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 2008  febbraio 03 Domenica calendario

Controproposta inattuale Michelle Obama for president. Corriere della Sera 3 febbraio 2008. LOS ANGELES – Controproposta elettorale

Controproposta inattuale Michelle Obama for president. Corriere della Sera 3 febbraio 2008. LOS ANGELES – Controproposta elettorale. E’ troppo tardi per farla, ma sarebbe un’ottima controproposta, per i democratici. Ecco il ticket: vicepresidente Hillary Clinton, competente, navigata, senza scrupoli, con un ruolo chiave alla Dick Cheney; secondo gentleman Bill, bisognoso di ritrovare il buonumore tra cene di gala e belle signore. First lady Barack Obama, sarebbe fantastico: è il miglior tipo di maschio moderno, sensibile, elegante, attento alle figlie senza vergognarsene, più carismatico di Jackie Kennedy, con esperienza internazionale, grande oratore in ogni circostanza (potrebbe commuovere anche inaugurando mostre floreali); potenziale ispirazione ed esempio per gli altri uomini in America e nel mondo. Presidente degli Stati Uniti Michelle Robinson in Obama; 44 anni, manager ospedaliero. E’ una dura di vecchio stampo, porta a termine ogni missione senza ricamarci su. Ha la grinta di Lee Marvin, l’eloquio stringato di Clint Eastwood, il coraggio di John Wayne, l’integrità occasionalmente irritante di Gary Cooper, la velocità organizzativa di James Cagney in «Un, due, tre». Sa prendere decisioni in modo rapido, acuto, non banale. Quando il collega di studio Barack insisteva per portarla a cena, prima di accettare lo sfidò a basket; spiegando poi che la vera personalità di un uomo si vede sul campo, mica a tavola quando versa il merlot. In più, risparmierebbe all’America e al mondo libero lo tsunami di ipocrisia che sta devastando queste (e altre) elezioni. Tra l’altro lei era contraria, all’inizio, alla candidatura di suo marito. L’ha raccontato l’altra sera alla Cnn: «Ero contraria perché sono cinica. Cinica sulla politica, come molti americani». Spesso «non c’è niente di razionale nella politica» e a una come lei dispiace. Causa forma mentis e autodisciplina fin da piccola. Nata in una famiglia povera del South Side di Chicago, grazie ai buoni voti ha studiato in un liceo pubblico pilota (insieme a Santita Jackson, figlia del reverendo Jesse, poi sua damigella al matrimonio; lo sposo Barack, più attento di lei alle pierre, ne approfittò per crearsi legami col clan Jackson, potentissimo tra i neri di Chicago). Poi è andata a Princeton e alla Harvard Law School. Niente di scontato per una ragazzetta nera (non tanto ragazzetta, è un metro e ottanta con spalle di conseguenza). Che poi, finché non si è dimessa causa elezioni, guadagnava tre volte lo stipendio del marito. Alta, super-brava, poco zuccherosa, esplicita come sono spesso le afroamericane intelligenti, Michelle O. è un’ottima propagandista- comiziante; aiutata dal vocione e dall’approccio diretto. Pure troppo, secondo i media, qualche mese fa. Quando raccontava che Barack «russa di notte, puzza la mattina e le bambine (Malia e Sasha, 9 e 6 anni), non vogliono venire nel lettone, lascia qualunque cosa in giro». Maureen Dowd del New York Times accusò Michelle di essere «svirilizzante » danneggiando così il candidato. Ora Michelle è più cauta, ieri non ha quasi parlato di questioni personali. Ma forse più che svirilizzante era realistica. Su sé stessa e il marito, su milioni di coppie in Occidente. In cui l’uomo è magari brillante ma endemicamente disorganizzato ed emotivamente dipendente; e la donna, per carattere e/o necessità, è diventata il «vir» della casa. Prende decisioni, affronta i figli, si assume responsabilità. E può essere di cattivo umore per la fatica; lei lo ha raccontato ieri alla Cnn, dicendo che si sente molto normale. Una delle tante che fanno una vita da criceto correndo tra lavoro- casa-figli-compagni. E lei ora gira l’America, ma i suoi tour elettorali non durano più di due giorni alla volta. «Non sono una che si perde un saggio delle bambine ». Mentre a Barack è capitato, racconta l’ex collaboratore Dan Shoman: «Durante certe sedute serali mi diceva: ti rendi conto che non potrò mettere a letto le mie figlie? Parlava come una mamma lavoratrice bloccata in riunioni inutili, e si sentiva in colpa ». Tornando alla controproposta: Michelle è palesemente più avanti. Capace di tagliar corto, sarebbe in grado di affrontare una crisi con la Corea del Nord, aiutare in geometria, fare un telefonata col vocione per terrorizzare qualche senatore incerto e trovare i calzini persi da Barack. Non succederà. ovviamente. Non succederà perché corre come moglie. Perché già sembra un progresso la sfida donna bianca- uomo nero. Non è successo anche per motivi generazionali. Per le superdonne giovani negli anni 60 come Hillary la politica è stata centrale e liberatoria. Per le attuali superdonne quarantenni, anche mogli di candidati speranzosi, la politica è spesso lontana e deludente. Peccato. Michelle sarebbe stata un presidente tostissimo; e ci saremmo tutte innamorate della first lady Barack, sicuro. Maria Laura Rodotà