Corriere della Sera 10 febbraio 2008, Gian Luigi Paracchini, 10 febbraio 2008
L’ultima Polaroid, addio al mito anni ’70. Corriere della Sera 10 febbraio 2008. Addio Polaroid, sarai ricordata con tanto affetto
L’ultima Polaroid, addio al mito anni ’70. Corriere della Sera 10 febbraio 2008. Addio Polaroid, sarai ricordata con tanto affetto. Finisce qui l’avventura della foto istantanea così incredibilmente amata sia dai dilettanti allo sbaraglio sia dai grandi artisti e non soltanto del clic. Ne danno il triste annuncio da Boston i responsabili della storica azienda che dopo aver cominciato due anni fa a ridurre e poi a sospendere la produzione delle macchine fotografiche, hanno ora annunciato il definitivo semaforo rosso anche per le pellicole. Circoleranno ancora fino a tutto il 2009. Poi diventeranno merce di culto. Ma al lutto si associano pure i tanti fans di questo marchio e soprattutto di questo strano e rivoluzionario (ai tempi) modo di fotografare: bastava scattare e attendere una manciata di secondi. La foto era pronta. Chiaro che la dipartita sia nell’ordine delle cose. Nata 60 anni fa come soluzione avveniristica, la Polaroid oggi soffre l’era digitale e lo sfrenato consumo d’immagini a mitraglia con macchine e telefonini. Ed è diventata un residuato fascinoso e demodé: come certe motociclette uccise dalla benzina verde. Non a caso nel 2001 aveva evitato la bancarotta per un pelo, grazie all’acquisizione da parte d’un fondo d’investimento che però ha ordinato di fare piazza pulita. Gradualmente si sono chiusi gli stabilimenti nel Massachusetts, in Messico e Olanda. Dai 21 mila del 1978, i dipendenti sono diventati ora 150, tutti nell’ormai unica sede vicino a Boston. Anche per la madre dell’istantanea è pronto un futuro integralista sul fronte digitale. Giusto per sopravvivere. Ma al di là della fatale e inarrestabile emarginazione dal mercato, la Polaroid va celebrata come uno di quei simboli che è andata ben oltre la sua funzione tecnica, diventando un importante strumento artistico. Per esempio nelle mani di Andy Warhol, probabilmente il massimo esegeta della filosofia Polaroid, che ha quasi sempre usato come base per i celebri ritratti multipli, a Marilyn Monroe, Liz Taylor, Jackie Kennedy e ad alcuni dei più celebri stilisti italiani come Krizia, Armani, Valentino. Anche Mario Schifano, il più grande artista italiano di Pop Art, non lasciava mai la sua macchinetta con cui si sbizzarriva «fermando» immagini televisive, nudità femminili più o meno celebri, scarpe e altri soggetti feticistici che poi includeva sulle sue tele mischiandole in libertà alle vernici. Fedele alla Polaroid è stato anche un altro grande artista come David Hockey e con lui, spesso in modo provocatorio o ambiguo, i fotografi Robert Mapplethorpe e Helmuth Newton, la cantante Patti Smith e, facendone una compagna indivisibile anche fuori dai film, il regista Wim Wenders. Ragguardevole nell’arte, curiosa nel costume per come ha liberato certi impulsi esibizionistici (magari entro le mura domestiche) e atteggiamenti più hard che art, agghiacciante in momenti tragici della nostra storia, come l’immagine scattata dai brigatisti al prigioniero Aldo Moro, la più famosa in una foto-sequenza di altri rapiti eccellenti come Paul Getty jr. Intendiamoci, anche in era digitale, la Polaroid non era andata completamente in pensione. Usatissima per esempio sui set cinematografici e puntuale nel backstage di ogni sfilata per le prove alle modelle. Scatti cari: un caricatore da 10 pose costa anche 24 euro. Prima di versare lacrime amare, il popolo dell’istantanea può sperare (non è escluso) che l’azienda trovi un generoso partner per continuare a rifornirlo. Intanto sul sito della Polaroid è già scattata, in chiave nostalgica, quella che diventerà la più grande raccolta d’immagini Polaroid del mondo. Gian Luigi Paracchini