ALBERTO STATERA, La repubblica 5 febbraio 2008, 5 febbraio 2008
Agnelli, Mondadori, Bertone quando litiga l´azienda-famiglia. La Repubblica 5 febbraio 2008. Alla Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi si parla di Affetti e Affari, una pozione quasi sempre mefitica se non velenosa
Agnelli, Mondadori, Bertone quando litiga l´azienda-famiglia. La Repubblica 5 febbraio 2008. Alla Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi si parla di Affetti e Affari, una pozione quasi sempre mefitica se non velenosa. Gessati e vellutini disengage oggi in aula. Un plotoncino di rampolli trentenni ha sborsato 3.600 euro più Iva - 10 per cento di sconto a due o più della stessa famiglia - per partecipare a un dotto seminario e imparare dalla scienza del professor Guido Corbetta, titolare della cattedra di Strategia delle aziende familiari intitolata ad Alberto Falck, "Come prepararsi a gestire un patrimonio", ma soprattutto "Come affrontare i conflitti familiari". La sindrome dei Buddenbrook colpisce grandi e anche piccoli imprenditori, spacca le famiglie e non di rado uccide le aziende. La saga degli Agnelli, dopo la morte dell´Avvocato, si consuma ormai in Tribunale con la figlia Margherita che accusa sua madre Marella e i figli di primo letto per difendere gli interessi della nidiata successiva; le donne Bertone, Lilli la vedova, e Barbara la figlia, stanno accompagnando al disastro finale quel piccolo gioiello industriale creato dal marito e padre Nuccio; Cristina Mondadori, che quindici anni fa, scomparso il marito Mario Formenton, cedette fulmineamente la casa editrice di Segrate a Berlusconi complice il figlio Luca, con Martina, figlia del defunto Leonardo, cercano di inibire l´uso del cognome alla seconda moglie del nipote, Katherine Price. Casi sotto i riflettori e nei tribunali, ma tanti altri covano silenziosi con qualche flash pubblico, come quello della famosa lettera aperta di Veronica Berlusconi al marito Silvio, trentasettesimo uomo più ricco del mondo, dei Fossati della Star. Famiglie grandi e famiglie piccole, note e ignote, sono alle prese con il cosiddetto trapasso generazionale e con i meccanismi ereditari. La Banca d´Italia ha stimato che sei imprese italiane su dieci devono affrontare la successione nel governo aziendal-familiare, visto che hanno azionisti di controllo intorno ai sessant´anni. Grandi gruppi come la Luxottica di Leonardo Del Vecchio, la Benetton, la Saras dei Moratti, la Barilla della famiglia felice del "Mulino Bianco" stanno cercando le soluzioni nei patti tra parenti. Ma migliaia e migliaia di piccole e medie aziende, spesso con una leadership incontrastata e un leader-fondatore con un ego smisurato che talvolta terrorizza i figli spingendoli a occuparsi, invece che di manifattura, magari di musica e discoteche, letteratura o pittura, non sono affatto attrezzate all´evento. La prima generazione crea, la seconda consolida, la terza distrugge, dice un motto degli "wealth advisor", i consulenti della ricchezza che si offrono oggi per suggerire come esorcizzare la mortalità delle aziende, che nel 70 per cento dei casi, pone il triste evento non alla terza, ma già alla seconda generazione, mentre solo il 3 per cento arriva alla quarta. A quante stragi di seconda generazione abbiamo assistito negli ultimi lustri? Borletti, Alemagna, Rizzoli, Mondadori… Difficile censirle tutte. I Marzotto sono faticosamente arrivati alla sesta generazione, poi si sono divisi, in un intrico parentale che anche l´ex leader, il Conte Pietro come lo chiamavano a Valdagno e che si dichiara ormai "pensionato", fatica a ricostruire. Storie balzacchiane, talvolta kafkiane, da noi più diffuse perché il 93 per cento delle nostre aziende è a struttura familiare, ma frequenti in ogni angolo del mondo. Il caso Rothschild docet: per conservare il patrimonio e rimanere uniti, su diciotto matrimoni dei nipoti di Mayer Amschel Rothschild, sedici furono tra cugini primi. Ma ciò non servì a esorcizzare la diaspora familiare. Anzi. Maurice, figlio di Edmond, fu espulso dal gruppo perché indefettibile donnaiolo e poco affidabile. Ma poi il figlio di Maurice, anche lui chiamato Edmond, tornò ai vertici della dinastia. Pendono dalle labbra della professoressa Eugenia Scabini, psicologa sociale della famiglia, i rampolli in ansia per la difficile equazione Affetti e Affari, talvolta stressati dal genitore e impressionati dall´epidemia di