Corriere della Sera 3 febbraio 2008, A.Ga., 3 febbraio 2008
I 1.840
metri degli orrori La via di fuga? In discarica. Corriere della Sera 3 febbraio 2008.
CESENA – Giura il professor Claudio Mencacci, psichiatra, che ogni settimana gli si presentano in media due nuovi pazienti «afflitti da ansia da claustrofobia dettata, certo, dai luoghi chiusi, dal metrò e dagli ascensori, ma soprattutto da gallerie e viadotti, vero incubo». I pazienti saranno pendolari della E45, superstrada gestita dall’Anas. Da Cesena a Terni e ritorno, passando per un angolo di Toscana, la E45 s’allunga per 200 e passa chilometri su due corsie per direzione di marcia, balla sull’asfalto zeppo di buche e malamente suturato, scivola lungo rivoli d’acqua a ogni pendenza, curva al fianco di cartelli sbilenchi, ferma in aree di servizio dove mancano le pompe di benzina e non i night-club, e soprattutto s’infila nei tunnel. Ma poi: s’infila. Più che altro, nei tunnel precipita, sprofonda, maledice.
Se c’è un’Italia delle gallerie che non galleggia sulla sufficienza, è la E45. Gli esperti dell’EuroTap, per tre anni di fila l’han percorsa, osservata, esaminata, e per tre anni l’hanno bastonata. Con un giudizio che più netto non si può: «Del tutto insoddisfacente ». capitato nel 2005 con la Quarto e la San Pellegrino. L’anno scorso, la Colle Capretto ha rimediato uno «scarso». Ma la palma d’orrore, sempre nel 2005, è andata alla Roccaccia delle Terme, mandata in archivio dopo l’ispezione con «il risultato peggiore del test». E dunque, vediamola, questa galleria, con quel doppio nome, il primo che evoca durezza e il secondo che rimanda all’acqua. Il primo nome, si scoprirà, ci sta tutto. Il secondo anche. Nel senso che piovono infiltrazioni dall’alto, in un punto c’è una fontanella, i tir la centrano in pieno, l’assorbono e la risputano indietro con maggior forza, e l’acqua finisce come una doccia sulla vettura che segue.
Che galleria. Nella pagella EuroTap, ci sono 25 (venticinque!) voci negative, di contro a 7 positive. Il problema è che la valutazione è accertata e, datata com’è 2005, si sperava che col tempo venisse ribaltata. Macché. Nella Roccaccia delle Terme, tutti, ma proprio tutti, dagli automobilisti agli operai dell’Anas, guidano, fanno e vivono come se non fossero in un tunnel. Quanto in un altro posto. Una discarica abusiva, per esempio. A metà dei 1.840 metri di lunghezza della galleria, arrivando da Cesena, sulla destra c’è una via di fuga. E c’è una sbarra, con tanto di cartello «divieto d’accesso », chiusa con il lucchetto. Dunque, niente possibilità di passare con l’automobile. Bisogna usare i piedi. Si scavalca e si sbuca su uno spiazzo che, si pensa, possa portare in qualche posto, quantomeno su una strada percorribile dai mezzi di soccorso. Niente. Terminato lo spiazzo, un centinaio di metri quadrati, c’è un paesaggio magari grazioso, con le alture – siamo a 500 metri sopra il livello del mare, vicino a Bagno di Romagna ”, qualche vecchia cascina, verde e i camini che fumano ”: è un paesaggio irraggiungibile. C’è una scarpata, di mezzo. E allora? Allora ci si guarda in giro. Allora si potrebbe fare come fanno i rigattieri, i carrozzieri, i meccanici, i collezionisti di cianfrusaglie della zona. Ecco un tappeto di targhe, italiane e straniere, pneumatici, cartelli stradali rotti, batterie, coppe dell’olio, pezzi del motore, sedili, cinture di sicurezza, calce – che c’entra la calce? Boh ”, tavole da surf, e queste c’entrano ancor meno, d’accordo, non lontano sorge e parte il Tevere, piccino e asciuttissimo, però non è certo terra di surfisti. Men che meno di contadini: c’è una zappa, scassata. O di calciatori: c’è un pallone.
