Corriere della Sera 9 febbraio 2008, Maria Laura Rodotà, 9 febbraio 2008
La ruga deprime Hillary ma spinge l’eroe di guerra. Corriere della Sera 9 febbraio 2008. Ora lo chiamano «ageism», in America
La ruga deprime Hillary ma spinge l’eroe di guerra. Corriere della Sera 9 febbraio 2008. Ora lo chiamano «ageism», in America. Età-ismo. Fa rima con razzismo e sessismo; e a volte si combina; capita, anche a signore potenti come Hillary Clinton. Anzi, è un’arma letale degli anti-hillaristi, un non-detto molto visto quando la sessantenne ben portante viene affiancata al tonico quarantaseienne Barack Obama. Riassunta con vispa scorrettezza politica dal commentatore Christopher Hitchens: «E’ una donna che invecchia, e non vogliamo vedercela invecchiare davanti agli occhi ». Con un uomo non sarebbe stato così pesante (così cafone), ovvio. Sulle rughe, in America e fuori, siamo ancora lontani dalle pari opportunità e tendenti al doppiopesismo: nelle donne sono sicuramente vecchiaia, negli uomini possono essere rassicurante esperienza. Anzi, l’esperienza può essere un’ottima scusa quando qualche maschio che ti piace (anche politicamente) viene criticato causa aspetto anziano. Perché l’ageism minaccia anche gli uomini, ormai. Specie quando si propongono per lavori impegnativi come la presidenza degli Stati Uniti. Sta succedendo a John McCain, senatore dell’Arizona, che ha 71 anni e li dimostra tutti. Problema: la sua faccia rugosa può andar bene contro una signora con dieci anni meno di lui (comunque ritenuta vecchia) ma non con un quasi ex giovanotto che potrebbe essere suo figlio. Soluzione: scartata l’ipotesi di inviargli una squadra speciale di medici estetici (Mac non è il tipo, da reduce del Vietnam li caccerebbe con mitragliate alla Rambo), si può esaltare la sua faccia millerughe. Ogni ruga un pezzo di vita, ogni vita un’esperienza. Ogni analisi delle rughe, come quella apparsa in questi giorni sul blog pettegolo-politico-pesantemente ironico 263.com, può raccontare la sua storia, e sdrammatizzarla per i più sensibili. Per dire: McCain è stato sei anni prigioniero di guerra in Nord Vietnam. Una serie di rughe sul lato destro della faccia sono indicate come effetti della tragica situazione: «Preso prigioniero. Merda». «Tortura. Ahi». Sempre il lato destro ha risentito delle traversie politiche: «Rudy Giuliani si candida. Mannaggia». «Rudy Giuliani mi appoggia. Ahi». E poi ci sono stati «gli spot di Mitt» Romney, e «la faccia di Mitt», in effetti in culto della campagna elettorale, fino al ritiro. Il lato sinistro della faccia di McCain ha invece risentito dei guai personali: «Lontano da Carol» (la prima moglie); «Carol ingrassa»; «Carol invecchia» (rieccoci); seguono l’incontro con Cindy, il divorzio da Carol, altri tre figli con Cindy, Cindy dipendente da farmaci vari e indagata per furto di farmaci da una sua organizzazione benefica, eccetera. Morale, per ogni ruga di Mac c’è un buon motivo, comunque un motivo. Le rughe di Hillary (in quanto donna) sono un’altra storia. Si potrebbe fare una mappa facciale anche per lei («Sconfitta nell’Arkansas. Ahia»; «Bill con Monica Lewinsky. Accidenti a lui», ecc. Si preferisce, anche lei preferisce, sicuramente il suo staff preferisce, andare di iniezioni che spianano. Come è noto a qualunque donna occidentale sopra i sedici anni, tali iniezioni vanno fatte a intervalli regolari. Probabilmente Hillary ha approfittato del Super Tuesday a New York per andare dal suo medico di fiducia. E la sera, dopo settimane di campagna terrificante, pareva, giustappunto, distesa. I media anglosassoni, noti cani da guardia della democrazia e delle epidermidi, hanno indagato. E, riferisce il Times di Londra, «i suoi portavoce hanno negato ipotesi di chirurgia plastica, ma sono rimasti silenti sul Botox». Deduzione, Hillary si fa il Botox; come oramai probabilmente l’ottanta per cento delle donne sopra i cinquanta con soldi/ visibilità/incarichi pubblici in America e Regno Unito (e altrove). Come tante donne fanno non solo per piacere, anche per non venire dismesse in quanto vegliarde. Come fanno tanti uomini, anche, ormai. Basta, per dirne una, guardare bene l’ex rivale di McCain, Mitt Romney. Muove pochissimo i muscoli facciali, ha l’aria, si dice qui, di uno «botoxed into submission » (e non gli è servito, sulle rughe c’è doppiopesismo si diceva; certo se Obama fosse una donna quelle fascinose zampe di gallina le dovrebbe annientare col botulino, pure lui). Maria Laura Rodotà