Focus febbraio 2008, Andrea Parlangeli, 31 gennaio 2008
Il vero viaggio di Enea. Focus febbraio 2008. ”E già, fugate le stelle, arrossiva l’Aurora, quando vediamo lontano oscuri colli e, umile sull’orizzonte, l’Italia
Il vero viaggio di Enea. Focus febbraio 2008. ”E già, fugate le stelle, arrossiva l’Aurora, quando vediamo lontano oscuri colli e, umile sull’orizzonte, l’Italia. ”Italia’, grida Acate per primo, ”Italia’, salutano i nostri con urla di giubilo”. Così descrive Virgilio (nella traduzione di Vittorio Sermonti, Rizzoli) il momento in cui Enea e i suoi compagni, dopo aver vagato nel Mediterraneo, raggiungono la ”terra promessa”, l’Italia. un momento cruciale dell’Eneide, il sommo poema della cultura latina. Virgilio ha sempre cercato di essere preciso nella descrizione dei luoghi. E ora un’importante scoperta getta nuova luce su quel leggendario approdo. Punto focale «L’arrivo in Italia è il punto focale del viaggio di Enea» spiega Mario Geymonat, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore di P. Vergili Maronis - Opera (Edizioni di Storia e Letteratura). «Si comincia a parlarne nel libro II, quando gli antenati appaiono in sogno a Enea e gli indicano una ”terra antica, potente per armi e per la fertilità del suolo” (versi 530-533): l’Italia. Poi la grande vicenda prende corpo nel libro III, quando l’oracolo esclama: ”Cercate l’antica madre” (94-98). Infine ecco l’avvistamento (III, 521-524): i marinai vedono una terra ”umile”, cioè distinguono le colline del Salento». Dove fu, allora, il luogo dell’approdo, che Virgilio indica come Castrum Minervae? Tempio. Francesco D’Andria, docente di archeologia all’Università del Salento e direttore dell’Istituto dei beni archeologici e monumentali del Cnr, non ha dubbi: fu Castro, in Puglia, dove ha trovato i resti del tempio di Minerva descritto nell’Eneide. La scoperta, annunciata l’estate scorsa, è avvenuta durante i lavori di restauro delle mura che circondano la città antica. «Alla base delle mura aragonesi stanno emergendo le antiche fortificazioni della città (v. foto nella pagina precedente)» spiega D’Andria, che dirige i lavori. Queste mura furono costruite dai Messapi, la popolazione che ha dominato la zona tra l’8° e il 3° sec. a. C., e hanno subìto molti interventi nel corso dei secoli: furono distrutte dai Romani, poi riedificate dagli aragonesi e, infine, modificate in epoca moderna. Negli anni ”30 del ”900, in corrispondenza dell’antico ingresso della città, furono tagliate e adattate per ospitare una cloaca, cioè un vecchio sistema di smaltimento delle acque nere. «La cloaca è stata smantellata l’anno scorso » dice D’Andria. E sono emersi i resti di un tempio, dedicato presumibilmente a Minerva. «Abbiamo trovato i resti di un tempio dorico con un frontone largo 7 m e depositi di ceneri» spiega D’Andria. «Ci sono anche i resti dei sacrifici bruciati in onore di una divinità e delle coppette usate per le libagioni sacre. I fedeli, infatti, versavano vino o latte sul fuoco, per spegnerlo, e poi lasciavano a testa in giù nella cenere, come offerta, la coppetta che avevano usato». Virgilio racconta che pure Anchise consumò un rito di questo tipo. Ma che cosa garantisce che in questo luogo si adorasse proprio Minerva? «Abbiamo trovato frammenti di una statua femminile» risponde D’Andria «e offerte di armi: 3 punte di freccia e 3 di giavellotto in ferro». Perché Minerva era una divinità guerriera, oltre che di sapienza e di pace. La cartina più antica Che Castro fosse stata l’antico approdo di Enea sorprenderà forse proprio i leccesi, visto che su questo argomento, negli ultimi secoli, è stata fatta un po’ di confusione (v. riquadro nella prossima pagina). Ma la scoperta recente è in accordo con le fonti più antiche e vicine a Virgilio. «Tutti i commentatori di Virgilio dicono che il luogo di approdo si chiama Castrum Minervae» chiarisce D’Andria. E la località, con lo stesso nome, compare anche nella più antica carta geografica di rilievo del mondo antico: la Tabula Peutingeriana, che è una copia medievale (13° sec. d. C.) di un antico documento romano del 4° secolo d. C. «Castro era una città importante» aggiunge D’Andria «perché si trovava in una posizione strategica: qui si incrociavano le antiche rotte tra il nord e il sud del Mediterraneo (lungo l’antica via dell’ambra) e