LiberoMercato 29 gennaio 2008, OSCAR GIANNINO, 29 gennaio 2008
La grande balla di Société Générale. LiberoMercato 29 gennaio 2008. Può darsi che abbia ragione, il bravo Giovanni Tamburi di Tip, nel sostenere che le aziende italiane del cosiddetto ”Quarto capitalismo” seguite dalla banca d’affari che egli guida non risentano assolutamente della crisi dei mercati finanziari e di Borsa che giorno dopo giorno si avvita sotto i nostri occhi
La grande balla di Société Générale. LiberoMercato 29 gennaio 2008. Può darsi che abbia ragione, il bravo Giovanni Tamburi di Tip, nel sostenere che le aziende italiane del cosiddetto ”Quarto capitalismo” seguite dalla banca d’affari che egli guida non risentano assolutamente della crisi dei mercati finanziari e di Borsa che giorno dopo giorno si avvita sotto i nostri occhi. Sarà pure, ma la frenata dell’economia reale che dagli Usa si spande anche in Europa le può considerare al riparo solo se hanno scommesso tutto, ma proprio tutto, unicamente sulla crescita della domanda comunque sostenuta di mercati come quello cinese. Noi, di imprese italiane così, non ne conosciamo: sarà sicuramente per colpa nostra. Quel che vediamo da mesi, invece, è una serie ormai incomprensibile di rassicurazioni fondate su argomenti che non reggono, colpevoli e sospette sottovalutazioni, mancate assunzioni di responsabilità. A proposito di rassicurazioni che non reggono, ai nostri lettori lo diciamo chiaro: alle ricostruzioni ufficiali sin qui offerte da Société Générale per la maxi perdita di 5 miliardi di euro, noi non crediamo affatto. A meno di non pensare che la sala operativa centrale che presiede all’in - tero sistema di operazioni e scambi in cui SocGen è impegnata funzioni come ai tempi del tram a cavalli, cosa che sicuramente è da escludere. qui che sarebbe avvenuta la truffa solitaria di Jerome Kerviel, non in una sperduta filiale dei dipartimenti d’Oltremare. In un sistema centrale come quello - tutti i dettagli li spieghiamo diffusamente a pagina due, anche per i lettori meno tecnicamente pratici di negoziazioni di titoli e opzioni - i sistemi automatici di ”marginazione”, quando su futures così elementari come quelli sui puri andamenti di borsa si va in perdita addirittura per miliardi di euro, e su nozionali del valore complessivo di 50 o 60 miliardi, scattano automaticamente entro poche ore, se non ogni pochi minuti: sicuramente, non dopo giorni o addirittura mesi. E quando il sistema di marginazione - in questo caso connesso a Eurex, la piattaforma di scambio su cui SocGen e chi per lei si esponevano - scatta chiedendo la liquidazione della posizione in perdita, chiama immediatamente in causa la controparte della scommessa opposta effettuata a copertura. Dunque di primo acchito non regge né l’ipotesi del trader che opera senza che nessuno se ne renda conto, né che possa aver simulato controparti fittizie, né tanto meno che possa aver fatto tutto ciò in solitaria, grazie a 4 o 5 password sottratte a stolidi colleghi addetti all’abilitazione dei livelli di sorveglianza automatica del sistema. Per noi, è una balla clamorosa. Che cela scommesse e perdite per miliardi realizzate diversamente, bisogna vedere da chi autorizzate. Ecco che cosa accade nel sistema europeo delle banche in cui tutti dicono ”per fortuna non siamo in America”. Venendo alle colpevoli sottovalutazioni, in realtà esse riguardano i macroeconomisti non meno dei banchieri. In realtà, dopo che per i primi anni la massiccia liquidità a costo negativo praticata da Greenspan si fondava su una valutazione di fortissima crescita della capacità di assorbire asset denominati in dollari da parte della Cina, tanto i neokeynesiani progressisti quanto i moderati-conservatori della teoria delle scelte razionali hannoperso la bussola, hanno tutti perso tutti di vista il fatto che alla fine la vecchia tesi monetarista del nesso tra inflazione del prezzo degli asset e liquidità in circolo non è proprio infondata. Anzi: ignorandola si creano solo le condizioni per una generale revisione dei prezzi, tramite una bella contrazione del mercato. Eccola. Ma se di ciò si tratta, il sostegno alla domanda interna americana puòe deve fondarsi su una coerenza e su un rilancio dei tagli fiscali, ma NON sulla liquidità facile alle banche. Qualche bel fallimento bancario ci stava tutto. L’esatto contrario di quel che avviene negliUsa- che ridere leggere su Business Week, bibbia mercatista, il servizio in cui si dà un rating a tutte le maggiori banche Usa eventualmente bisognose di aiuti di Stato, trovandole tutte in fila da Bank of America a Bank of New York, da Citigroup a JPMorgan a State Street, da Wachovia a Wells Fargo, tutte con ampie garanzie di salvataggi pubblici - come in Gran Bretagna, o in Germania, o in Francia. In Italia, nel caso di Italease, siamo alle prese con altre faccende. Ma il principio è lo stesso: il bastone serve più della carota, contro il moral hazard. Aggiungiamo un ultimo particolare, a proposito di mancate assunzioni di responsabilità. In in un frangente in cui il capo del Fondo Monetario Internazionale, Strauss-Khan, invita i governi al deficit, nessuno che nella classe dirigente italiana capisca e dica che 20 mesi di politica economica tassassassina del governo Prodi sono stati un errore abissale? Ma andiamo.... Oscar Giannino