Guido Santevecchi, Corriere della Sera 8 febbraio 2008, 8 febbraio 2008
La Premier League allarga i confini e prepara una giornata da esportazione. Corriere della Sera 8 febbraio 2008
La Premier League allarga i confini e prepara una giornata da esportazione. Corriere della Sera 8 febbraio 2008. LONDRA – Dopo aver arruolato una legione di campioni stranieri la Premier League inglese medita il passo finale sulla via della globalizzazione: esportare all’estero una giornata del campionato. I dirigenti dei 20 club hanno elaborato un progetto per far disputare in città degli Stati Uniti, dell’Asia e del Medio Oriente dieci partite. E per non dispiacere ai tifosi di casa, hanno pensato di allungare la stagione dagli attuali 38 ai 39 turni. L’idea è di mettere all’asta la giornata, aprendo una gara tra le città interessate ad ospitarle, sul modello di quello che succede per le Olimpiadi. Lo spirito dell’operazione, naturalmente, non è olimpicamente disinteressato: si tratta di incassare una montagna di soldi in diritti tv, biglietti e merchandising, attirando nuovi tifosi stranieri. La Premier League guadagna già 625 milioni di sterline (circa 800 milioni di euro) dalla cessione dei diritti di trasmissione televisiva all’estero delle sue partite, che arrivano in oltre 600 milioni di case in 202 Paesi. Si calcola che a novembre Arsenal-Manchester United abbia avuto un pubblico di un miliardo di telespettatori. L’accordo attuale scade nel 2010 e quindi lo sbarco negli stadi globali, secondo il piano, avverrebbe nel gennaio 2011. L’amministratore delegato della Premier League, Richard Scudamore, ieri ha sottolineato «l’aspetto della solidarietà: perché quando la League fa profitti, anche il resto della famiglia del football inglese ne trae beneficio ». Mr Scudamore ha assicurato che non si tratta di togliere nulla ai tifosi di casa: si tratterebbe di spostarsi per un fine settimana, in cinque città del mondo che ospiterebbero ciascuna due match. Per non correre il rischio di falsare il campionato, questa giornata aggiuntiva rispetto al calendario non potrebbe proporre scontri diretti tra le prime cinque squadre della classifica, che sarebbero teste di serie nel sorteggio. Secondo i tecnici dell’economia calcistica, è un’evoluzione logica: il mercato in Gran Bretagna si sta saturando e bisogna guardare oltremare. Tra le città interessate si prevedono già New York, Hong Kong, Pechino, Tokio, Dubai. La Football Association è d’accordo. Ma secondo le prime voci la reazione del ministero dello Sport britannico non sarebbe altrettanto entusiasta: ci sono timori per l’impatto sulla regolarità del campionato, le scommesse, la frustrazione dei tifosi inglesi, privati della possibilità di seguire la squadra dalle tribune della loro città. In un momento in cui ci sono già polemiche per il fatto che nove club sono stati acquistati da miliardari stranieri: dopo il Chelsea, sono caduti il Liverpool, le due squadre di Manchester. La svolta della Premier League segue il successo ottenuto dal football americano che a ottobre è venuto a Londra per la gara di Nfl tra Miami Dolphins e New York Giants. Lo stadio di Wembley si è riempito per l’evento, e ha portato fortuna anche ai Giants, vincitori la settimana scorsa del Superbowl. Ma l’escursione ha lasciato uno strascico polemico: i massicci americani hanno creato qualche solco sull’erba delicata di Wembley e quando a novembre l’Inghilterra ha incontrato la Croazia nella partita decisiva per gli europei, una zolla ha tradito il portiere Scott Carson, portando all’eliminazione dei bianchi, al licenziamento di McClaren e all’arrivo di Capello. Ma questa è un’altra storia di globalizzazione calcistica. Guido Santevecchi