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 2008  febbraio 07 Giovedì calendario

Biopolitica, l’ora è venuta. Avvenire, giovedì 7 febbraio «Questo partito riconosce il diritto alla vita di ogni essere umano fin dal concepimento e ritiene suo dovere politico primario proteggerlo»

Biopolitica, l’ora è venuta. Avvenire, giovedì 7 febbraio «Questo partito riconosce il diritto alla vita di ogni essere umano fin dal concepimento e ritiene suo dovere politico primario proteggerlo». Ci sarà una forza politica capace di scrivere questa frase all’inizio del suo programma elettorale di possibile prossima elaborazione? La differenza rispetto ad altre più equivoche e quindi più facili formulazioni è data dalle parole «fin dal concepimento» e «dovere politico primario». Perché «per la vita» sono tutti e molti sono anche favorevoli alla tutela del «diritto alla vita», purché non si aggiunga «dal concepimento». Senza questa precisazione resta possibile la legittimazione e il sostegno delle aggressioni di vario genere contro un «grumo di cellule» e viene ignorato quel principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani che è conquista indiscussa della cultura moderna. Ma se il concepito è un essere umano (e lo è certamente), allora l’affermazione del suo diritto alla vita non può essere affidata soltanto alla coscienza individuale e neppure soltanto alla pur importantissima crescita culturale della società nel suo insieme. anche questione politica non marginale, ma primaria (Evangelium Vitae). Perché la verità della politica è proprio la difesa e la proclamazione della vita di ogni singolo in base al principio di uguaglianza, per il quale meritano doverosa protezione in particolare anche coloro che possono apparire socialmente senza valore (giurisprudenza costituzionale tedesca, sentenza 25 febbraio 1975; 4 agosto 1992; 28 maggio 1993). Lo Stato moderno si autocelebra come «il forte difensore dei deboli»: perciò cade in contraddizione con e stesso se ignora i più poveri tra i poveri quali sono i bambini non ancora nati (Madre Teresa di Calcutta). L’affermazione del «diritto alla vita dal concepimento» non può essere una semplice declamazione oggetto di un dibattito accademico. Deve essere presa sul serio specialmente in questo tempo in cui si moltiplicano le aggressioni contro la vita nascente, tanto da rendere possibile individuare nella sua difesa «la nuova questione sociale» (Evangelium Vitae). Il parallelo tra pena di morte e aborto, sollevato con forza da una coscienza laica, è un pugno nello stomaco della prevalente mentalità che relega il diritto alla vita del concepito nell’ambito delle opinioni private o degli scrupoli religiosi. La resistenza contro la ingiusta legge 194, che è radice della giornata ecclesiale della vita e che per il Movimento per la Vita è dovere statutario, riceve nuova linfa. Ma la questione è assai più vasta della legge 194, anche se la sua riforma o correzione o integrazione (ogni parola esprime una diversa valutazione delle opportunità che si presentano) non può essere ignorata. Non basta però desiderare o chiedere o gridare. Si dice, con realistica percezione delle cose, che non esistono le condizioni politico-culturali per un capovolgimento della legge. Ma allora bisogna tenacemente lavorare perché tali condizioni maturino. Ma intanto bisogna decidere con altrettanto realismo, qual è il livello di possibile cambiamento, per piccolo che sia, da perseguire con la forza della ragione e dell’unità strategica di quanti, appunto, sentono che l’immagine della «moratoria» pone davvero un problema di drammatica priorità. L’attuale situazione politica italiana non consente rinvii. Le condizioni del cambiamento si preparano oggi, nei programmi dei partiti, nel voto degli elettori, nelle alleanze politiche, nelle scelte dei governi. Dipenderà dal nuovo governo se davvero la proposta di ’grande moratoria’ sarà almeno sollevata nell’ONU; se davvero sarà sospesa la erogazione di fondi europei per la distruzione di embrioni umani in nome della scienza e per il finanziamento delle organizzazioni internazionali che sostengono l’aborto; se la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea potrà continuare a tacere sul diritto a nascere; se l’Unione potrà così sostenere nelle conferenze internazionali il diritto umano fondamentale all’aborto; se in tutte le nomine che contano nella interpretazione dei diritti umani dalla Corte Costituzionale alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, alle varie Commissioni dell’ONU prevarranno scelte «abortiste» o «per la vita»; se nell’applicazione e nelle possibili modifiche della legge 194 (e della legge 40!) resterà velleitaria o concreta la nostra idea di uno Stato che è comunque schierato dalla parte del diritto alla vita di tutti e che, se vuol rinunciare ad affidarsi a divieti o soltanto a promesse tanto equivoche e generiche quanto ipocrite, sa trovare strumenti più alti e concreti per essere se stesso: uno Stato forte e intransigente nella solidarietà verso i deboli. Allora cominciamo subito da qui: qual è il partito che nel suo prossimo programma elettorale scriverà: «Questo partito riconosce il diritto alla vita di ogni essere umano fin dal concepimento e ritiene suo dovere politico primario proteggerlo»? Carlo Casini