Il Manifesto 7 febbraio 2008, Marina Rossi, 7 febbraio 2008
Quello spam dai mille volti. Il Manifesto 7 febbraio 2008. Più lo ignori, più ti colpisce. Una piaga della rete che si abbatte quotidianamente sugli utenti, quelle vittime inconsapevoli che devono fare i conti con caselle di posta elettronica intasate dalla spazzatura virtuale
Quello spam dai mille volti. Il Manifesto 7 febbraio 2008. Più lo ignori, più ti colpisce. Una piaga della rete che si abbatte quotidianamente sugli utenti, quelle vittime inconsapevoli che devono fare i conti con caselle di posta elettronica intasate dalla spazzatura virtuale. Consigliano fantomatici investimenti finanziari o declamano gli effetti insperati della pastiglia blu: si calcola che oltre il 96 per cento della posta elettronica circolante per via telematica sia a tutti gli effetti indesiderata. E i numeri sono in continuo aumento, così come i luoghi della rete coinvolti. La ragione che stimola gli «spammer» a non dar tregua è quella piccola percentuale di utenti che cede a un clic distratto, generando così un guadagno. Tutto iniziò con la carne in scatola «Spam» è una parola che ormai fa parte del lessico comune, ma deriva da un reparto molto diverso dall’informatica, cioè da quello alimentare. Si tratta infatti di una marca di carne in scatola che, fin dagli anni Trenta, viene venduta nei supermercati di mezzo mondo, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud. Proprio come è accaduto alla zuppa Campbell, immortalata da Andy Warhol nel 1962, anche lo spam è diventato un simbolo della cultura pop: in un celebre sketch dei comici inglesi Monty Python, la cameriera di un bar presenta un menu tutto a base di «Spam», nonostante i clienti lo continuino a rifiutare. Dall’Inghilterra del ’70 ai giorni nostri, il tormento si è trasferito nelle comunicazioni elettroniche non sollecitate. Dal testo al video L’e-mail resta oggi l’applicazione più usata nell’internet e, per questo, la più utilizzata dagli spammer che raccolgono i guadagni proprio puntando sui grandi numeri. Ma non mancano nuove forme di invasione. Prima fra tutti quella video. Siti come YouTube, in grado di attirare migliaia di utenti all’ora, sono infatti un ottimo terreno di caccia per chi cerca un click in più: nasce allora lo spam-video. Che cosa si intenda con questa forma di spazzatura digitale è facilmente intuibile; si tratta di brevi filmati a tema - come uno spot per il Viagra, per esempio - mascherati da altri contenuti particolarmente richiesti al momento, come una partita di calcio o una star di Hollywood. In questo caso, lo spam è meno invasivo rispetto all’e-mail, perché è l’utente stesso a trovarlo attraverso una ricerca ingannevole. Secondo i più recenti studi, entro il 2015 il video sarà uno dei veicoli preferiti dagli spammer, vista la difficoltà tecnologica di gestire i filtri per i filmati, e nei cinque anni successivi la situazione potrebbe diventare insostenibile. Inquinamento vocale Altra tecnologia in espansione è il Voice over Ip (VoIp), il sistema di chiamate vocali via internet, effettuate tramite personal computer e cellulari abilitati. Ovviamente, l’inquinamento è presto arrivato anche qui. Lo spam sul VoIp consiste in messaggi audio registrati che vengono inviati alla casella vocale dell’utente per scopi promozionali o informativi. Una tecnica per filtrare questo tipo di spam è la creazione di una «lista bianca», cioè un elenco di amici da cui possiamo accettare i messaggi e le telefonate. Il limite è però evidente: le chiamate provenienti da persone di cui non conosciamo ancora il numero finiscono direttamente nello spam. Il blog spazzatura Uno dei problemi fondamentali dello spam riguarda gli effetti negativi che questo fenomeno ha non solo sull’utente, ma soprattutto sui motori di ricerca; per farsi trovare, gli spammer ingannano i search engine inserendo nel testo le parole chiave più ricercate e inquinando perciò i risultati. Grazie alla possibilità di creare facilmente un blog su una piattaforma gratuita, esistono molti blog di spam - chiamati «splog» - che rendono talvolta impossibile raggiungere l’informazione desiderata. Per contrastare questa tendenza, sono nati diversi progetti di motori di ricerca ibridi che presentano i risultati selezionati da una redazione, come per esempio Mahalo. Dal marketing alla politica Lo spam non ha solo obiettivi commerciali. Recentemente, il repubblicano Ron Paul è stato suo malgrado protagonista di un attacco di massa: 160 milioni di caselle di posta elettronica hanno ricevuto spam con messaggi elettorali in favore dell’aspirante presidente. Una fortuna per il candidato Usa. O forse no. Marina Rossi