Filippo Ceccarelli, la Repubblica 31/1/2008, pagina 7., 31 gennaio 2008
"Civette", scorpori, bozze quel mantra della riforma che ossessiona il Palazzo. la Repubblica, giovedì 31 gennaio E dunque, e quindi, e allora, e perciò, ora e sempre: legge elettorale, ossessione nazionale
"Civette", scorpori, bozze quel mantra della riforma che ossessiona il Palazzo. la Repubblica, giovedì 31 gennaio E dunque, e quindi, e allora, e perciò, ora e sempre: legge elettorale, ossessione nazionale. Non sembri strano che ieri, giorno in cui il Capo dello Stato ha convocato al Quirinale il presidente del Senato con l´inedito mandato di costruire un governo per cambiare questa benedetta legge elettorale, nelle secrete stanze della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama proprio ieri la bozza Bianco era arrivata alla sua terza stesura, che secondo alcuni sarebbe in realtà la sua quarta, comunque debitamente misteriosofica. Se poi si considera che la reiteratissima bozza Bianco segue una non meno replicata per quanto dimenticata bozza Chiti; e che il tentativo Marini s´inscrive sulla scia di un referendum anch´esso di argomento elettorale, ecco: agevolmente si comprenderà come la porcellofobia, o avversione alla legge del Porcello, stia toccando punte di parossismo istituzionale che non hanno eguali nella storia e nella memoria della Repubblica. Non che si voglia qui glissare sui guasti arrecati da un testo che i suoi stessi promotori hanno avvicinato al mondo dei suini. Ma un po´ francamente viene anche da chiedersi se per caso non si tratti di un tema per così dire sopravvalutato. Per non dire che questa storia è diventata anche un alibi, un pretesto, un chiodo fisso, un parafulmine, un´illusione, un trampolino, un rastrello, una follia, un mantra, il vuoto e il pieno, insomma, il tutto e il niente - ed è qui che di solito nascono gli impicci e i raggiri, compreso quello che fa della legge elettorale un elemento di separatezza della classe politica, rispetto ai problemi «veri» della gente. Un governo, addirittura, per ammazzare il Porcello; e con qualche ottimismo l´idea può suonare anche festosa. Sennonché la prospettiva è ormai così insistita, e così complicata ed esclusiva e vana, soprattutto, che l´iniziale mal di testa si estende allo stomaco e la nausea si aggiunge all´emicrania. C´era ieri un dirigente del Pd, a nome Filippeschi, responsabile della Pubblica Amministrazione, nonché promotore di un fantastico «Osservatorio sulla moltiplicazione dei partiti» che notava come quelle fatidiche norme, oltre alla suddetta moltiplicazione, avessero il potere di riportare ogni cosa al «caos primordiale». Eppure, i partitini proliferavano anche prima che Calderoli generasse la sua maialesca creatura; e quanto al caos primigenio varrà giusto la pena di ricordare che la legge precedente, incentrata com´era sull´enigma contabile dello «scorporo», favorì la formazione di liste-civetta che al dunque si rivoltarono contro i loro sciagurati creatori. Risultato, alcuni deputati non furono mai né assegnati né eletti: con apposita leggina si fece finta che non esistevano proprio. Sarebbe imbarazzante adesso, in questa crisi di governo, spiegare al classico marziano che l´Italia ha bisogno prima di ogni altra cosa di una migliore legge elettorale, perché «con questa non si può andare a votare». Ma ancora più imbarazzante sarebbe provare a spiegare al medesimo extraterrestre che da quindici anni almeno il ceto politico e anche giornalistico, per la verità, si è dedicato anima e corpo alla questione, probabilmente senza valutarne appieno le implicazioni politiche, le ricadute simboliche, gli effetti di lunga deriva, tra i quali lo smarrimento del senso comune. Come molte cose di questo paese la legge elettorale ondeggia sistematicamente tra il rimedio salvifico e il male assoluto. Con il referendum sulle preferenze ha dato inizio alla rivoluzione del 1993 e dopo una dozzina d´anni ha inabissato la Seconda Repubblica. Ma soprattutto, nell´arco di un ciclo storico segnato dalla fine delle ideologie e dall´erosione delle culture politiche, ha funzionato benissimo come arena per menti eccezionalmente infuocate. Il Mattarellum, il Tatarellum, i referendum (gli ultimi due andati a buca, peraltro), le liste Giannini, il sindaco d´Italia, il patto della crostata, l´eterno dilemma «Bicamerale o Costituente?», la soglia di sbarramento. Quest´ultima al tre, al quattro, al cinque, al dieci, in tal caso prefigurando un sistema sconciamente definito «alla turca». E il sistema francese, il «mal francese» lo chiamava Pannella con riferimento alla lue, o quello tedesco, quello spagnolo, quello israeliano. Un turno, due turni, tre turni arrivò a suggerire l´emerito presidente Cossiga. Quanto tempo perso! Quanta attenzione si consumata con questo allucinante carosello! Chissà adesso, povero Marini, ma poveri gli elettori, poveri i lettori e povero pure l´ex ministro Tremaglia che brillantemente esportò questa specie di giostra impazzita tra gli italiani all´estero aggiungendo pastrocchio a papocchio, pateracchio a garbuglio, inguacchio a intruglio. Chi si svegliava la mattina e proponeva il voto sessuato; chi il Voto Totale Onnicomprensivo con gigantesca scheda di 635 nomi. Nel frattempo professori, sciamani, maniaci e ingegneri elettorali della domenica giustificavano la loro esistenza a colpi di spropositi algebrici, inversioni, ibridazioni, accertamenti, sbarramenti, tetti, bonus, quote e desistenze, sotto l´invisibile protezione di Borges, Campanile, Zavattini e Totò. Al fondo dello scompiglio pareva e dopo tutto pare ancora di cogliere un grumo duro e inconfessabile, un brivido disperatamente compiaciuto dell´identità nazionale: fornire agli avversari la corda con cui impiccarsi. Una bella legge elettorale, appunto. Ma siccome «ca´ nisciuno è fesso», come sta scritto pure sulle mattonelle, tale astrazione furbesca si rivela nulla. E tutto è condannato a ripetersi. Filippo Ceccarelli