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 2008  febbraio 08 Venerdì calendario

MONICA CERAVOLO

PALERMO
Ore 13 (in Italia): le manette scattano quasi contemporaneamente a Palermo e a New-York (dove è l’alba): è iniziata così l’operazione «Old bridge» che ha portato in carcere 73 persone, oltre alle 4 che erano già in carcere, accusate di fare parte di Cosa nostra. In 19 sono stati arrestati in Sicilia, 54 dall’altra parte dell’Oceano.
I provvedimenti d’arresto sono stati firmati dai magistrati della procura distrettuale di New York e della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Due inchieste che hanno in comune gli affari fra i boss siciliani e quelli americani.
Dall’inchiesta emerge che vecchi e nuovi boss erano tornati insieme per ricostituire l’asse mafioso Palermo-New York, per fare affari, illeciti e rimettere in piedi il business della droga. Questo il progetto della mafia nell’era «dopo Provenzano». Il progetto si è infranto con l’arresto dei punti di riferimento dell’organizzazione. A cominciare da Frank Calì e Filippo Casamento, i nuovi capi delle famiglie mafiose americane che fanno parte dei clan Gambino e Inzerillo e tengono i legami con i boss di Cosa nostra di Palermo.
Francesco (Frank) Calì ha 43 anni, detto «Franky boy», è nato a New York da genitori palermitani e secondo le indagini dell’Fbi è il personaggio emergente nell’ambito della famiglia mafiosa dei Gambino della Lcn (la Cosa nostra) americana, inserito nel quadro di comando della «famiglia» dopo l’arresto dei fratelli John e Joe Gambino e Jackie D’Amico che era il capo della «decina» della Diciottesima strada di Brooklyn, a New York.
Gli affari illeciti di Frank Calì girerebbero attorno a varie società americane come la «Circus fruits» di New York. «Franky boy» era in contatto con i boss di Palermo, in particolare con Antonino Rotolo (arrestato) e Gianni Nicchi, latitante, ritenuto un sicario di Cosa nostra.
Filippo Casamento è indicato dall’Fbi «vicino» alla famiglia Inzerillo. Rientrato illegalmente nel 2004 negli Stati Uniti, fino adesso ha vissuto sotto falso nome in America. E’ accusato dell’omicidio di Pietro Inzerillo, assassinato nel New Jersey nel gennaio 1982.
Quando è stato arrestato, ieri mattina, nonostante i suoi 82 anni di età ha detto soltanto: «Minchia quanto sono elegante». L’analisi dell’Fbi sui flussi finanziari riferibili al gruppo mafioso di New York Calì-Inzerillo, ha consentito di individuare numerose società americane che operano nel settore delle costruzioni e della distribuzione di prodotti alimentari, per un giro d’affari di milioni di dollari. Al centro della complessa struttura societaria riferibile a Frank Calì vi sarebbe uno studio legale di Brooklyn.
Le indagini hanno evidenziato un forte collegamento con i boss di Palermo, in particolare con Giovanni Inzerillo, figlio di Totuccio ucciso durante la guerra di mafia degli anni ”80.
Insieme siciliani e italo-americani puntavano al giro della droga. Per questo avevano riallacciato legami che si erano spezzati ai tempi in cui a comandare, in Sicilia, c’era Totò Riina. Un percorso lungo, quello del riavvicinamento degli Inzerillo alla loro terra d’origine. «A perorare la loro causa, in tempi recenti, è stato Salvatore Lo Piccolo che, per convincere Provenzano a dare il via libera, gli scriveva: "Siamo arrivati al punto che siamo quasi tutti rovinati, e i pentiti che ci hanno consumato girano indisturbati. Purtroppo ci troviamo in una situazione triste e non sappiamo come nasconderci"».
Ma Provenzano, che deve fare i conti anche con chi, come il boss Nino Rotolo, del reintro degli esuli non vuole sentir parlare, per timore di vendette. Quando ieri mattina gli arrestati americani venivano portati via in manette in molti, a Manhattan, pensavano fosse la scena di un film. Invece era tutto vero.
I video della cattura