conflitti familiari che pullulano nelle cronache. Un´epidemia? «Ma no - spiega il professor Corbetta - non vedo nessuna accelerazione dei conflitti familiari, ma solo una normale ciclicità. I Marzotto, i Benetton, le Bertone, tutti episodi che è difficile legare tra loro in un´unica motivazione. La vicenda Agnelli deriva probabilmente dal fatto che l´accordo alla morte dell´Avvocato fu raggiunto quando la Fiat era in crisi. Poi con Sergio Marchionne c´è stata la ripresa e Margherita si è posta qualche legittimo interrogativo sui termini di quell´intesa conclusa in tempi diversi per l´azienda. La vicenda Bertone, dimostra, al contrario, che quando un´azienda va male scoppiano facilmente le problematicità interfamiliari». Quando poi la famiglia è allargata, con figli di primo, di secondo e di terzo letto, come oggi capita assai di frequente, la natura policentrica dell´ereditarietà aziendal-familiare genera inevitabilmente conflitti epici. Salvo che non si preparino in tempo le soluzioni. Come hanno fatto, ad esempio, le famiglie che controllano la De Agostini: «Il nonno Marco Boroli - racconta Marco Drago, un esponente delle famiglie che controllano la società - ebbe sei figli, che a loro volta ne ebbero diciannove, fino a una quarta generazione composta di 41 membri». Che fare? Distribuire, quando ci furono, le forti plusvalenze agli azionisti o reinvestire? Così fu costutuita una Sicav lussemburghese per accentrare tutto il patrimonio sotto un "global custodian" e due comitati sul modello del "family office" britannico, pare con effetti di sana collaborazione tra gli azionisti. Grandi famiglie per numero di componenti e piccole ma ben grandi per ricchezze. Problemi diversi, ma conflitti sempre in agguato. Cesare Romiti è notoriamente un tipo tosto, con il quale i figli non devono aver avuto vita comoda. Ha spianato la strada con determinazione a Maurizio e Pier Giorgio, ma non ha peli sulla lingua e qualche eco di vicende aziendali rivela alcune non proprio ininfluenti insoddisfazioni paterne nei loro confronti. Luca Cordero di Montezemolo è un nonno: del figlio appena nato di suo figlio Matteo e Ludovica. Nel momento stesso in cui deve decidere che cosa fare della sua vita di splendido sessantunenne - la politica, il governo, la Ferrari, la poltrona Frau, le Ferrovie private, le figlie piccole, le aziende familiari? - si trova a dover fare i conti col pur lontano trapasso, naturalmente generazionale. Il suo successore in pectore alla Confindustria, Emma Marcegaglia, sembra invece già titolare di una situazione agevole, perfetta come lei. Il padre Steno ha dato la guida del gruppo familiare alla moglie Mira, al figlio Antonio, classe 1963, e, per l´appunto, alla figlia Emma. Se la presidente sarà troppo occupata nella giostra confindustriale, la rete familiare non mancherà. Esattamente come capiterà col fratello Andrea a Riccardo Illy, della dinastia del caffè, ora che è morto il padre Ernesto, se si ricandiderà presidente della Regione Friuli Venezia Giulia o se diventerà ministro. Il professor Corbetta, la cui cattedra bocconiana è collegata con l´Associazione Italiana delle Aziende Familiari, presieduta dal banchiere familiare di Biella Maurizio Sella, ha dato buoni consigli alla famiglia di Vittorio Merloni, che ha un patto sottoscritto da più di un decennio e che con una "scelta sofferta", come l´ha definita la primogenita di Vittorio Merloni Maria Paola, diede la poltrona di amministratore delegato a Francesco Caio. Oggi Caio è nel comitato strategico della Carraro di Padova, assali per trattori, che è al giro di boa del miliardo di fatturato. «Si compie un´epoca - dice Mario Carraro, che ha ottimi rapporti con il fratello Francesco, raffinato collezionista d´arte - e per fortuna i miei figli vanno d´accordo». Carraro confessa di essersi "un po´ vergognato" lui, settantottenne, trovandosi qualche giorno fa in una riunione tra pari con due giovanotti, Giuseppe De Longhi e Alessandro Benetton, che hanno la metà dei suoi anni, provando esclusiva consolazione nel fatto che Pietro Marzotto, nato dieci anni dopo di lui, gli ha sussurrato: «Caro Mario, quando tu avrai la mia età….». I Coin, i Bisazza, i Riello. Le infinite saghe familiari d´Italia farebbero la felicità di Thomas Mann. Ma adesso qui in Bocconi per chi vuole salvare il "business family" c´è il "wealth advisor", che non potrà curare gli Affetti. Ma forse gli Affari. Alberto Statera