varie, 1 febbraio 2008
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Arena GuidoVittorio
• Ripatransone (Ascoli Piceno) 1953. Insegna Filosofie dell’Estremo Oriente e Storia della Filosofia contemporanea all’Università di Urbino • « Paul (McCartney), Fabrizio (De Andrè), John (Coltrane), Keith (Jarrett). Leonardo Vittorio Arena è così: uno che chiama per nome i mostri sacri della musica. Del resto, abituato com’è a dare del tu ai più snob padri del pensiero [...]; a tradurre sofisticati testi dal cinese, dal giapponese e dal sanscrito; a sfornare in continuazione libri su samurai, kamikaze e buddhismo (ne ha scritti una quarantina), non ha certo ragione di arretrare di fronte a un gruppo di musicisti, e di nascondere una complicità profonda. ”Circa trent’anni fa mi trovai a un bivio”, racconta: ”Suonavo in una band e ogni tanto balenava la possibilità di incidere un disco. Ma mi ero anche laureato in filosofia. Dovetti prendere una decisione: con rimpianto, scelsi la filosofia. La musica, però, mi ha accompagnato sempre. Oggi so che quella scelta non l’ho mai fatta”. Orient Pop, poderosa carrellata da 400 pagine sulla musica dello spirito [...] Castelvecchi [...] è un ritorno alle origini: alla scintilla scoccata, grazie al rock, verso la filosofia indiana e cinese. E un atto d’omaggio alle colonne sonore che hanno attraversato le sue intuizioni più forti. ”Era il 1967. I Beatles incontrarono il Maharishi Mahesh Yogi. Lo seguirono in ritiro spirituale fino al suo rifugio nell’Himalaya. Fu un colpo di fulmine. Pure per me: se ho cominciato a occuparmi di Oriente è stato per loro”. Dal quel momento Arena incrocia mondi, esplora culture, affronta testi sacri, sempre con la sua playlist di sottofondo: Bob Dylan, King Crimson, Terry Riley. David Sylvian, Van Morrison, Brian Eno, Tom Waits, Robert Wyatt. Convinto che musica e filosofia contribuiscano di pari passo all’evoluzione spirituale. ”Non progrediamo nello spirito leggendo la Bibbia o la Bhagavad Gita. Invece l’ascolto della musica spinge in profondità”, spiega: ”Non a caso, molti testi sacri sono nati per essere cantati: dal Libro tibetano dei morti ai Veda. La musica aiuta a recuperare il senso originario delle parole!”. Persino le pause: danno il senso della transitorietà dell’esistenza. ”In certe culture, come quella giapponese, il silenzio è più importante della nota suonata. Opere come 4’33” di John Cage, o certe musiche di Karl Heinz Stockhausen, aiutano a capire il silenzio come musicalità profonda”. Da istruttore di tecniche buddhiste e sufi, Arena sa che la musica va dritta all’intelligenza spirituale, scuotendola più di quella emotiva: ”Può essere utile la musica di Ashley Kahn. O quella quasi liturgica di Arvo Pärth. Certe musiche mistiche coraniche agitano il corpo. E più che a produrre relax mirano a prendere familiarità con chakra solitamente non sfruttati”. Perché la musica ricollega con una radice comune alle culture: allo sciamanesimo. ”Nella natura umana c’è tensione verso una matrice religiosa unica, dal mondo greco a quello siberiano, dalla cultura persiana a quella giapponese o tibetana”, nota: ”La grande musica contemporanea da ogni latitudine risveglia le energie psichiche dell’uomo”. Orient pop si può leggere anche così: come una discografia terapeutica. Se non per guarire, per scoprire nuovi frammenti di sé» (Sabina Minardi, ”L’espresso” 7/2/2008).