I resoconti locali dicono che la discarica è cosa indigena, gli stranieri non la conoscono. Non sarebbe comunque strano se qualche ladro di vetture sapesse e arrivasse qui a prendersi le targhe, per sostituire le originali e si desse alla fuga. facile, scappare invertendo la rotta. La Roccaccia delle Terme ha sulla sinistra rispetto alla marcia due enormi spazi di collegamento. Tra una carreggiata e l’altra, v’è un cancello con una porticina. aperta, la porticina: giusto, serve casomai qualcuno dovesse darsela a gambe levate e magari chiedere aiuto, nell’eventualità di un sinistro, agli automobilisti che provengono dall’altra parte. Si sappia però che occorre prestare attenzione: il cancello, grosso come una muraglia, non è fissato: traballa, ondeggia, si alimenta col vento provocato dal passaggio dei camion, e fa avanti e indietro con un rumore terribile, da carro armato all’assalto.
Per fortuna che la galleria, dopo 1.840 metri, si ferma. Finisce, c’è la luce. Di nuovo la E45 a cielo aperto, col solito refrain: tappeti di buche anzi voragini, l’asfalto sberciato, i cartelli che guardano da un’altra parte rispetto alla strada. Terni e l’Umbria si avvicinano. Lentamente. Faticosamente. Compare un’altra galleria, la Quarto. Oltre due chilometri e mezzo. Data di nascita, il 1996 (la Roccaccia delle Terme è del ’74). Numero di guasti meccanici nel 2004 con conseguenti blocco della circolazione e code e difficoltà: 35. Non è dato sapere se e se sì con quale quantità e frequenza i guasti si siano ripetuti fino a oggi. Non che serva. All’ingresso del tunnel, affisso al muro, c’è l’apposito contenitore con l’estintore. Presente il contenitore, assente l’estintore. Le pareti sono scrostate, pezzi di lamiera penzolano pericolosi, i marciapiedi sono direttamente sulla strada – senza barriere divisorie – e i pannelli che annunciano la distanza in metri alle uscite di emergenza sono spenti. Fossero le uniche noie. L’emittente radio di informazione sul traffico va e viene, il segnale non prende ovunque. Le vie di fuga non sono illuminate, intravederle da debita distanza è impossibile. Non si vedono idranti. C’è l’angolino con il pulsante da premere in caso di incidente. Pulsante pigiato alla voce soccorso stradale. Parte la segreteria telefonica. «Se è cliente... prema 1, se non è cliente prema 2». Voce lenta. Stessa frase ripetuta in inglese. Trascorre un’eternità. Premuto pulsante 1. Nessuna risposta. La comunicazione cade. E anche se non cadesse, come si fa a parlare? Nel rapporto EuroTap si legge: «Telefoni di emergenza non isolati acusticamente ». Non si riesce a comunicare, troppo rumore attorno.
L’EuroTap aveva posto l’accento sulle «simulazioni di emergenza non effettuate con regolarità», sull’assenza di «un piano di gestione dell’emergenza», sulla «centrale operativa non in servizio permanente per 24 ore». Ora, l’Anas che fa? Garantisce che entro un anno e «vedrete i reali cambiamenti ». Cammin facendo, s’incontrano operai al lavoro, piegati sulla riparazione dell’asfalto grattugiato. Si rimedia alla malattia (cronica) della strada. Sempre l’Anas dice che verranno i miglioramenti e le ristrutturazioni anche per le gallerie. Se si può, si cominci con il mettere i pannelli all’ingresso dei tunnel, quei pannelli che annunciano il nome, e vabbé, chissenefrega,
e che indicano, questo interessa, la lunghezza. Prendiamo la galleria Poggio: uno ci entra, senza sapere per quanti metri debba avventurarsi dentro la montagna salvo scoprirlo all’uscita, dopo aver guardato il contachilometri. Mezzo chilometro, alla fine. Non un’infinità.
un’infinita questa E45. Se piove, velocità da tenere bassa, oltre gli 80 l’auto sbanda. Se c’è la nebbia, mettere la prima marcia, lasciarla e buonanotte. Se nevica, e capita di frequente, meglio uscire al primo svincolo. Se si è dalle parti di Narni e San Gemini, in Umbria, quasi al termine della superstrada, occhio alla San Pellegrino e al Colle Capretto. Nella San Pellegrino «i cavi della struttura non sono resistenti al fuoco», se scoppia un incendio il tunnel si tramuterà in un camino bestiale. Nel Colle Capretto «le comunicazioni radio tra vigili del fuoco, polizia e personale di servizio non sono possibili».
Dice il professor Claudio Mencacci che per una persona che soffre d’ansia e claustrofobia, e che soffre da matti i luoghi chiusi, in certe gallerie gli prende la tachicardia. Perché manca l’aria. Sulla E45, c’è da aprirci uno studio di psichiatria.
A.Ga.