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 2008  febbraio 06 Mercoledì calendario

Una zuppa di plastica nell´Oceano. La Repubblica 6 febbraio 2008. Nuota come un immenso bestione marino, non si vede finché non ci arrivi sopra perché sta appena sotto il pelo dell´acqua, afferra tutto quello che incontra sul suo cammino, come una fossa di vischiose sabbie mobili

Una zuppa di plastica nell´Oceano. La Repubblica 6 febbraio 2008. Nuota come un immenso bestione marino, non si vede finché non ci arrivi sopra perché sta appena sotto il pelo dell´acqua, afferra tutto quello che incontra sul suo cammino, come una fossa di vischiose sabbie mobili. Il mostro che risponde a queste caratteristiche non è dotato di vita propria, fortunatamente, almeno non ancora, ma toglie la vita a volatili e pesci, oltre che minacciare la salute del nostro pianeta: si tratta di una gigantesca isola di spazzatura, una «zuppa di plastica», come la chiamano i biologi marini, che si estende attraverso l´intero oceano Pacifico settentrionale, da 500 miglia nautiche al largo della California fino alle Hawaii, e da queste fin quasi al Giappone. Scoperta quasi per caso, sbattuta ieri in prima pagina dall´Independent di Londra, l´isola dei rifiuti di plastica è opera dell´uomo: l´abbiamo costruita noi, un pezzo alla volta, gettando pattume in mare. Un quinto dell´inestricabile groviglio galleggiante proviene da navi e pozzi petroliferi; il resto, ovvero la stragrande maggioranza, arriva dalle coste del Nord America e dell´Estremo Oriente. E continua a crescere, ingrandendosi di anno in anno, come in un film di fantascienza. «La mia previsione», dice Charles Moore, colui che l´ha avvistata e per primo ha provato a disegnarne la mappa, «è che raddoppierà di dimensioni nell´arco di un decennio». Dopo aver fatto il marinaio per diporto da giovane, Moore stava godendosi l´eredità lasciatagli da un padre petroliere con una gara in yacht da Los Angeles alle Hawaii, una di quelle competizioni a cui si dedicano i ricchi senza molto da fare nella vita. Per errore, a un certo punto, il suo piroscafo l´aveva portato in un´area nota come «il cerchio del Nord Pacifico», un vortice in cui l´oceano circola più lentamente per l´assenza di vento e un sistema di pressione estremamente alta. Il navigatore rimase stupefatto: «Ero circondato dalla plastica, giorno e notte, a migliaia di miglia nautiche da terra. Ogni volta che uscivo sul ponte a guardare, c´era della spazzatura che galleggiava. Non potevo credere ai miei occhi». Era il 1997. Come folgorato da quella casuale visione, il giovane miliardario vendette l´azienda di famiglia e da allora usa le sue risorse economiche per studiare e localizzare la macchia di plastica. Dopo dieci anni di ricerche, ora ha concluso l´impresa, disegnando confini e caratteristiche di questo mostro degli oceani. «Contiene almeno 100 milioni di tonnellate di plastica», afferma Moore, è divisa in due blocchi, uno un po´ più grande a est delle Hawaii, l´altro un po´ più piccolo a ridosso del Giappone. Insieme, hanno un´estensione pari a due volte gli Stati Uniti». Due Americhe di rifiuti di plastica, insomma, che galleggiano alla deriva nel Pacifico e si ingrandiscono continuamente. «Sono quasi un´entità vivente», osserva Curtis Ebbesmeyer, un oceanografo americano, «come un grosso animale sfuggito al guinzaglio». Conferma il professor David Karl, un´autorità in materia di inquinamento marino, docente di oceanografia all´università delle Hawaii: «Non c´è motivo di dubitare dell´esistenza di queste isole di spazzatura. La plastica che buttiamo via deve pur finire da qualche parte ed era ora che qualcuno scoprisse dove va a finire». Il petroliere pentito non è il primo ad averlo scoperto: un rapporto dell´Onu del 2006 calcola che un milione di uccelli marini e oltre 100 mila pesci o mammiferi marini all´anno muoiano a causa dei detriti di plastica, e che ogni miglio quadrato nautico di oceano contenga almeno 46 mila pezzi di plastica galleggiante. Probabilmente inclusi, per restare in tema, un po´ di quei rifiuti che a Napoli nessuno sapeva più dove gettare. Enrico Franceschini