Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  gennaio 22 Martedì calendario

Ecco perché l’mp3 rovina la musica e l’industria crolla Libero, 22/01/2008 Un paradosso. Nonostante la tecnologia che trionfa, le pagine di offerte hightec che invadono le nostre cassette di posta, le presentazioni di novità hardware e software che diventano moda e costume, la qualità sonora della musica che ascoltiamo peggiora

Ecco perché l’mp3 rovina la musica e l’industria crolla Libero, 22/01/2008 Un paradosso. Nonostante la tecnologia che trionfa, le pagine di offerte hightec che invadono le nostre cassette di posta, le presentazioni di novità hardware e software che diventano moda e costume, la qualità sonora della musica che ascoltiamo peggiora. Lo sostiene un articolo molto documentato e molto discusso del Rolling Stone (edizione americana). Titolo: ”La morte dell’alta fedeltà”. Il termine ”alta fedeltà” si porta dietro un’impressione di modernariato, ricorda i tempi in cui c’era l’impianto stereo, col piatto, l’amplificatore, le casse, tutto comprato pezzo per pezzo. Un paio di decenni fa l’impianto hi/fi era il punto d’arrivo naturale degli appassionati di musica. Ormai è roba da audiofili, cioè praticamente da maniaci. Oggi si attacca il computer a due casse, magari con il subwoofer. Il portafoglio ci guadagna, la qualità del suono mai: gli acuti sibilano, i medi grattano, i bassi rimbombano. Non serve essere dei fanatici per accorgersene. La cosa in sé non disturba più di tanto, comunque, dato che c’è un altro responsabile della decadenza del paesaggio sonoro, il formato mp3. In teoria l’mp3 è un procedimento di calcolo per comprimere -cioè ridurre- i dati, non dovrebbe fare danni. In pratica ridurre un file musicale di 50 megabyte a 5 megabyte qualche conseguenza ce l’ha. La nona di Beethoven in formato mp3 che sta sul computer di chi scrive, nonostante l’ottima direzione di Leonard Bernstein sta al Cd originale come uno schizzo sta al modello. I piano e i forte si confondono, gli oboi si mangiano i violini, i timpani sembrano tamburelli, eccetera. Quando scarichiamo un Cd a soli 9 Euro e 99 anziché una ventina abbondanti stiamo pagando quella musica quanto vale. L’uso di Ipod, Zen, e lettori portatili non migliora le cose. Per questioni di sicurezza gli aggeggi in questione non forniscono un volume alto. Di conseguenza gli ingegneri del suono che si occupano del mastering, tendono a comprimere il segnale. Che significa aumentare il livello dei suoni deboli, ridurre i picchi dei suoni forti, fino ad ottenere un livello costante. che viene pompato al massimo nella fase di finalizzazione. Questo distrugge la dinamica del suono, cioè la differenza tra piano e forte, cioè il respiro, la raffinatezza dell’esecuzione. Ma anche la grinta di un ritornello, e la possibilità di riconoscere i vari strumenti in un insieme. Che direste di un Notturno di Chopin che viene fuori allo stesso volume dei Metallica? Daniel Levitin, che insegna Neuroscienze all’unversità McGill di Montreal sostiene che ”l’eccitazione nella musica proviene dalle variazioni di tono, timbro, volume. Se si rende uniforme uno di questi parametri, tutto diventa monotono”. I risultati delle ricerche confermano. Dopo pochi minuti un volume costante affatica il cervello. Pochi ascoltatori se ne rendono conto in maniera conscia, ma sentono il bisogno di passare a una nuova canzone. L’articolo sull’edizione in rete del Rolling Stone mostra le forme d’onda di vari brani degli ultimi vent’anni. Quella di ”Smells like teen spirit” dei Nirvana (2001) ha ancora la sua figura classica, a ombrello in orizzontale. Quella di "I Bet You Look Good on the Dancefloor" degli Artctic Monkeys (2006) è costantemente al massimo, sembra una baguette. Ormai tra i produttori americani e non solo è aperta la guerra del volume. Si ascoltino ”La radiolina” di Manu Chao o ”Magic” di Bruce Springsteen. Vengono fuori a un volume fortissimo. La qualità (anche sonora) è quella che è. Anche l’ultima collezione del Led Zeppelin, Mothership, è stata finalizzata e suona più forte delle versioni originali dei pezzi. La corsa al volume alto e costante, cioè a una qualità costantemente bassa sollecita una nota a margine dei guai che sta passando la Emi. Non sarebbe stato il caso -anche per il rock, e in particolare per un certo rock- di coltivare un mercato fatto di gente interessata alla qualità (del suono e della musica)? Gente che vorrebbe un ottimo catalogo di ottime registrazioni e che sarebbe disposta a spendere soldi per questo, un po’ come gli appassionati di musica classica? Evidentemente no. Era meglio lanciarsi in una gara spaccaossa con i programmi di scambio file gratuiti e non, attaccarsi al target Robbie Williams (con tutto il rispetto), inscatolare gli artisti in catalogo come sarde salate. E poi stupirsi dei risultati. Bruno Giurato