Francesco De Pretis, Tuttoscienze - La Stampa 6/2/2008, 6 febbraio 2008
La particella di Dio Tuttoscienze - La Stampa, mercoledì 6 febbraio Gli scienziati americani - forse - hanno in mano un tesoro di inestimabile valore senza essersene accorti: dentro i database dei super-computers del Fermi National Accelerator Laboratory (il Fermilab di Batavia in Illinois) c’è la soluzione del problema numero uno della fisica moderna, la prima traccia del bosone di Higgs, l’ormai famosa "particella di Dio"
La particella di Dio Tuttoscienze - La Stampa, mercoledì 6 febbraio Gli scienziati americani - forse - hanno in mano un tesoro di inestimabile valore senza essersene accorti: dentro i database dei super-computers del Fermi National Accelerator Laboratory (il Fermilab di Batavia in Illinois) c’è la soluzione del problema numero uno della fisica moderna, la prima traccia del bosone di Higgs, l’ormai famosa "particella di Dio". A sostenerlo è uno studio in pubblicazione sulla prestigiosa "Physical Review Letters" e che è stato anticipato online dalla rivista americana "Science". Quella che potrebbe apparire come una notizia scientifica come tante altre per il grande pubblico sta invece scuotendo con la forza crescente di uno tsunami la comunità scientifica: perché? Il bosone di Higgs è conosciuto - fuori dal gergo degli scienziati - come la "particella di Dio", appunto, e con la stessa metafora mistica è stato indicato come "il Santo Graal" della fisica moderna: è una particella solo ipotizzata dai fisici e tuttora mancante (nessuno ne ha mai riscontrato finora le tracce) per comporre il puzzle chiamato "Modello Standard", una teoria fisica che è ritenuta dalla più parte degli scienziati la migliore chiave per interpretare correttamente tutte le leggi dell’intero Universo. Tuttavia, senza una tessera, il puzzle non si compone e il Modello Standard da bomba atomica diventa una testata nucleare senza innesco: quell’agognata tessera è proprio la "particella di Dio", a cui è stato assegnato il compito fondamentale di conferire massa alle altre particelle del modello. Come nel Medioevo due grandi ordini cavallereschi si erano contesi la ricerca del Graal, oggi Europa e Usa sono alla caccia della fantomatica particella e hanno schierato eserciti di scienziati, spendendo miliardi di dollari e di euro e alimentando nell’ultimo decennio una sfrenata competizione internazionale che non si ricordava dai tempi della corsa allo spazio durante la Guerra Fredda. Per scovare la particella il CERN di Ginevra (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) ha progettato il più grande esperimento scientifico mai tentato finora, la costruzione dell’acceleratore LHC, un "auto-scontro" in grado di far cozzare due protoni a una velocità prossima a quella della luce (circa 300 mila km al secondo), provocando l’equivalente, in altri termini, di un mini-Big Bang, capace di generare un’infinità di particelle subatomiche, tra cui - forse - anche il tanto ricercato bosone. Al CERN si è fieramente opposto il Fermilab di Batavia, il cui acceleratore Tevatron è più obsoleto e meno potente del nuovo LHC, ma che per molti ha comunque non poche chances di vedere la particella. Inoltre, a differenza degli avversari europei bloccati in un mega-cantiere per quasi due lustri, in tutti questi anni l’acceleratore a stelle e strisce è sempre stato in funzione a pieno regime. E, tuttavia, nonostante gli sforzi americani, finora di "Higgs" nessun segnale. Poi, di colpo, sulla malinconica strada di una forzata abdicazione al CERN, il team del Fermilab è stato improvvisamente galvanizzato da quello che potrebbe diventare lo scoop scientifico dell’anno: come anticipato dalla rivista "Science", un gruppo di fisici della Michigan State University, capitanati dal professor Chien-Peng Yuan, sostiene che la particella - sempre che esista - sia già nelle "mani" del Tevatron, o meglio nella sua memoria elettronica, e che sia passata sotto i nasi indifferenti di migliaia di scienziati. Ma com’è possibile che così tanti fisici non si siano accorti di possedere già questo "Graal"? Nello studio, il professor Yuan prende in considerazione la versione più semplice del Modello Standard, quella detta MSSM (Minimo Modello Standard Super-Simmetrico), nel quale, in realtà, di particelle di Higgs ce ne sarebbero addirittura cinque! Il punto chiave è il "peso" di una di queste particelle: secondo i calcoli, uno dei bosoni sarebbe decisamente più leggero rispetto alla massa di un protone di quanto gli scienziati abbiano ritenuto finora sulla base di quanto osservato al LEP, il precedente acceleratore del CERN (chiuso per fare posto al nuovo LHC). Il fatto che il bosone di Higgs possa essere più leggero di quanto ci si aspettasse avrebbe conseguenze decisamente epocali: se lo studio di Yaun si dimostrasse esatto, la particella potrebbe essere già stata registrata nei database del Fermilab senza essere stata classificata correttamente. Il finale di partita sulle sorti del segreto dell’Universo si fa perciò sempre più incandescente: mentre al Fermilab si inizia a ricontrollare da capo tutto il database, il CERN sta accelerando i lavori conclusivi. Nella battaglia tra Europa e Stati Uniti soltanto una cosa è davvero certa: per la particella di Dio la sfida è tuttora aperta. Francesco De Pretis