Corriere della Sera 6 febbraio 2008, Adriana Bazzi, 6 febbraio 2008
Creato un embrione con tre genitori. Corriere della Sera 6 febbraio 2008. MILANO – Un embrione con due mamme e un papà: lo ha creato in laboratorio un team di ricercatori dell’Università di Newcastle, nel Nord della Gran Bretagna
Creato un embrione con tre genitori. Corriere della Sera 6 febbraio 2008. MILANO – Un embrione con due mamme e un papà: lo ha creato in laboratorio un team di ricercatori dell’Università di Newcastle, nel Nord della Gran Bretagna. Anzi, di embrioni ne hanno costruiti dieci, che si sono poi sviluppati e sono sopravvissuti per sei giorni. un nuovo passo avanti della ricerca scientifica che ha come obiettivo finale la cura di un’intera classe di malattie genetiche ereditarie, compresa l’epilessia e certe forme di distrofia musco-lare, trasmesse dalla madre al figlio attraverso i mitocondri (le «centraline» energetiche della cellula). L’annuncio è stato dato in occasione di una conferenza, ma il lavoro non è stato ancora pubblicato su riviste scientifiche. «Non stiamo facendo manipolazioni di geni e non vogliamo creare bambini geneticamente modificati – ha assicurato Patrick Chinnery, uno dei ricercatori del team ”; stiamo soltanto cercando di sostituire quella piccola porzione di geni malati, che si trovano nei mitocondri materni, con geni sani di un’altra donna». Punto di partenza del test è la fecondazione in vitro di un ovulo di donna portatrice di malattie mitocondriali con uno spermatozoo. Una volta che si è formato l’embrione a una sola cellula, si preleva il nucleo (che contiene quindi il Dna materno e paterno) e lo si trapianta nell’ovulo senza nucleo di una seconda donna che ha il Dna dei mitocondri sano. Questo piccolo patrimonio di geni mitocondriali (in tutto 16.000 «unità» genetiche sui tre miliardi dell’intero genoma umano) serve per il buon funzionamento della cellula e quando è alterato può dare origine a una serie di malattie, una cinquantina in tutto, che colpiscono una persona su 6.500. Alcune sono disabilitanti, altre addirittura mortali: oltre a epilessia e distrofie, ci sono anche patologie del fegato, alcune forme di cecità, diabete e casi di sordità. «Non c’è scambio di materiale genetico fra mitocondri e nucleo – precisa Carlo Alberto Redi direttore scientifico del Policlinico San Matteo di Pavia – e non c’è pericolo che il Dna mitocondriale della seconda donna si mescoli con quello dei genitori di partenza ». In Giappone questa tecnica ha già permesso di far nascere topi sani da madri con ma-lattie mitocondriali. Sono due le novità dell’esperimento di Newcastle rispetto ad altri già condotti in passato. La prima è che i ricercatori hanno creato ex novo gli embrioni e non hanno utilizzato embrioni di scarto da tecniche di fecondazione assistita, come avevano già fatto l’anno scorso. La seconda è che dapprima hanno eseguito la fecondazione in vitro e poi il trapianto di nucleo e non il contrario, come altri gruppi hanno già sperimentato. «Per ampliare la gamma delle tecniche di riproducibilità dell’essere vivente – ha detto ancora Redi ”, è importante che si percorrano vie diverse. anche possibile che il trapianto del nucleo di un embrione formato da una sola cellula dia risultati migliori rispetto al trapianto del nucleo di un ovulo in un altro ovulo. Il trasferimento di nuclei è sempre difficile, anche se è migliorato rispetto a qualche tempo fa e oggi riusciamo a ottenere risultati positivi nel 70-80 per cento dei casi». Altri gruppi di ricerca, sempre con l’obiettivo di curare le malattie dei mitocondri, hanno sfruttato la chirurgia cellulare e cioè il trapianto di mitocondri. Almeno trenta bambini sarebbero nati dopo che nell’ovulo della madre, portatrice di una malattia mitocondriale, sono stati iniettati mitocondri di una donna sana. Una tecnica diversa da quella adottata dagli inglesi, usata anche per «dopare» ovuli di donne non più giovanissime e migliorare la loro chance di diventare mamme con la fecondazione in vitro. Grazie a questa in Italia, a Torino, è nato nel 1999 un bambino figlio di tre genitori. Adriana Bazzi