La Stampa 4 febbraio 2008, Mario Tozzi, 4 febbraio 2008
ELIMINARE I RIFIUTI DI NAPOLI?
La Stampa 4 febbraio 2008.
L’emergenza rifiuti non si attenua. Anche ieri ci sono stati roghi e blocchi stradali nel Napoletano mentre Bruxelles inviava a Roma l’ultimo «avvertimento» a trovare una soluzione, senza la quale l’Italia - sarebbe tra un mese il successivo atto inevitabile - verrebbe deferita alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Le misure annunciate dal nuovo Commissario per l’emergenza rifiuti in Campania saranno forse in grado di tamponare l’emergenza di un milione di tonnellate di rifiuti, ma non sono sicuramente in grado nemmeno di cominciare ad affrontare seriamente il problema. Prima di tutto non si comprende che cosa significhi riaprire «temporaneamente» le discariche: per quanto tempo? E dove si porteranno «definitivamente» quei rifiuti aggiunti, una volta passato quel tempo? Sembra chiaro che rimarranno per sempre lì, alimentando le proteste di chi si sente preso in giro. Siamo cioè alle solite: agire in emergenza, magari anche per scavalcare qualche legge o vincolo troppo ostativo, per poi ritrovarsi a breve di nuovo in quelle condizioni, condizioni su cui qualcuno specula.
Qualcosa di diverso si potrebbe fare, però, proviamo a vedere come. Per due o tre mesi si può eccezionalmente ricorrere ad impianti a norma già esistenti sia in regione che fuori regione, nonostante il traffico dell’immondizia sia comunque da evitare. Per smaltire le «ecoballe» accumulate si possono realizzare impianti temporanei (questi sì) di termo-pressatura (i cosiddetti presso-essiccatori), presso gli stessi siti di stoccaggio, al fine di produrre un materiale stabilizzato ed inerte, da avviare gradualmente a combustione in impianti nazionali già esistenti, ma non necessariamente inceneritori: possono prestarsi anche centrali a carbone, in questo caso ottenendo una riduzione delle quote di anidride carbonica emessa, o altre fornaci (se adeguate tecnicamente), sempre previa certificazione del prodotto. Tale processo può essere gestito in sicurezza anche in un arco temporale medio-lungo di 2 o 3 anni, evitando di realizzare nuovi impianti di incenerimento. Questo è anche il suggerimento delle organizzazioni ambientaliste.
Per riportare alla normalità la gestione ordinaria, occorre avviare da subito la raccolta porta a porta della frazione organica ed i relativi impianti di compostaggio, filiera che può essere attivata in circa 3 mesi con un beneficio economico che appare evidente. Questo è il nodo fondamentale, perché porterebbe alla riduzione di almeno un 20-25% dei rifiuti da smaltire, eliminando proprio quella frazione putrescibile che crea i maggiori problemi di igiene pubblica. D’altro canto non può più essere procrastinata la sospensione immediata della vendita di prodotti usa e getta non indispensabili e deve essere estesa la vendita di prodotti senza imballaggio già sperimentata in molti casi, disincentivando comunque gli imballaggi mono-uso. Infine occorre far partire progressivamente la raccolta porta a porta anche degli altri materiali riciclabili, incentivando nello stesso tempo attività imprenditoriali per l’utilizzo dei materiali raccolti e imponendo alle amministrazioni pubbliche l’acquisto di prodotti riciclati. Per quel 20% che proprio non si può recuperare, l’inceneritore di Acerra (già quasi completato) è più che sufficiente.
Mario Tozzi