Marco D’Eramo, il manifesto 8/2/2008, 8 febbraio 2008
Nessuno quanto l’ineffabile pontefice Benedetto XVI esprime la soavità di questo nostro mondo postcoloniale, postrazziale, postcodino
Nessuno quanto l’ineffabile pontefice Benedetto XVI esprime la soavità di questo nostro mondo postcoloniale, postrazziale, postcodino. Non contento di aver affermato che Galileo Galilei ebbe giusto processo, che (per interposta citazione) Maometto era un gaglioffo, ora si è lanciato in uno spericolato panegirico di Pio IX, papa dal 1846 al 1878, ricordato per aver restaurato il ghetto ebraico (abolito dalla repubblica romana), e per aver promulgato il Sillabo che condanna come diaboliche la libertà di coscienza e la libertà di scienza religiosa, e che considera razionalismo e secolarismo i massimi errori del nostro tempo. Il nostro amato pastore tedesco ha rivendicato «il luminoso insegnamento» di Pio IX, forse perché lo considera maestro e padre spirituale. Ma c’è un altro motivo. Per Ratzinger, che ha più e più volte dimostrato il dogma della fallibilità del papa, può essere di conforto appoggiarsi a un pontefice che, nel Concilio Vaticano I, impose con «metodi totalitari» il dogma dell’infallibilità: una consolazione sapere che, anche quando le spari grosse, le spari infallibilmente.