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 2008  febbraio 08 Venerdì calendario

Olimpiade, l’altra Pechino. Corriere della Sera 8 febbraio 2008. PECHINO – Una montagna di denaro l’ha sommersa

Olimpiade, l’altra Pechino. Corriere della Sera 8 febbraio 2008. PECHINO – Una montagna di denaro l’ha sommersa. L’effetto Olimpiadi sulla capitale, 16 milioni di abitanti nell’area metropolitana grande quanto il Belgio, è dirompente: 43 miliardi di euro di investimenti (imprese, infrastrutture, servizi, informatizzazione) solo nel 2007. La città sta completando la sua mutazione urbanistica e sociale. Il segno più evidente di questo ribaltone, se si escludono le icone della moderna architettura (il «Nido» lo stadio, il «Cubo» le piscine, «l’Uovo » il Teatro Nazionale, «Le Torri Pendenti» la televisione di Stato), si coglie nella distribuzione del reddito. Se cinque pechinesi su 10 si possono classificare ancora poveri, gli altri cinque sono passati in sei anni dalle difficoltà alla fascia medio- bassa, alla fascia media e a quella alta, che è composta da un’avanguardia di 500 mila imprenditori e professionisti con patrimoni importanti. Risultato: nel 2001, quando i Giochi furono assegnati, il reddito medio pro capite non raggiungeva che i mille dollari all’anno. Oggi – ha reso noto il nuovo sindaco Guo Jinlong – ha superato i 7 mila che, se rapportati al basso costo della vita, testimoniano di un progresso economico veloce e discretamente diffuso. Le Olimpiadi hanno portato il lavoro e i soldi, saranno una vetrina piena di meraviglie, però non hanno cancellato i drammi che accompagnano il loro percorso. La Cina non li ammetterà mai. Nel 2006 e nel 2007 centoventimila appartamenti sono stati demoliti, un milione e mezzo di persone sono state costrette a lasciare le loro case, allontanate, sgomberate, trasferite ai margini della città per dare spazio ai cantieri delle nuove costruzioni, delle nuove metropolitane (tre linee realizzate in tre anni). Mezzo milione di migranti ha formato l’esercito degli operai stagionali nell’edilizia che per l’equivalente di 60 euro al mese e senza alcuna copertura sanitaria e antinfortunistica, ha tirato su gli impianti dello sport e i quartieri del lusso (vicino al villaggio olimpico ha preso casa Bill Gates). Il piano regolatore ha subìto mille ritocchi, la speculazione ha fatto man bassa. Le ricadute ambientali del «sacco» sono state pesantissime. Gli ultimi dati rivelano trionfalisticamente che nel 2007 in quasi 7 giorni su 10 (6,7 per la precisione) «la qualità dell’aria è stata di livello 1 o 2» (parole del sindaco). Dunque «buona». Non specificano queste rilevazioni che le soglie di pericolosità si raggiungono quando i gas tossici saturano il cielo con percentuali doppie rispetto all’Europa o agli Stati Uniti. Ciò che altrove è allarme grave a Pechino è normalità. Dietro all’ottimismo di facciata vi è la consapevole ma inconfessabile preoccupazione di una metropoli avvolta in una bolla immensa di smog. Allora, per evitare il peggio, per evitare che le gare subiscano qualche rinvio a causa della bomba di veleni, ci si affida a un provvedimento di emergenza: sarà bloccato per 30 giorni un milione e mezzo di veicoli, uno su due. Non vi sono alternative. Poi si confida nella fortuna. Forse anche nei cannoni che sparano proiettili chimici sulle nuvole e provocano temporanee piogge liberatorie. La Cina non può fallire e cura i dettagli. Il martellamento «educativo » è partito: non si sputa, non si urla, non si fischiano le squadre avversarie, le code si rispettano, agli ospiti si sorride. Sono in fase di reclutamento 400 mila volontari che vigileranno sull’osservanza delle regole. Un record: tutti (e, davvero non uno escluso) subiscono un esame di «affidabilità politica», il controllo del partito sulle Olimpiadi sarà discreto, gentile ma capillare. Il capo del dipartimento volontari del Bocog (gli organizzatori) è Liu Jian che, guarda caso, è il numero uno della Lega dei Giovani Comunisti a Pechino. Il bon-ton è d’obbligo. E l’ordine pure. In modo che non sfugga la minima imperfezione e non si esprima il minimo dissenso. E qui si tocca un nervo scoperto: la questione dei diritti umani agita l’avvicinamento ai Giochi. Il Quotidiano del Popolo, voce comunista, nei giorni scorsi ha pubblicato un commento al veleno contro i giornali occidentali che ha accusato di parecchie infamie: di volere politicizzare le Olimpiadi, di «disturbare i lavori di preparazione », di infangare l’immagine del Paese. Il Dragone si irrita. Ma nessuno spiega come mai le promesse del 2001, quando l’allora sindaco disse: «Alla stampa sarà garantito il massimo della libertà», siano nulla più che carta straccia. «One World, One Dream»: è lo slogan di Beijing 2008. Uno slogan di pace, di armonia, di conciliazione. E’ così? Qualche tempo fa un gruppo di intellettuali, professori e giornalisti aveva sottoscritto un appello al presidente Hu Jintao: «Noi ordinari cittadini cinesi dovremo sentirci fieri e gioiosi di uno slogan talmente bello e di potere vedere nella nostra Patria questa festa di splendore che simboleggia l’amicizia e la giustizia umana. Ma dispiace che diverse cose negative, comprese certe storie emerse nel corso della preparazione olimpica, ci costringano a domandarci quale tipo di mondo rappresenta questo One world One dream? (…) Un mondo in cui i fondamentali diritti umani non sono rispettati e garantiti è un mondo separato e spezzato dove non esistono la dignità e l’equità». E con coraggio avevano aggiunto: «Pensiamo che lo slogan di Pechino debba essere One World, One Dream the same Human Rights (Un mondo solo, un sogno da Con la mascherina Bicicletta e mascherina antismog: l’inquinamento è uno dei problemi più gravi per chi vive a Pechino Fabio Cavalera