Avvenire 7 febbraio 2008, ANGELA CALVINI, 7 febbraio 2008
«Io, laica, sfido il teatro col Testori più cristiano». Avvenire 7 febbraio 2008. «Testori è un grandissimo autore, troppo poco conosciuto in Italia
«Io, laica, sfido il teatro col Testori più cristiano». Avvenire 7 febbraio 2008. «Testori è un grandissimo autore, troppo poco conosciuto in Italia. Perché il suo essere cristiano ha provocato dei pregiudizi ingiustificati». A dirlo è Iaia Forte, una delle più grandi attrici della scena italiana, che si è «innamorata di questo autore a prima vista». Ora debutta (stasera al Teatro Leopardi di San Ginesio, Macerata) in Erodiade di Testori di cui lei cura produzione, regia ed interpretazione per il Teatro Stabile delle Marche. Lo spettacolo sarà in tournée sino al 19 aprile toccando tra l’altro Forlì, Firenze e Milano. Signora Forte, «Erodiade» venne scritta nel 1969 per Valentina Cortese, che non se la sentì di interpretarla. Lei come si pone di fronte a questo personaggio che per Testori «rappresenta la nostra perplessità ad accettare l’incarnazione di Cristo »?. «Ho scoperto Testori interpretando il suo Ambleto con Federico Tiezzi e ne sono rimasta folgorata. Ho scelto di mettere in scena Erodiade perché mi riguarda da vicino. Innanzitutto la lingua, così potente e poetica, mi coinvolge come attrice in una esperienza più profonda, esistenziale. Poi, in un teatro sempre meno autentico, questo testo riporta alla ’necessità’ di assistere a qualcosa che vada oltre lo spettacolo. Infine c’è la domanda forte sul senso dell’esistenza». Sono domande che anche lei si pone? «Certo. Questa donna terribile, che vuole la testa di Giovanni Battista, in realtà è ’infettata’ da lui, lei così carnale è toccata dalla sua spiritualità. Le domande di natura cristiana su un altrove, sul senso della vita, riguardano credenti e non. Un essere umano con una certa coscienza non può non porsele». Lei è credente? «Purtroppo no: sono una non credente non pacificata, sono alla continua ricerca. Per questo posso permettermi di dire che Testori è stato vittima di un pregiudizio sbagliato. una cultura stupida quella che ha limitato la diffusione di questo autore. Perché il teatro è, comunque, il luogo della sacralità». Per questo ha deciso di produrre questo spettacolo in proprio? «Anche noi attori dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. Io lamento la condizione degli attori in Italia: non c’è più morale né preparazione. Il risultato è che uno come Corona gira una fiction o che in tv fanno carriera le donne protette dai politici. Io ho una piccola casa di produzione con la quale porto in scena le cose che difficilmente si vedrebbero a teatro, come questa Erodiade o come il mio prossimo progetto, un testo di Copi che smitizza Evita Peron, altra donna potente e disperata ». Parallelamente lei continua a lavorare con grandi registi. «Ho avuto la fortuna di lavorare sempre con grandissimi registi che mi hanno fatto crescere: Toni Servillo che mi ha lanciata, Carlo Cecchi che mi ha insegnato a proteggere la mia diversità in un mondo di attori omologati, Tiezzi, Ronconi, maestro assoluto che stimola lo spettatore anche con scelte difficili». E il pubblico italiano pare rispondere con un ritorno nei teatri. «Nonostante lo strapotere della tv, il teatro non finirà. Il problema sono i teatri con stagioni sempre più immiserite dalla mancanza di un progetto. Non è vero che il pubblico desidera cose di basso livello, è falso il concetto di evasione. La gente vuole essere ’invasa’ da idee, non instupidita. Credo ancora nella funzione etica e civile del teatro». ANGELA CALVINI