Corriere della Sera 26/01/2008, Sergio Romano, 26 gennaio 2008
L’AMBIGUIT COMUNISTA LA DIFFIDENZA DEGLI ALLEATI
Corriere della Sera 26 gennaio 2008. Il presidente Cossiga suggerisce che il colpo di Stato ipotizzato dagli angloamericani in caso di vittoria elettorale del Pci, derivasse dalle preoccupazioni per il presunto controllo dei servizi segreti sovietici sulle varie articolazioni dello Stato italiano, mentre gli Usa, in Italia, si sarebbero «limitati» a inventare la P2.
A parte la bizzarria della sottovalutazione della Loggia P2, si rendono necessarie alcune precisazioni. In primo luogo, l’ipotesi di colpo di Stato era parte di una serie di provvedimenti tra i quali rientrava l’esistenza di organizzazioni clandestine come «Gladio», composta di civili e militari e destinata a operare contro partiti e forze politiche per l’appunto «inaffidabili». Che dire poi della cosiddetta «strategia della tensione», che insanguinò l’Italia da piazza Fontana a Bologna, con il chiaro intento di destabilizzare un quadro politico che minacciava di modificarsi? E che dire dei vari tentativi di golpe, come quello di Borghese e il «Piano Solo» di De Lorenzo?
In secondo luogo, le succitate manovre non erano rivolte contro i servizi segreti di una potenza nemica, ma contro ampi movimenti popolari e contro un partito, il Pci, che nel 1976 raccolse il 34,3% dei voti alle elezioni. Ma, evidentemente, secondo qualcuno, in democrazia non tutti i voti sono di uguale peso. Infine, con buona pace di Cossiga, non tutti gli italiani erano esclusi dai «circuiti riservati» della Nato: vi rientrava sicuramente una parte dei vertici non solo dei servizi, ma anche delle Forze Armate, della politica e dell’economia, tutti quelli che condividevano l’interesse al mantenimento dello status quo sociale e politico.
Risultato ne è stato una democrazia «sospesa», senza una vera alternanza per oltre 40 anni. Chi oggi si lamenta della condizione del nostro Paese dovrebbe riconoscere che molti dei problemi attuali affondano le radici in questa nostra storia recente di democrazia negata.
Severino Galante
Commissione Difesa Camera dei Deputati
Caro Galante, Gladio non fu un’organizzazione «clandestina ». Fu una formazione militare segreta, simile ad altre costituite in alcuni Paesi dell’Alleanza Atlantica sulla base di una decisione collegiale che prese il nome di «Stay behind» (restare indietro). Fu creata nella convinzione che un conflitto con l’Unione Sovietica avrebbe permesso all’Armata Rossa, almeno in una prima fase, di occupare una parte del territorio alleato e che il miglior modo per rendere la vita difficile agli occupanti, in attesa di una controffensiva, sarebbe stato quello di lasciare al di là del fronte piccole formazioni militari, attrezzate per operazioni di sabotaggio e guerriglia. Gli autori di Stay behind pensavano ai movimenti di resistenza della Seconda guerra mondiale e furono ispirati dai piani strategici dello Stato maggiore jugoslavo. Anche a Belgrado, infatti, i vertici militari erano giunti alla conclusione che il loro Paese avrebbe potuto reagire all’invasore (poco importa se orientale od occidentale) soltanto imitando su più larga scala l’esperienza fatta dalle formazioni di Tito durante l’occupazione tedesca e italiana. Le segnalo che verso gli anni Ottanta, Raimondo Craveri, uomo di grande acume e di viva intelligenza, scrisse un libro in cui suggerì all’Alleanza Atlantica la stessa strategia. Era stato resistente nelle fila del Partito d’Azione e aveva creato in quegli anni un servizio d’informazioni al Nord. Ma non sapeva che il suo piano era già stato messo in opera. Quando lesse il suo libro, il generale Bernard Rogers, comandante supremo della Nato, lasciò garbatamente capire che quelle idee non erano nuove.
vero che Gladio fu usata per scopi italiani diversi dalle intenzioni di coloro che l’avevano progettata? vero che l’Italia fu continuamente minacciata da un’alleanza segreta tra i servizi americani e una parte della sua classe dirigente? Ritrovo nella sua analisi, caro Galante, la teoria del «doppio Stato», molto cara agli storici di formazione marxista. Mi è sempre sembrato che quella teoria, così evidentemente ideologica, avesse l’effetto di oscurare la vera anomalia italiana, vale a dire l’esistenza nel nostro Paese di un forte partito che aveva stretti legami con una potenza straniera e che potè contare per molti anni sui suoi finanziamenti; un partito, tanto per intenderci, in cui il responsabile della sicurezza Ugo Pecchioli poteva chiedere ai servizi sovietici la fornitura di ricetrasmittenti per far fronte a eventuali situazioni di emergenza. So che quel partito divenne col passare del tempo sempre più italiano e che seppe educare una classe dirigente nazionale. Ma le sue origini e il tipo di rapporti che intratteneva con l’Urss lo resero terribilmente infiltrabile. Noi italiani dovemmo vivere con questa anomalia e riuscimmo tutto sommato a mitigarne gli effetti negativi. Ma la diffidenza dei nostri alleati fu perfettamente comprensibile.
Sergio Romano