La Stampa 8 febbraio 2008, Maria Giulia Minetti, 8 febbraio 2008
La mia Justine sarda. La Stampa 8 febbraio 2008. Nella sua cristallinità quasi infantile (figura scritto da una quattordicenne), Ali di babbo, terzo romanzo attesissimo di Milena Agus dopo il successo per lei fin doloroso di Mal di pietre e Mentre dorme il pescecane («Guardi, a volte mi auguro che questo qui vada male, così mi lasciano in pace, non devo prendere più tutti quei tranquillanti»), nella sua trasparenza pressoché ingenua questo romanzo affronta la vertigine: pesa il peso del dolore, misura il prezzo della redenzione, non si rassegna alla condizione umana
La mia Justine sarda. La Stampa 8 febbraio 2008. Nella sua cristallinità quasi infantile (figura scritto da una quattordicenne), Ali di babbo, terzo romanzo attesissimo di Milena Agus dopo il successo per lei fin doloroso di Mal di pietre e Mentre dorme il pescecane («Guardi, a volte mi auguro che questo qui vada male, così mi lasciano in pace, non devo prendere più tutti quei tranquillanti»), nella sua trasparenza pressoché ingenua questo romanzo affronta la vertigine: pesa il peso del dolore, misura il prezzo della redenzione, non si rassegna alla condizione umana. Storia di una donna, madame, generosa di sé fino all’abiezione, fa venire in mente, e cito alla rinfusa, Dostoevskij, Sade, La principessa di Clèves, Le onde del destino di Lars von Trier… un libro sulla violenza e il sacro, ma l’autrice, a quanto pare, lo legge in un altro modo: «Dei miei libri è quello che mi ha tenuto più compagnia», confida, ilare. In che senso? « quello che mi ha fatto più divertire mentre lo scrivevo. venuto giù facile facile. Avevo sempre una gran voglia di sedermi e stare coi miei personaggi. Tra i personaggi dei miei romanzi sento che questi sono i più vicini a Milena . Insomma, è senz’altro il mio libro preferito». Davvero? «Ogni tanto lo rileggo qua e là, magari prima di dormire. Ci sono dei pezzetti che mi fanno morire dal ridere. La famiglia dei vicini, quel loro essere organizzati come un esercito. Le battute del nonno. I vestiti di madame fatti con le bisacce. Poi mi piace rileggere le avventure del velista in erba, di quando non vuole bere il caffè, o di quando Dio gli manda il pesce…». Signora, il libro è tragico. «Sì, lo so. Ma è anche un po’ buffo... E poi finisce bene». Non credo che sia il caso di svelare a chi non ha ancora letto il libro come finisce, però sostenere che finisca bene è davvero azzardato. «Lasciando madame, vedendola risalire dalla spiaggia nell’ultima pagina del libro, dentro di me ho pensato che in quel momento capisse». Capisse cosa? «Che bisogna accettare la realtà». Ma è proprio quello che lei non vuole accettare! «Eh, lo so che è proprio quello che lei non vuole accettare…". Da dove salta fuori madame? «Un po’ da me. Non le cose che le capitano, ma le emozioni, quello che pensa della vita…». Madame lascia che tutti la usino, la sua generosità - dono di sé e delle cose che ha - potrebbe arrivare al sacrificio della vita, se qualcuno glielo chiedesse. E in un certo senso tutti glielo chiedono. La sua vita viene continuamente depredata, il suo amore richiesto e mai reso. Fa venire in mente Dostoevskij, il principe Mishkin dell’Idiota. «Anche lei! Anche Ginevra Bompiani mi ha detto che madame è un personaggio dostoevskijano, e anche tutti gli altri che hanno letto il libro. Ma io di Dostoevskij conosco solo I fratelli Karamazov, e proprio non ci pensavo, scrivendo Ali di babbo». Non deve difendersi. «Ma io non posso rendere conto di questi paragoni. Mi sembrano abbagli colossali. Se chiede a me, io ho l’impressione di scrivere cose molto gradevoli, librini. Li consiglierei a chi vuole passare un pomeriggio piacevole. Non impallano, ci sto attenta. Ma non mi sembrano visitati dal genio. Mi sembrano visitati dalla gradevolezza». Davvero? Certe scene del libro fanno venire in mente anche Sade. Le scene coi costruttori a banchetto che trattano madame come un cane, la denudano, le mettono collare e guinzaglio, la picchiano, la stuprano, la seviziano con le braci del forno a legna. Come la povera virtuosa Justine. Con la differenza che madame acconsente alle brutalità, vi sprofonda dentro… «C’è il sospetto, corre voce, che madame facesse anche la puttana. Non per soldi, ma perché non sapeva difendersi». Madame sembra capace di accettare qualunque cosa. «Accetta così, in modo mite. Gli altri li giustifica sempre. Cosa dice quando il ferito che ha curato e ospitato per mesi nella sua casa se ne va senza pagarle l’affitto della stanza? Il ferito che è stato suo amante, che lei ha nutrito e riempito di provviste per il viaggio? Dice: "Si è dimenticato di pagare perché era triste"». Solo una cosa madame non dà. Non dà la sua meravigliosa terra affacciata su un meraviglioso mare. Anche questa è una rinuncia, però. Perché la terra le rende pochissimo, mentre se la vendesse a chi vuole erigerci sopra un villaggio turistico, diventerebbe ricca. «La scena dei costruttori, che vengono spesso a trovarla sperando che abbia cambiato idea, è anche simbolica. Lo stesso lavoretto che fanno a lei vorrebbero farlo alla terra. Vogliono costruire strade, fare entrare le macchine, scavare piscine, tirare su alberghi. Vogliono fare uno stupro, cioè». una santa, madame? «Non ci avevo mai pensato. Ma comunque salva la terra. Fa tutto quello che vogliono gli altri, ma la terra ce la fa a salvarla. Convince anche i proprietari circostanti a non vendere». Li converte. «Li converte. Ma vederla come santa… No». Tutto il libro è percorso da una religiosità forte e particolare. C’è una frase ricorrente, una frase di madame che la ragazzina narratrice fa propria: senza la magia la vita è solo un grande spavento. « un libro dove si spera che le ali di babbo esistano veramente». Nel libro certi misteriosi soffi di vento sollevano fino al soffitto le lenzuola del letto dove dorme la giovane narratrice. La ragazza crede che suo padre sia morto, e che così si manifesti il suo spirito, stendendole sul capo grandi ali protettrici. Crede anche lei negli spiriti, signora Agus? «Credo che la vita non finisca con la morte. Credo che da morti continueremo ad avere la sensazione di esistere». Crede in Dio? «Tutto il giorno penso: Dio ci sarà? Dio mi guarderà? Farò bene o male agli occhi di Dio? Tutto il giorno la figura di Dio mi accompagna, qualunque cosa sia». Maria Giulia Minetti