Vanity Fair 30/01/2008, Enrica Brocardo, 30 gennaio 2008
COS LA FINANZA ISLAMICA CI SALVER DALLA BANCAROTTA (E DAL SISTEMA PUTIN)
Vanity Fair 30 gennaio 2008. RIDUCENDO IL SUO LIBRO A UNO SLOGAN, LEI SOSTIENE CHE A SALVARE L’OCCIDENTE CI PENSERANNO LA CINA E L’ISLAM. NON HA PAURA DI ESSERE PRESA PER PAZZA?
"Diciamo che salveranno il mondo economico. Non noi".
Da economista, specializzata in terrorismo, Loretta Napoleoni, 52 anni, romana di nascita, ma da vent’anni londinese per lavoro, ride per l’ingenuità della domanda. Eppure, per chi di economia e di politica internazionale non se ne intende, Cina e Islam sono sinonimo di "nemici". I cinesi perché producono più di noi, quasi (in alcuni casi già) bene come noi e a prezzi molto più bassi. L’Islam perché, sbagliato o no, fa pensare al fondamentalismo e al conflitto di civiltà.
Il libro della Napoleoni, che Il Saggiatore pubblica il 24 gennaio, si intitola Economia canaglia (pagg. 310, C 17) e parte da un’analisi (fosca) del presente: il sistema capitalistico, sfuggito al controllo moralizzatore della politica, è finito nelle mani degli oligarchi russi, degli speculatori, della criminalità organizzata, dei mercanti di schiavi. Le canaglie, appunto. Ma chiude con la previsione della loro sconfitta, per mano, soprattutto, dei banchieri islamici. Che, se non sono controllati dai politici, lo sono dagli imam e, quindi, dalla shari’a, la legge divina che vieta ogni forma di speculazione (in pratica: il denaro non può produrre denaro), compreso l’interesse sui prestiti. Mettendo sullo stesso piano banche occidentali e usurai.
Mi spiega, in pratica, come funziona?
"Facciamo un esempio: io sono un imprenditore e ho bisogno di mille dollari per sviluppare la mia attività. Se mi rivolgo a una banca occidentale per un prestito, dovrò restituire il denaro che ho ricevuto, più la percentuale corrispondente a un tasso d’interesse che è maggiore di quello che la banca applica sul denaro che riceve in deposito. Il profitto sta proprio in questo scarto. Una banca islamica, invece, chiederà in cambio di entrare in società con me, mettiamo al 70 per cento. Questo significa che, fino alla totale restituzione del prestito, il 70 per cento dei miei guadagni servirà a ripagare il debito. In questo modo, la banca si assume anche una parte del rischio d’impresa: il creditore guadagna solo se guadagna il debitore".
E il vantaggio dov’è?
"Se con i mille dollari svilupperò la mia azienda, avrò anche un aumento dei profitti. E quindi una rivalutazione della percentuale di compartecipazione della banca. la cosiddetta indicizzazione. Per questo, mentre a una banca occidentale non interessa che tipo di attività accetta di finanziare, un istituto di credito islamico entra nel dettaglio dell’investimento. E lo fa anche per un’altra ragione: in base alla shari’a, non può ”aiutare” attività legate alla pornografia, alla prostituzione e al gioco d’azzardo".
Chi decide se l’attività è lecita e se offre buone probabilità di profitto?
"Un comitato composto da esperti di finanza e da autorità religiose".
Facciamo un altro esempio: il mutuo per l’acquisto di una casa.
"In questo caso, la formula è quella dell’affitto con riscatto. La banca mi presta i soldi, io pago una cifra mensile fino a quando, raggiunto il valore dell’immobile, ne divento proprietario. Il guadagno, per la banca, viene garantito sempre dal meccanismo di indicizzazione, perché si presuppone che, dal momento dell’acquisto a quello in cui avrò finito di pagare il mio debito, il valore dell’immobile sarà aumentato. questa seconda cifra, più alta, quella da restituire".
Al di là delle questioni di principio, non c’è differenza. Comunque dovrò rendere più di quanto ho ricevuto.
"Invece c’è. Se dopo pochi anni non sono più in condizioni di pagare, in Occidente perdo tutto il denaro che ho reso nel frattempo, perché la banca incassa prima gli interessi e dopo la cifra stanziata. Con un mutuo islamico, rimango proprietario della parte corrispondente al denaro che ho restituito fino a quel momento".
Se la speculazione è vietata, in che modo investono le banche?
"In attività reali, da un’azienda alla costruzione di un’autostrada a pedaggio. Anche in un evento culturale, o sportivo, in grado di produrre profitti. Per questo il sistema finanziario islamico si lega perfettamente all’economia cinese, che è altrettanto reale. La Cina, che ha bisogno di grandi quantità di materie prime, possiede molte miniere in Africa. E l’acquisto è stato finanziato dalle banche islamiche".
Che cos’altro lega Islam e Cina dal punto di vista economico?
"La diffidenza nei confronti della finanza occidentale. Che ha motivazioni psicologiche _ si tratta di aree del mondo a lungo oppresse o guardate con sospetto dall’Occidente _ ma anche più concrete. L’assenza di una legislazione che protegga i lavoratori cinesi, per esempio, va contro i nostri principi. Mentre alle banche islamiche questo genere di questioni non interessa. In Paesi in forte sviluppo economico, è fisiologico che i capitalisti abbiano bisogno della massima libertà. successo lo stesso da noi, e comunque è una fase di passaggio. La ricchezza accumulata dall’economia cinese e dalla finanza islamica, nel giro di qualche decennio, raggiungerà anche le classi più povere. E quando i lavoratori cominceranno ad avere migliori condizioni di vita, cominceranno anche a pretendere maggiori diritti".
La finanza islamica non si fa problemi neppure a finanziare il terrorismo internazionale?
"Di certo, negli anni Ottanta le banche saudite hanno sostenuto economicamente i talebani. Dall’11 settembre, però, le cose sono cambiate".
In che modo?
"Ci si è resi conto che, per fare proselitismo, è molto più utile portare benessere nei Paesi bisognosi, piuttosto che il terrorismo in quelli occidentali. In questo modo l’Islam ha già ”colonizzato” il Sud-Est asiatico e i Balcani. E ora sta facendo lo stesso con l’Africa".
Enrica Brocardo