio scorso, quando la Commissione europea ha proposto una nuova etichetta nutrizionale che impone tra l’altro l’indicazione del contenuto di sale per porzione o per 100 millilitri al grammo di prodotto. Altri Paesi stanno facendo da apripista. La Finlandia ha ridotto il consumo di sale del 40 per cento, con una battaglia fianco a fianco delle aziende produttrici fin dagli anni Settanta. Anche Irlanda, Australia e Nuova Zelanda hanno programmi di riduzione del sodio, in fase molto avanzata. In Italia, qualcosa si sta muovendo. Un anno fa, il Ministero della salute ha approvato il piano sanitario «Guadagnare salute» e il 3 maggio sono stati firmati protocolli d’intesa con rappresentanti di 22 organizzazioni del sindacato, delle imprese e dell’associazionismo. «Abbiamo raggiunto un accordo per ridurre del 20-25 per cento il quantitativo di sale aggiunto nel pane», annuncia Donato Greco, responsabile del dipartimento prevenzione del Ministero della salute. Si passerà così da un chilo a 880 grammi di sale per ogni quintale, ma con gradualità: il dieci per centro entro tre anni, il resto entro cinque. Alle associazioni dei consumatori non basta. «Chiederemo al Ministero della salute – dice Emanuele Piccari dell’Unione consumatori – di prevedere una riduzione fino al 10-15 per cento della quantità di sale negli alimenti preconfezionati, da ridurre o in via volontaria o per decreto». Ruggiero Corcella