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 2008  febbraio 04 Lunedì calendario

Viaggio nelle giungle d´asfalto delle nostre città, dove ogni giorno sessanta persone vengono investite da camion, auto e moto

Viaggio nelle giungle d´asfalto delle nostre città, dove ogni giorno sessanta persone vengono investite da camion, auto e moto. La Repubblica 4 febbraio 2008. ROMA Vado? O non vado? Dura la vita del pedone quando in città cala la sera e le automobili tornano a casa spingendo sull´acceleratore. Vado o non vado? Bisogna farsi due conti. Da una sponda all´altra di questo autostradone metropolitano corrono quasi sessanta passi. Quando si accende il verde, per superare in tempo le dieci corsie, bisogna stare già lì, pronti al blocco di partenza. Il via libera dura sei secondi. Poi, per un´altra trentina di secondi, si rimane in balia del giallo, nelle incertezze di una terra di nessuno. Tempo un altro secondo. E il fronte scalpitante delle automobili si slancia sul rettilineo. Chi c´è c´è. E chi non c´è non c´è. Anche chi va a piedi deve saper prendere decisioni istantanee. Ben sapendo, per di più, che il traffico cittadino si basa, sì, su qualche legge scritta, chiara come le luci dei semafori; ma anche su un codice della strada non scritto, adattato agli usi e ai costumi locali. La vita del pedone, tra motorini napoletani o Tir brianzoli, varia da città a città. Ma una perlustrazione della Capitale offre sempre una bella gamma di strisce, strade e marciapiedi. E poi c´è il Colosseo. Viaggio a piedi nelle vie di Roma, dove ogni incrocio è una scommessa e attraversare uno stradone incolumi può diventare una impresa Senza pietà per passeggini e portatori di handicap Al gradino più basso della gerarchia stradale Conta pure meno dei ciclisti Occasionali e abituali, smaliziati e inesperti, alla ricerca di strategie di sopravvivenza Uno degli attraversamenti più falciati d´Italia è quello che sta davanti all´uscita della metropolitana del Colosseo. La distanza da coprire, rispetto all´autostradone della Cristoforo Colombo, sarebbe minima. Ma su quei tredici passi si consuma una decimazione di turisti stranieri, poco avvezzi alle tradizioni capitoline. Sono le contraddizioni del confronto multiculturale. In altri paesi le strisce pedonali rappresentano un segnale univoco: chi è a piedi ha la precedenza. Nel nostro caso il pedone - se proprio vuole passare - potrebbe avere la precedenza, ma è meglio che si scansi in fretta. I giapponesi, a quanto pare, sono duri a capire, quasi si fermano a fare un´inchino. Una strage. Stranieri a parte, peraltro, quella del Colosseo, si vede subito, resta una traversata impegnativa; peggiorata dalle fermate degli autobus, una decina per ogni senso di marcia. La fermata dell´autobus è una delle situazioni più a rischio in assoluto. Le auto sorpassano, qualcuno esce fuori dalla sagoma del mezzo in sosta... Al poveretto è andata bene, ma rimane lì, al centro della carreggiata, una corsia davanti e una di dietro. E lo sfottono pure: «Ahò, ma te voi leva´!?». Ci sono i pedoni occasionali. E i pedoni abituali. Tra le due categorie si notano, a volte, certe differenze di passo. Più smaliziato, il camminatore abituale conosce di solito i trucchi del mestiere. Se avanza sul ciglio della strada preferisce il lato con le automobili che gli vengono incontro, non dimentica di buttarsi un orecchio alle spalle per avvertire eventuali schegge impazzite, non si lascia distrarre, come spesso capita agli inesperti, dagli azzardi o dalle questioni di principio. Sa come vanno le cose. E sa, quali sono le situazioni più pericolose, come, per l´appunto, quelle dove si sale e si scende dagli autobus. Un momento confuso, sia per l´andamento del traffico sia per le situazioni psicologiche, perché quando si sta di qua e di là sta arrivando il 60 (che poi rischi di aspettarlo venti minuti) alla fine rischi. E, a onor del vero, va detto anche questo: sono le macchine che mettono sotto i pedoni, ma spesso e volentieri capita che i pedoni se la vadano a cercare. Nei passaggi sul filo, stando al primo colpo d´occhio, prevalgono i giovani, che saltellano tra le auto come toreri nell´arena, e gli anziani, a volte semplicemente troppo lenti, a volte decisamente testardi. La differenza di classe è chiara, fin dalla definizione del vocabolario della lingua italiana che, alla voce pedone, spiega che si tratta di «chi cammina a piedi» ma subito aggiunge, per chiarire meglio il concetto, «specialmente contrapposto a chi si sposta con un veicolo». Il pedone occupa il gradino più basso della gerarchia stradale. Conta pure meno dei ciclisti, non fa mai notizia. Si prenda una transenna qualsiasi: se sbarra il passo al traffico automobilistico si apre un dibattito; se si interrompe un marciapiede non interessa a nessuno. In certi casi, poi, la presenza di un passante viene esclusa per principio. Anche senza spingersi sulle frontiere più lontane, distese tra svincoli, circonvallazioni e sopraelevate, basta provare ad arrivare al centro di piazza della Repubblica, alla fontana delle Naiadi. Una rotatoria spaventa sempre ogni pedone avveduto. E i flussi che si aprono, si mischiano e si ridividono nel vortice dell´Esedra confermano la diffidenza, seguendo logiche e traiettorie che, è evidente, non prevedono alcuna interferenza umana. La traversata è tanto più caratteristica se la si tenta dopo il tramonto; meglio se pioviggina pure. Quando un uomo con l´automobile incontra un uomo che va a piedi, l´uomo che va a piedi è un uomo morto. Le possibilità di sopravvivere a un´auto che viaggia a 30 chilometri all´ora sono del cinquanta per cento; a 50 chilometri all´ora si scende al al dieci per cento; se l´auto va oltre i sessanta non ne parliamo nemmeno. La necessità di decidere alla svelta aumenta, per di più, via via che ci si avvicina ai vecchi rioni, da Trastevere a Trevi, da Ripetta a via del Boschetto, dove - nonostante la chiusura al traffico - bisogna ancora guardarsi dalle continue eccezioni: dagli specchioni retrovisori dei camioncini che puntano direttamente al capo, dai pararinoceronti dei gipponi puntati alla pancia, dalle tagliole dei paraurti, forche caudine dello stinco. Il marciapiede magari non c´è. E, quando c´è, è continuamene interrotto, o sbarrato dai motorini in sosta. Sali e scendi, esci e rientra, salta, sfila e sfuggi. Smart, moto, motorino. La strada bisogna conquistarsela, anche se sei una mamma con la carrozzina, o un vecchio con le stampelle. Le regole dell´ingaggio non sono scritte; ma iniziano, in genere, da una danza mimica ritualizzata. Una mossa d´anca di qua, un singulto del motore di là... A puro scopo scientifico si potrebbe tentare qualche esperimento dal vivo, tipo pretendere la precedenza sulle strisce. Ma i primi test sconsigliano ogni insistenza. Lo ha capito anche la ragazzina che dal finestrino della station wagon saluta con il medio alzato. Luca Villoresi