tra l’est e l’ovest. Città ”nobilissima” Geymonat ne è sicuro: «C’è la conferma di Marco Terenzio Varrone, vissuto a cavallo tra il 1° e il 2° secolo d. C. che, per l’approdo di Enea, fa riferimento a Castrum Minervae nobilissimum, cioè di tradizione antica. Mentre l’itinerario di Ulisse nell’Odissea era essenzialmente fantastico, quello di Enea si presenta come il più possibile reale, e se ne trovano cospicue conferme. Virgilio stesso, per completare l’Eneide, andò in Grecia percorrendo, con gli occhi bene aperti, il tratto di mare che andava dal Salento all’Albania ». Insomma, un poema mitico ma con un’ambientazione radicata nella realtà. Alleanze e guerre «Quando si guarda il paesaggio di Castro» dice infatti D’Andria, sul luogo in cui sorgeva l’antico tempio «si capisce che Virgilio conosceva questi luoghi: Butrinto (l’antica ”Butroto”) è lì di fronte, in Albania. Da lì giungeva Enea dopo aver incontrato Andromaca. Virgilio racconta, con precisione, che si vedeva in alto dal basso la rocca di Minerva (v. disegno in apertura di servizio). Quando le navi entrarono nel porto, non si vedeva più il tempio, effettivamente nascosto dalla rupe. Poi dice che i marinai sbarcarono e si recarono al tempio, dove Anchise incoronò un cratere e fece una libagione, prima di riprendere il viaggio». Enea proseguì verso la Sicilia, l’Africa (a causa di una tempesta imprevista), la Campania e, infi- ne, il Lazio. Qui l’eroe incontrò popolazioni amiche, come quelle governate dal re Latino (che gli offrì in sposa la figlia Lavinia), e popolazioni nemiche, che lo considerarono un invasore, come i Rutuli, guidati dal giovane re Turno. Scoppiò la guerra, che si concluse con la vittoria di Enea e la morte di Turno: si affermò così la stirpe che porterà, secoli dopo, alla nascita di Romolo e Remo e alla fondazione di Roma. Anche il Lazio fu descritto da Virgilio con grande precisione. Tanto che l’associazione culturale Teatro5 ”Lazio Latino” (tel. 06. 9136597) ha potuto organizzare un ”Enea tour”. Sulle tracce di Giunone Il circuito parte dall’Ara Pacis, dove sono raffigurate sia le origini (con Enea) sia la fondazione (con Romolo) di Roma, e passa per Pallanteum, dove Romolo fondò Roma (VIII, 51-54); per l’antica foce del Tevere dove sbarcò Enea (VII, 30-36); per Lavinium, la città fondata da Enea (I, 1-3), sede di siti archeologici ancora poco valorizzati, come i resti di 13 altari; per Ardea, la città di Turno (VII, 411-414; v. foto in alto), dove sta venendo alla luce l’antico porto dei Rutuli; per la grotta dell’oracolo di Fauno, dove si recò il re Latino (VII, 81- 84); e per il monte Cavo, da cui si può ammirare tutto il territorio, come fece Giunone nell’Eneide (XII, 134-137). «Abbiamo creato il tour per valorizzare la storia dei popoli latini, spesso trascurata da turisti e istituzioni» dicono Michele Zuccarello e Giosuè Auletta, promotori dell’iniziativa. «E anche per valorizzare questo territorio, nel quale si possono ancora ritrovare i luoghi descritti da Virgilio. Anche se oggi è minacciato dall’espansione dei centri abitati». Andrea Parlangeli ************ Puglia, 5 candidati per un approdo. In Puglia, oltre a Castro (1), ci sono almeno 4 luoghi che si vantano di aver accolto l’approdo di Enea (v. cartina qui sotto). Oggi il più popolare è indubbiamente Porto Badisco (2). «Ma è impossibile» spiega D’Andria «perché Porto Badisco è un semplice scoglio e non c’è traccia di un tempio di Minerva». Poi c’è Otranto (3), con il suo colle ”della Minerva”, sul quale sono stati decapitati i martiri della città in seguito all’invasione turca del 1480. «Ma nemmeno questo luogo corrisponde alla descrizione di Enea» dice D’Andria. Stalattiti. Più a sud, vicino a Castro, c’è la grotta Zinzulusa (4): «Il vescovo di Castro Monsignor Del Duca» spiega D’Andria «sostenne nel ”700 che Enea avrebbe scambiato le stalattiti della grotta per colonne di un tempio». C’è, infine, l’ipotesi che lo sbarco sia avvenuto a Santa Maria di Leuca (5): « stata sostenuta nel ”600» spiega D’Andria «dopo la costruzione del santuario di Santa Maria de Finibus Terrae, un importante luogo di pellegrinaggio. Per nobilitarne l’origine, è stato scritto che la costruzione era avvenuta sopra le rovine di un tempio di Minerva. Ma è falso, come confermano gli scavi archeologici che sono stati effettuati».