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 2008  febbraio 07 Giovedì calendario

La primavera spagnola di Rcs. Il Sole 24 ore 7 febbraio 2008. Oggi il consiglio d’amministrazione della Rcs, quasi al gran completo in solenne e inedita trasferta madrilena, brinda alla Spagna felix

La primavera spagnola di Rcs. Il Sole 24 ore 7 febbraio 2008. Oggi il consiglio d’amministrazione della Rcs, quasi al gran completo in solenne e inedita trasferta madrilena, brinda alla Spagna felix. L’amministratore delegato Antonello Perricone, ora che si è conclusa l’integrazione tra Recoletos e Unidad Editorial, dirà quel che molti dei soci forse ancora non sanno: che tra le varie società del gruppo, l’iberica è di gran lunga quella che guadagna più di tutte. La notizia, non sprovvista di un certo appeal simbolico, compenserà di certo il mugugno di qualche partecipante che magari avrebbe preferito celebrare a Milano. Se ciò non bastasse, il programma del viaggio prevede anche l’atteso disvelamento della nuova veste della Gazzetta dello Sport, il cui debutto in edicola è previsto per il 2 aprile, con tanto di direttore, Carlo Verdelli, convocato per l’occasione a illustrarla. Ma siccome non tutte le trasferte vengono per nuocere, le quasi due ore del volo che porterà i consiglieri a Madrid saranno motivo di utile confronto sulla situazione complessiva della casa editrice, e della sua provincia più ambita, il Corriere della Sera. Ad aprile si vota e, come dice la storia, ogni mutar di vento della politica si riflette inevitabilmente sui già di suo delicati equilibri del quotidiano. Dunque ci si deve preparare ad affrontare la bisogna nella convinzione che stavolta non si tratterà dell’ennesima "ammuina", quel solito noioso speculare sui destini del giornale e di chi lo guida, ma che qualcosa possa in prospettiva realmente cambiare. Premesso che, considerando anche un azionariato che ha raggiunto le 17 unità, la vicenda Corriere è quanto mai ricca di sfumature e articolazioni, a tutt’oggi il sismografo di via Solforino registra quanto segue. Primo. Un rinnovato e reiterato interesse di Giovanni Bazoli per il giornale, dopo che negli ultimi tempi, a partire dalla fuoriuscita di Vittorio Colao, il presidente di Intesa andava invece confessando la sua disaffezione. Tanto da meditare- ma nessuno ci ha mai creduto veramente - il clamoroso abbandono della compagine azionaria su cui, in forme diverse, ha esercitato una sorta di riconosciuto patronage dai tempi del Nuovo Banco Ambrosiano. Ora Bazoli sente spesso al telefono Piergaetano Marchetti, che con i suoi tre incarichi – presidente della Rcs, della Quotidiani e della Fondazione Corriere- è uomo aziendalmente assai presente. E Marchetti, con consumata abilità e discrezione, fa filtrare all’interno qualche pensiero dell’illustre azionista. Mentre lui filtra c’è però chi si interroga sul suo futuro, visto che viene accreditato come il più autorevole successore di Mario Monti alla presidenza della Bocconi, e quindi si presume dovrà rinunciare a qualcuno dei suoi cappelli. A maggio se ne saprà di più. Secondo. Una certa inquietudine dei soci, specie quelli che si sono aggiunti per ultimi, per l’andamento del titolo in borsa e per il ridottissimo flottante che lo rende praticamente illiquido. Dai quasi 7 euro (drogati) della quasi-Opa di Stefano Ricucci ora siamo, in linea con il triste momento degli editoriali, a 2 e mezzo. Tra coloro che più si lamentano ci sono i Benetton e i Toti, che per entrare hanno messo sul piatto 5 euro ad azione. D’accordo che fin che non si vende non si perde, ma la minusvalenza, ancorché teorica, è di quelle che non fanno dormire. Terzo. La ritrovata stabilità di Paolo Mieli, sul cui futuro alla guida del quotidiano si scommetteva con la stessa insistenza applicata alla durata di Romani Prodi. Sta di fatto che mentre Prodi è caduto, Mieli sta ancora lì e, salvo gli insondabili desiderata della Provvidenza, è destinato a rimanerci. Quello che molti gli hanno rimproverato come il suo grande passo falso, ovvero l’endorsment al professore di Bologna alla vigilia delle ultime elezioni, è stato abbondantemente bilanciato dalla ruvida presa di distanze dal governo manifestata all’ultimo convegno caprese dei Giovani industriali. Nonché da un recente incontro a palazzo Grazioli con il Cavaliere in persona. Facile pensare, oltretutto, che se, come nelle previsioni, la Casa delle libertà vincesse la tornata elettorale, ciò non potrebbe non avere riflessi anche negli assetti proprietari dell’azienda, o almeno nel suo consiglio d’amministrazione. Per la verità Mieli, per non smentire la sua agenda bipartisan, aveva incontrato in precedenza anche Walter Veltroni a Milano. Certo è che, visti i trascorsi, è la chiacchierata con Silvio Berlusconi ad assumere la valenza maggiore. Quarto. Nel quadro della governance-condominio resa obbligatoria dall’affollamento ai piani alti, si segnala però un certo attivismo della componente che determinò il siluramento di Colao. Si tratta di Cesare Geronzi, la cui Mediobanca è storicamente socio forte di Rcs. Ma anche Diego Della Valle, che non rinuncia mai a fare la sua parte quando si tratta di redistribuire le azioni di qualche uscente (l’ultima volta si trattava di UniCredit) e Marco Tronchetti Provera che, forte della ritrovata liquidità della Pirelli, sembra dedicare una rinnovata attenzione a cose territorialmente più vicine, vedi Malpensa o gli appetiti su Brembo. Manovre comuni in vista della scadenza del patto di sindacato prevista per il 2009? Quinto. Nelle more dell’incertezza dei periodi preelettorali, in Rcs ci si interroga molto sul ruolo di Giuseppe Rotelli. Se non altro perché il re della sanità è titolare di una partecipazione che ne fa il terzo più importante socio. Rotelli è molto vicino a Bazoli, ma ha anche ottimi rapporti con Bruno Ermolli, uno dei plenipotenziari milanesi di Silvio Berlusconi, che gli fa da ascoltato consulente. Nel caso che, dopo averle sempre pesate, finalmente le azioni della Rcs si dovessero finalmente contare, da che parte starà Rotelli? A tutta prima, sembra un socio destinato a garantire un clima di larghe intese. Per ora resta però un outsider: non è nel consiglio d’amministrazione, e non ci si è dannati l’anima nemmeno per invitarlo nel patto di sindacato. Paolo Madron